Tre missili sul simbolo del potere

Tre missili sul simbolo del potere Costruito da Tito nel centro di Belgrado, ospitava uffici, radio e tv del presidente serbo Tre missili sul simbolo del potere Distrutto il grattacielo delpartito di Milosevic Giovanni Cerniti inviato a BELGRADO Brucia nella notte il grattacielo di Milosevic, del suo partito, della sua famiglia e delle sue tv: dal 23° piano volano i ripetitori e nei rifugi s'interrompe la trasmissione di «Esmeralda», la telenovela più seguita. All'alba salta l'ultimo ponte sul Danubio, Novi Sad e la Vojvodina isolate. Il pomeriggio inizia con le sirene dell'allarme aereo, e di giorno non era mai successo: bombardano il ponte la nuova circonvallazione dì Belgrado. Morti e feriti? Nessun comunicato ufficiale, ma il portavoce del ministero degli esteri lascia intendere che l'elenco non sarebbe breve. «Chi dà alla Nato la licenza di uccidere i civili? - accusa - Ormai in 28 giorni hanno scaricato sulla Serbia un Ktenziale esplosivo pari alla mba atomica su Hiroshima!». Davanti al grattacielo hanno messo un cartello scritto a mano: «Adesso questo è un obiettivo militare e dalla sua rima potremo sputare sui generali della Nato e sui loro capi». Era il grattacielo di Tito, voluto alla fine degli anni '60 come sede della Lega dei Comunisti, 23 piani in mezzo al Parco della Pace, dove la Stava s'incontra con il Danubio. Era diventato il grattacielo di famiglia. La sede del Sps di Milosevic e dell'ufficio stampa, del partito Jul della consorte Mira Markovic e della sua Pink-Tv, di «Radio Kosava» della figlia Marija. E poi di uffici import-export, agenzie immobiliari e turistiche, banche, un day hospital per malattie reumatiche, il ristorante all'ultimo piano. Per George Robertson, ministro della difesa inglese, «era uno dei centri nevralgici del meccanismo di pianificazione delle uccisioni». Per i cittadini di Belgrado, da sempre, è la sede del «Ck», il comitato centrale dei paratiti della famiglia Milosevic. 0 per quelli che non ne vogliono sapere la sede di «Pink-Tv», telenovelas e musica, vecchi film come-«Casablanca». ' "' 1 Tre missili alle 3,15 della notte. Davanti al grattacielo ci sono l'Hyatt e l'Intercontinental, gli alberghi dei giornalisti. Accanto c'è il ponte Branko, quello dove ogni sera si radunano gli «scudi umani». Chi era nei rifugi, fino alle sette, quando è suonato il cessato allarme, ha pensato che avessero bombardato proprio il ponte, il simbolo della città. E invece era il simbolo di Milosevic. Alle 3,15 due missili e un terzo dopo dieci secondi. Tremano e s'incrinano le finestre dell'Hyatt, il tetto del Grattacielo è in fiamme. Un missile è entrato al primo piano, terza finestra da sinistra. L'altro all'ultimo, sesta finestra da destra. D terzo al decimo. Scoppiano i vetri, dalle finestre esce di tutto, il trifoglio del Parco della Pace si riempie di schegge di ferro, pezzi di sedia, un telefono resta su un pino, tabulati del day hospital. I ragazzini raccattano i resti del bombardamento, finiranno sulle bancarelle di piazza della Libertà. Gli uffici di Milosevic, quattro radio e quattro televisioni. Possibile che non ci fosse nessuno nel grattacielo, illuminato fino a un attimo prima? «Sono rimaste dentro almeno quindici persone, credo giornalisti», dice alle nove del mattino Dragali Civic, il responsabile della Difesa Civile di Belgrado. Poi non confermerà, nessun comunicato ufficiale anche se l'agenzia slovena assicura che sono proprio quindici. «C'era molta gente, - spiega Robert Nemecjk, direttore dei programmi di Pinktv - Però mi hanno detto che sarebbero stati avvisati tutti un quarto d'ora prima dell'attacco». Anche su questo nessuna conferma. Dal 15° piano, alle due del pomeriggio, i pompieri issano una 'bandiera della Jugoslavia e una del partito Jul. E' il segnale, incendio domato. Poi, in sedici, giù per la foto ricordo come una squadra di calcio, in piedi e accosciati. «Chissà quando riprenderò le trasmissioni», lamenta Nemecjk. C'era «Pink-tv» e c'era la «RS», la stazione radio sportiva che si collegava con Sinisha Mihajlovic, il calciatore della Lazio. C'era la tv «Bk» dei fratelli Karic, detti i Berlusconi di Serbia anche se sono di origine kosovara. Forse, per i belgradesi, il danno maggiore è non poter vedere «Esmeralda» o le altre tv. Ma per Milosevic e la sua famiglia questo è un danno serio, e non solo d'immagine. Il ministro Goran Matic arriva davanti al Grattacielo per una conferenza stampa. «E' così difficile, per la Nato, tollerare la libertà d informazione?». La linea è quella di far passare l'attacco al grattacielo «Usce Business Center» come attacco alle televisioni e alle radio. Uffici di Milosevic e del suo partito? «C'era solo l'ufficio stampa». Ai piani 8 e 9, quelli che sembrano messi meno peggio. La tv serba trasmette in diretta dal grattacielo e intervista una donna: «Dov'è la Cini, adesso? Nato "ublato"! Nato "uhlato"», la Nato nel fango. Da ieri i concerti di piazza della Libertà e le serate sul ponte Branko non saranno più trasmessi in diretta dalle tv private di Milosevic e signora. Del grattacielo resiste sul tetto un traliccio rosso e bianco, non serve più a nulla. La tv di Stato manda le immagini di quel che resta e del ponte sul Danubio a Novi Sad e di quello sulla Sava fuori Belgrado. Accusa la Nato per un ennesimo attacco ai profughi, nel campo di Djakovica, serbi di Bosnia e delle Krajne, almeno tre bambini tra le vittime, ma da Bruxelles smentiranno. Con tutti i missili caduti in 28 notti segnalano un rischio Hiroshima, 500 morti tra i civili e le strutture industriali a pezzi. In Piazza della Libertà, a sera aspettano il nuovo allarme e cantano di rabbia con la «Zuppa di pesce» band: «Adesso che buttano le bombe ci scopriamo tutti uniti/Solo un nemico che viene da' fuori ci poteva attaccare/E se arriveranno da terra siamo pronti a sparare...». Demolito a Novi Sad anche l'ultimo ponte sul Danubio Il «palazzo di Milosevic», come lo chiamano a Belgrado, devastato da un attacco missilistico della Nato