Pace, il summit dei Nobel di Maria Corbi

Pace, il summit dei Nobel Gorbaciov: la Nato non ha il diritto di colpire la Jugoslavia Pace, il summit dei Nobel Maria Corbi RÓMA DA un Nobel per la pace ci si aspettano, certo, parole di pace. E quelle pronunciate ieri da sette vincitori del premio riuniti a Roma per il loro primo Summit sono state sì parole ili pace, ma scandite con decisione, fermezza. Qualche volta, come nel caso di Gorbaciov, rabbia. L'ex presidente dell'Unione Sovietica ha attacccato duramente la Nato «irresponsabile nella crisi del Kosovo, colpevole di «aver mostrato agli occhi del mondo la sua follia». Gorbaciov ha invitato Milosevic a «fermare lo spargimento di sangue», ma ha anche affermato che «la Jugoslavia ò un Paese sovrano e la Nato non ha il di ritto di colpirlo». «Non possiamo imporre la fine politica di Milosevic», ha spiegato, «lì popolo serbo è con lui che grazie alla Nato è diventato un eroe nazionale». Gorbaciov non ha esitazioni nel criticare duramente la Nato: «Per il Kosovo si tratta di una crisi umanitaria, è vero, ma come ha agito la Nato in Colombia e in Turchi a? Qualcuno ha sentito parole di biasimo nei confronti del governo turco per come tratta il popolo curdo? Gli Usa forniscono armi al governo militare colombiano, la Nato fa lo stesso con la Turchia. Che cosa succederebbe se utilizzassimo l'approccio avuto con il Kosovo in tutto il mondo?» Inarrestabile l'ex leader dell'Unione Sovietica: «In Cecenia non c'è forse un conflitto? E allora forse sarà bombardata la Russia per difendere i diritti dei Ceceni? E come verrà trattata la Cina se si inasprirà la situazione nel Tibet?». La strada per Gorbaciov (che ha auspicato un'Europa più forte con un suo consiglio di sicurezza) è quella del compromesso. «Per mantenere Torcane in Kosovo - ha chiarito - ci vorranno delle forze di pace che rappresentino Stati neutrali sotto l'egida e il mandato delle Nazioni Unite». Appelli perché l'Europa e gli Stati Uniti si rimettano a parlare di politica e lascino tacere le armi sono arrivati da tutti i premi Nobel per la pace arrivati al Summit di Roma. Un'occasione di far sentire la loro voce anche per i pacifisti che hanno «invaso» la piazza del Campidoglio, facendo risuonare in segno di protesta un allarme aereo. Incursione con striscioni, da parte dei consiglieri comunali di Rifondazione comunista, anche nella sala della Protomoteca che ospita l'evento. Ospite dei «colleghi» Rita Levi Montalcini, nobel per la medicina, ha parlato della tragedia che investe i bambini facendoli vivere in un clima carico di odio. «Questi bambini - ha detto - un giorno impareranno a vendicare i loro morti». Per Rigoberta Menchù - Nobel per la pace nel '92 per il ruolo avuto nella difesa dei diritti degli indios in Guatemala - non è accettabile che un Paese venga attaccato senza l'appoggio delle Nazioni Unite. «Questa guerra - dice - è il frutto di una cena privata tra Clinton e Blair». Per la causa della pace la Menchù è pronta a Sartire per il Kosovo e ha invitato gli altri noel a seguirla. «Io sono pronta chi mi segue»? Agli italiani un avvertimento: «Dite subito il vostro no alla guerra perché ricordatevi che sarete i primi a soffrire gli effetti dei. bombardamenti in Jugoslavia dal memento che le sostanze chimiche si sono già diffuse nell'aria». Se nella questione di fondo - una pace negoziata - i sei premi sono d'accordo, sul modo di far sentire la loro voce alle forze in campo mantengono posizioni diverse. Tanto che la discussione per arrivare a un documento finale (sarà reso noto oggi), si è protratta facendo saltare al gruppo l'inizio del concerto organizzato in loro onore nella chiesa dell'Ara Coeli. C'è la linea oltranzista della Menchù e di Gorbaciov che condannano senza appello l'attacco Nato e chiedono l'invio di forza di pace nei Balcani formata solo dai Paesi neutrali. E ci sono gli altri che chiedono che la violenza nel Kosovo si fermi ma che rimangono più cauti. Oggi i sei, ai quali si aggiungerà l'israeliano Shimon Peres, saranno ricevuti dal Papa.