«La sinistra non è solo governo»

«La sinistra non è solo governo» A SEI MESI DAI RITORNO Al PARTITO Il SEGRETARIO SPIEGA II SUO PROGETTO A «NUOVI ARGOMENTI» «La sinistra non è solo governo» Veltroni: la scuola diventerà il nostro euro intervista Cff'E' una tradizione a «Nuovi argomenti», quella di porre al segretario del più grande partito della sinistra alcune domande. La prima volta fu con Palmiro Togliatti al momento della crisi subentrata con il XX congresso del Pcus; la seconda con Enrico Berlinguer che ci disse - al contrario di quello che si scriveva allora - che «il guado» era passato. Due interviste che hanno rappresentato altrettante rotture per l'immagine che il pei aveva presso l'opinione pubblica. Nel 1995, D'Alema pose per sé e il Pds una priorità nuova: andare al governo. Ora siamo qui, nello stesso palazzo. Fuori è tutto diverso, la sinistra è stata ed è al governo. E quindi le chiedo, ma a che punto è la sinistra? «La sinistra è impegnata in una straordinaria esperienza di governo. Il governo Prodi e il governo D'Alema resteranno nella storia d'Italia per la qualità dell'innovazione. Ma la sinistra non può essere solo questo. Se lo fosse rischierebbe di essere fortemente esposta ai cicli della politica che collocano, non necessariamente secondo principi di razionalità assoluta, i diversi schieramenti una volta al governo e una volta all'opposizione. Ora, tutto lo sforzo che stiamo facendo e che continueremo a fare nei prossimi mesi è proprio quello di ridare un'identità alla sinistra [...]. A me in questo momento interessano i ragazzi, i giovani, tutti quelli che si occupano di politica e che magari vorrebbero farlo. Prendiamo le generazioni precedenti alla mia, quelle che probabilmente leggevano su "Nuovi argomenti" le interviste di Togliatti e Berlinguer. Provo a immaginarle mentre sfogliano la rivista. Avevano un milione di ragioni per sentirsi di sinistra, della sinistra del loro tempo: ragioni giuste, sbagliate, ideologiche, affidate a speranze e sogni, ad utopie che hanno prodotto anche tragedie. Ma tutte avevano una loro grandezza, tragica e straordinaria. Quello che preoccupa oggi è che i fondamentali, quelle ragioni di fondo, siano poco riconoscibili. E allora lo sforzo dev'essere questo: costruire una vera nuova sinistra. Cerco di sfuggire alla discussione che considero un po' futile che mi viene sempre proposta: ma tu devi fare un partito che sia più socialista, socialdemocratico, democratico... Sono tutte definizioni che appartengono ad un tempo della storia della quale che cosa rimane se non la comune appartenenza transnazionale? E per quelle definizioni, quello che conta è dove forse siamo collocati: noi siamo nel Partito socialista europeo e nell'Internazionale socialista. Detto questo il lavoro comincia, non finisce. Allora, alla domanda "a che punto siamo?", la mia risposta è che siamo al cantiere della nuova sinistra i cui orizzonti, i cui linguaggi, le esperienze culturali, sono fortemente plurali. Dentro il recinto transnazionale di cui dicevo prima, dentro quell'appartenenza, più "larghi" si è meglio è». Più «largiti)), lei dice. Vediamo di capire meglio. Recentemente ha affermato: il ragazzo che fa volontariato è la sinistra Su questo ho raccolto l'obiezione di Luigi Baldacci che si è chiesto, dopo averla ascoltata, se così non si rischia di fare confusione tra etica e politica Perché è vero che è etico fare del volontariato ma forse la politica dovrebbe ragionare con una sua autonomia... «L'obiezione è giusta, però attenzione: la separazione tra queste due dimensioni ha portato alle grandi tragedie che conosciamo e per le quali in nome della dittatura del proletariato si ammazzava la gente. La distinzione tra la politica e l'etica portata alle sue estreme conseguenze produce quello. Nei casi più tenui produce la doppiezza. Nella stessa cultura del Pei c'è stata grandezza intellettuale ma anche qualcosa che non apprezzavo: l'elemento della doppia verità, di doppio comportamento, di perdita del senso etico di una scelta. All'obiezione sollevata, allora, mi sento di rispondere così: non so se è giusto separare radicalmente etica e politica; io immagino una sinistra la cui motivazione di partenza sia di carattere etico. Mi spiego. Un tempo la sinistra era, in primo luogo, la classe generale, la classe operaia, il microcosmo che dentro di sé tutta la società riuniva. La classe operaia none più onnicomprensiva. Oggi che cos'è, quindi, la spinta all'essere di sinistra? Una spinta etica. Io uso sempre questa espressione di Guido Rossa "fare qualcosa per gli altri" [...]. E' una sinistra che cerca di ricostruire un percorso nel quale si selezionano memorie diverse e si ricavanti da ciascuna delle tradizioni del movimento operaio, della sinistra e del riformismo italiano, dei fili ai quali attaccare la mongolfiera del partito nuovo. Molto nasce, sì, anche dall'azionismo, da "Giustizia e Libertà", da quel tipo di cultura. Ma poi nasce anche da un certo socialismo liberale, dal Berlinguer della questione morale, da un certo solidarismo cattolico. Sono convinto che solo così si farà in Italia una grande sinistra. Quella che abbiamo oggi è una sinistra sotto il venti per cento, un'anomalia in Europa; una sinistra che governa ma per ragioni del tutto originali, particolari. E' possibile che questa sia la sinistra italiana? Non contiene forse dentro di sé la ragione stessa della sua scarsa capacità di penetrazione, il peso delle sue tradizioni socialiste e comuniste? Non mi convince dire "andare oltre la sinistra'', ma oltre queste tradizioni sì. Mi convince andare a sinistra, dentro la casa comune della sinistra italiana, ma oltre le tradizioni del Novecento della sinistra. E "oltre", per me, non signi- fica cancellare il passato. Non ho mai apprezzato la rimozione della storia, che è sempre e comunque un riferimento importante. «Se volete, il mio primo giorno da segretario del partito cercava di raccontare proprio questo: Norberto Bobbio, Giuseppe Dossetti, gli intellettuali dell'Einaudi, Marzabotto, la Bolognina, era l'idea di dire: questi sono i fili che tiriamo. Così come le cose che stiamo facendo: la posizione che abbiamo preso sulla procreazione è una posizione di difesa della laicità dello Stato; quella sul debito dei Paesi in via di sviluppo è una posizione che è stata presa affianco ai rappresentanti del Vaticano. E' anomalo? Dovremmo essere o l'uno o l'altro? Forse nel Novecento. Può darsi che non ci si riesca, ma la sinistra a cui penso è la sinistra che fa le due cose assieme. (...]. E gira pagina senza quegli elementi di furbizia e di trasformismo e di negazione della storia per cui alla fine la Resistenza e Salò sono la stessa cosa». Segretario, si ha l'impressione che la sinistra a cui pensa, la nuova sinistra di oggi, si sia appropriata di due concetti, concertazione e legalità, a scapito del conflitto «Un'impressione che ho è che la sinistra abbia oscillato tra giustizialismo e "garantismo" - metto le virgolette perché, tanta giustiziammo, è un'espressione "Connotata negativamente quanto devo mettere le virgolette ad una cosa che, nel caso di DeÌTUtri o in altre situazioni, non si può chiamare "garantismo"; perché il garantismo è una cosa molto alta e molto nobile senza trovare un punto di equilibrio che è invece assolutamente necessario. La legalità è stata il terreno di conflitto di questi anni, il più sanguinoso, sul quale la sinistra si è attestata. Ha fatto bene, fa bene, e farà bene, a presidiare questo territorio. E' vero, per rispondere alla vostra domanda, che non si deve aver paura del conflitto. Una sinistra non deve pensare che i conflitti siano di per sé ragioni anche quando si governa - di inquietudine. Una delle cose che mi affascinò di più di Berlinguer, quando ero ragazzo, fu il discorso che fece a conclusione del XII congresso del Partito comunista italiano, nel 1969, subito dopo i fatti di Cecoslovacchia, in cui disse: per noi una società giusta è quella nella quale i conflitti, pluralità, movimenti siano assolutamente praticati e praticabili. Il conflitto, il conflitto sociale, politico, civile, è qualcosa con cui la sinistra deve fare i conti. La concertazione è un valore, è stato lo strumento della più grande operazione di risanamento che il Paese ab¬ bia conosciuto. In coerenza con questa convinzione, nel totale silenzio della politica italiana, noi stiamo sostenendo la vertenza dei metalmeccanici. Non mi importa se dall'altra parte ci sono poteri forti e costituiti. Abbiamo aperto un conflitto anche con certe posizioni estreme sulla procreazione: cioè, conflitti politici e conflitti sociali, se si compongono dentro uria politica e non sono il "conflitto per'il conflitto", l'esaltazione un po' diciannovista - per usare anche qui un'espressione berlingueriana - della tensione, hanno un loro indiscutibile valore. La società non può essere ferma, perché se la società sta ferma, ad un certo punto si rompe. Quello che mi preoccupa della sinistra è che trasmette un senso di appagamento». Bene. Il crollo del comunismo, del socialismo reale, non elimina, allora, anche la necessità di una critica della società capitaUstica. Si può dire che, forse, questo non è il migliore dei mondi possibili? «C'è assolutamente bisogno di un recupero di criticità. Lo dico in tutte le occasioni che ho - può darsi che mi sbagli, può darsi che io stia prendendo una cantonata - ma c'è nella società italiana, e non solo, un grande bisogno di valori. Mi rendo conto che rischio di essere sfottuto da Giuliano Ferrara perché parlo della Birmania. La sinistra non dove immaginare che c'è una "società altra", non c'è e basta: la società è questa. Ma dentro questo modello di società c'è ampio margine per immaginare delle radicalità abbastanza ruvide. Che diavolo di sinistra è una sinistra che accetta tranquillamente che decine di migliaia di bambini muoiano di fame ogni giorno? Ecco l'etica. Solo la sini¬ stra può farsi carico di questo problema. Non è la stessa cosa che è stata, per la sinistra, la lotta per lo schiavismo, il razzismo? Non è la forma moderna nella quale gli stessi valori si incarnano? Oppure, che cos'è una sinistra che sul tema delle libertà non parla un linguaggio universale che possa valere da Fidel Castro a Saddam Hussein, indipendentemente dal colore di chi queste libertà mette in discussione? Questa è la sinistra che vorrei si facesse in questo Paese |...|». Questa sinistra, su temi che poi sono della vita del Paese, come il Mezzogiorno, la scuola, la prospettiva carente di una formazione giustificante anche dal punto di vista morale, cosa può dire? «Vorrei concentrarmi su una questione. Se dovessi dire oggi qual è la principale emergenza italiana, chi sono i dannati della terra di questo Paese, sarebbe ovvio dire: i disoccupati. Ma se io indicassi il "luogo" delia dannazione, direi la scuola, l'università, la ricerca italiana. Dov'è il posto in cui il Paese è più arretrato, quello che avrebbe bisogno di una vera e propria rivoluzione? Il sistema formativo, crocevia anche del problema dell'occupazione. Una sinistra moderna in Italia deve definire la sua identità programmatica su questo». Non era la formazione, uno dei punti principali - il secondo dopo l'Europa - della campagna elettorale del 1996? «Sì. L'Europa è stala raggiunta, il secondo obiettivo no. Non voglio dire per ragioni di tempo. La maggioranza, non certo il ministro, non ha avuto la cultura sufficiente, la modernità, per capire che si trattava di un nodo altrettanto cruciale. «La scuola deve diventare il nostro "euro"; vorrei che la seconda parte di questa legislatura si impegnassero su questo; ci vogliono trentamila miliardi per la scuola? troviamoli anche a costo di nuove manovre finanziarie, però portiamo in tre anni la scuola a livelli americani, francesi, inglesi. Ora siamo in una situazione devastante, e la discussione nel nostro Paese è tutta concentrata sul fatto se bisogna dare o meno cento lire in più alla scuola privata; è questo il problema? 0, invece, il problema è quello di dire: adesso la nuova frontiera del riformismo e dell'innovazione italiana è rifare tutto il sistema formativo e di ricerca? Quanto costa? Trentamila miliardi? Troviamo i soldi. Questa è per me un'azione degna di una classe di governo realmente riformista». ti Non voglio essere sfottuto da Ferrara perché parlo della Birmania !J p fi fi Sul tema delle libertà bisogna imparare a parlare un linguaggio universale, che possa valere da Fidel Castro a Saddam Hussein p jp fi fi Appena eletto sono andato a trovare Norberto Bobbio, Dossetti poi all'Einaudi e a Marzabotto: questi sono ifìli che tiriamo p J| La legalità e il garantismo sono terreno di conflitto sanguinoso pij A sinistra il leader dei Ds Walter Veltroni e qui sotto il leader cubano Fidel Castro. A destra » dittatore iracheno Saddam Hussein Pubblichiamo ampi stralci dell'intervista che il segretario dei ds Walter Veltroni ha concesso I' 11 marzo a Nuovi Argomenti, e che è stata realizzata da Enzo Siciliano (che dirìge la rivista), Arnaldo Co Usanti, Lorenzo Pavolini, Andrea Salerno. Attilio Scarpellini e Giorgio van Straten L'ex segretario del partito comunista italiano Enrico Berlinguer: mori durante un comizio a Padova Giuseppe Dossetti