Il premier turco: la religione non paga
Il premier turco: la religione non paga Ecevit si dimette ma confida nel reincarico. Il partito filo-curdo non entra in Parlamento Il premier turco: la religione non paga La sconfitta degli islamici alle urne ANKARA ■ «La gente ha capito che lo sfruttamento della religione non funziona»: è la lezione che il premier uscente Bulent Ecevit ha tratto dalle elezioni politiche ed amministrative che hanno impegnato domenica la Turchia. Elezioni che hanno visto un deciso arretramento degli islamici (passati dal 21,3 per cento del 1995 al 15,6) e la sorprendente affermazione dell'estrema destra, balzata dall'8,1 al 1S per cento. In un primo momento si era anche creduto che il Movimento nazionale (Mhp) dei famigerati «Lupi grigi», attestatosi saldamente al secondo posto, avrebbe conquistato la maggioranza relativa in Parlamento grazie al complesso sistema proporzionale che premia i partiti forti nei centri rurali. Ma ieri, con la quasi totalità dei voti conteggiati, è apparsa invece chiara la vittoria di Ecevit e del suo Partito della sinistra democratica (Dsp, nazionalista). Passato dal 14,6 al 22 per cento, il Dsp dovrebbe conquistare 134 dei 550 seggi del Parlamento, assicurando quindi ad Ecevit il mandato per la formazione del nuovo governo. I «Lupi» dovrebbero avere 130 seggi. «Sono felice di questo risultato ha detto il premier -. Non c'è nessuna sorpresa: già negli ultimi giorni c'erano chiari segni di una nostra vittoria». La cattura del leader curdo Abdullah Ocalan ha infatti enormemente accresciuto la popolarità di Ecevit, che ha saputo sfruttare anche le pesanti accuse di corruzione mosse ai due partiti della destra moderata, eternamente in faida tra loro: quello della Madrepatria, guidato dall'ex premier Mesut Yilmaz (passato dal 19,6 al 13,4), e quello della Giusta via, capeggiato da un'altro ex primo ministro, la signora Tansu Caller (dal 19,1 al 12,2), Ù grande sconfitto è tuttavia il Partito della virtù, formazione islamica sorta dalle ceneri del disciolto Retali, che nel '95 aveva vinto le elezioni formando un governo presto affossato dai militari. L'arretramento degli integralisti «è un'importante garanzia per la salute e la consistenza del sistema secolare e democratico», ha detto Ecevit, che non si è mostrato preoccupato per l'avanzata dell'estrema destra: la Turchia, come il resto del mondo, «hanno ormai superato il periodo delle polarizzazioni ideologiche». E' stato, questo, un segnale importante, perché in mattinata la borsa, intimorita dal successo dei «Lupi grigi», aveva lasciato sul campo il 6,5%. Il leader del Movimento nazionale del resto si è affrettato a lanciare segnali di moderazione, dicendosi disposto a sostenere un governo in grado di creare nel Paese una «atmosfera di pace e stabilità» e di mettere al pri¬ mo posto la lotta all'inflazione (già scesa con Ecevit da oltre il 90% a poco più del 60%). Così, nel pomeriggio di ieri, la borsa ha prontamente recuperato le perdite. Ora, secondo gli analisti, la coalizione più probabile è quella tra i due partiti vincitori: la sinistra nazionalista di Ecevit e la destra «ex estrema» di Bariceli, al cui successo ha probabilmente contribuito la catena di attentati curdi. Nel SudEst del Paese, tra l'altro, il partito filo-curdo Hadep ha conquistato Dijarbakir e gli altri principali centri urbani, ma a livello nazionale si è fermato al 4%, troppo poco per superare la soglia di sbarramento (10%) ed entrare in Parlamento. Ma se i militari gongolano per la sconfitta degli islamici e la vittoria dei nazionalisti di destra e di sinistra, un'eventuale alleanza governativa di questi due partiti non offre certo le migliori garanzie per una soluzione pacifica della questione curda. Del resto fu proprio Ecevit, già tre volte premier nell'ultimo quarto di secolo, ad ordinare nel 1974 l'invasione di Cipro, dando inizio alla guerra contro la Grecia e ad un conflitto intemazionale che si protrae ancor oggi. Il timore è quindi che i rapporti con l'Unione europea, già non buoni, possano peggiorare. (f. sq.j I premier uscente Ecevit, leader socialdemocratico
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