Per i profughi il corridoio della vergogna di Francesco Grignetti

Per i profughi il corridoio della vergogna L'Uck: abbiamo catturato due soldati di Belgrado e un volontario russo. Gli Usa: forse 500 mila i dispersi Per i profughi il corridoio della vergogna / serbi li dirottano verso la Macedonia e li derubano Francesco Grignetti inviato a TIRANA Dal Kosovo, ieri, sono arrivati appena 28 profughi. La frontiera non è del tutto chiusa, quindi. Ma questo minuscolo rivolo non è niente rispetto alle migliaia di persone che sono dietro l'angolo. Perché la frontiera venga aperta e chiusa a singhiozzo è un mistero. Secondo fonti dell'Acnur, i serbi avrebbero addirittura organizzato un «contro-corridoio)! per ricacciare indietro i centomila in attesa di espatriare, sottrargli tutti i beni e sbatterli verso la frontiera macedone. Ma se gli albanesi osservano sgomenti questo fiume di gente disperata, i kosovari dell'Uck provano a contrastare la pressione serba sul territorio. Secondo fonti guerrigliere, difficilmente verificabili, avrebbero catturato tre nuovi prigionieri tra i serbi e uno di questi sarebbe un volontario russo. Ma il rebus del flusso altalenante dei profughi, aggravato da un rapporto del Dipartimento di Stato americano secondo il quale potrebbero essere 500 mila gli albanesi dispersi e forse uccisi, tiene anche in continua tensione i responsabili dell'assistenza internazionale. «Dobbiamo fare in fretta e bene perché ci stanno arrivando addosso migliaia di persone», dice Staffan De Mistura, inviato speciale di Kofi Annan in Albania. Il commissario straordinario dell'Onu ieri era a Tirana per incontrarsi con le autorità albanesi, il generale John Reith (comandante della missione Nato in Albania), il responsabile dell'Acnur (agenzia Onu per il soccorso ai rifugiati) e il sottosegretario italiano alla Protezione civile Franco Barberi. Da questo tourbillon di incontri, a un certo punto De Mistura esce e dice: «L'Italia sta facendo un eccellente lavoro. Di fatto, Arcobaleno è la prima linea». Musica per le orecchie degli italiani. Ma De Mistura insiste: «Dobbiamo stringere al più presto un accordo con l'Italia per passare sotto le insegne dell'Onu un primo campo a Kukes. Per motivi di sicurezza. Meglio che ci sia una bandiera internazionale a una frontiera così in tensione. Ma anche perché così Arcobaleno potrà focalizzare i suoi sforzi nell'aiutare i 200 mila profughi che sono all'interno dell'Albania». E la Nato? Che sta facendo l'alleanza atlantica con le sue poderose strutture? «Avrò incontri in giornata con i responsabili per le operazioni umanitarie. Sulla carta, è tutto molto chiaro: della missione umanitaria, la Nato fornirà la parte logistica sotto il coordinamento dell'Acnur. Ma in termini pratici, al momento, il vero interlocutore è Arcobaleno». Le buone intenzioni di Staffan De Mistura si sposano con le preoccupazioni di Franco Barberi. «Noi italiani stiamo facendo il massimo dello sforzo. Di più non possiamo fare. Il nostro obiettivo era l'assistenza diretta per 25 mila persone e indiretta per 30-40 mila. Con il campo di Valona, in preparazione, avremo superato questi obiettivi. Ma certo non basta. Ci sono almeno 30 mila persone che dormono all'addiaccio, a Kukes. Intorno ai nostri campi c'è una pressione insostenibile. Però io mi rifiuto di far ingrandire quei campi». E' evidente il ritardo delle agenzie internazionali, qui in Albania, e anche della Nato. Il meccanismo degli aiuti stenta a ingranare. E nel frattempo, non suoni retorico, solo gli italiani riescono a sfornare pasti caldi e tende asciutte. «Però anche le nostre tende sono finite - dice ancora Barberi - e io non ho alcuna intenzione di richiederne altre. Non posso sguarnire l'ultima scorta italiana. E se poi, coma facendo, scoppia un'emergenza a casa nostra? Le tende ce le devono dare gli altri. I nostri volontari sono pronti a montarle e anche a gestirle, se serve». Queste richieste, Barberi le ha fatte a quattr'occhi anche al generale Reith, il responsabile di «Allicd Harbour». «Il generale Reith - dice Barberi - è stato evasivo sui tempi, parla di 2-3 settimane per installare le tende, mi sembra francamente trop¬ po. La Nato mi pare un pachiderma che stenta a ingranare». I tempi della Nato si stanno rivelando molto più lunghi di quelli della protezione civile italiana. Il campo-base all'aeroporto di Tirana, ad esempio, dopo una settimana di militarizzazione, è ancora lontano dall'essere pronto. Dagli aerei-cargo scende di tutto: jeep, autocarri, container, computer, anche motociclette a tre ruote e cingolati con missili terra-aria. Ma di aiuti ancora pochi. Piuttosto i militari si stanno preoccupando di preparare la base per gli elicotteri Apache, che la settimana prossima potrebbero entrare in azione. Quanto alla strategia proposta dagli italiani (un campo di prima accoglienza a Kukes, poi subito a valle nei veri campi-profughi), il generale Reith s'è detto d'accordo. Ma sui tempi non si sbilancia. Ci vorrà almeno una settimana, forse di più, prima che il contingente internazionale sia pronto. Nuove tende e buoni trasporti dovranno aspettare. I serbi sembrano saperlo. Con estremo cinismo, non appena la situazione dei profughi si stabilizza, e la tensione si allenta, buttano sulle spalle dell'Albania altri ventimila disperati. L'inviato di Annan in Albania «Brava Italia ma il campo di Kukes deve passare subito sotto la nostra bandiera»