Marini vuole il Colle per un popolare

Marini vuole il Colle per un popolare Polemica anche nel centrosinistra. D'Alema contro Di Pietro: ha fatto solo confusione Marini vuole il Colle per un popolare Propone uno Scalfaro-bis, ma forse pensa a se stesso Maria Teresa Meli ROMA Ai microfoni del Gr Rai, Franco Marini propone di rieleggere Scalfaro. «Nella situazione nella quale siamo - dice il segretario Ppi - la sua ricandidatura sarebbe una soluzione positiva e funzionale al percorso delle riforme». Questo è il leader popolare in versione pubblica. In privato, con i suoi fedelissimi, però, Marini va facendo ragionamenti che sembrano andare in tutt'altra direzione. «Dopo l'esito del referendum - spiega il numero uno di piazza del Gesù - si è creato il clima giusto per riprendere il dialogo con Berlusconi. E comunque, a questo punto, vorrei sapere che cosa ci potranno dire quelli che finora hanno osteggiato l'idea che un popolare andasse al Quirinale. Le urne hanno parlato chiaro, mi pare. Se dovessi fare io un ragionamento come quello che faceva Veltroni, ora dovrei dire che a Palazzo Chigi non può stare un esponente del "sì", ma è ovvio che non lo dico». Sì è ovvio, perché Marini, insieme a D'Alema, intende avviare un confronto con il leader del Polo. E la ricandidatura di Scalfaro non è certamente «funzionale» a questo scopo. Voci dal sen del Palazzo fuggite dicono che il segretario del Ppi abbia lanciato quell'ipotesi per bruciarla perché Marini pensa a Marini. Ossia, il leader popolare si vedrebbe volentieri al Colle. E il siparietto tra il segretario Ppi e Berlusconi, a «Porta a porta», sembra confermare questa versione. Marini dice Scalfaro. Come da copione, il leader di Fi risponde: «E' una provocazione grave». Conclusione del segretario,, popolare: «Non sono- uno sprovveduto e bisognerà ragionare sulla posizione di Berlusconi nei confronti di Scalfaro». Del resto, Berlusconi non esclude di dare i suoi voti a «un popolare del no». «A me quello che interessa - è il suo ragionamento - è che sia un personaggio di garanzia, che non faccia solo il gioco della maggioranza». Le azioni di Marini, quindi, risalgono, giacché il gran capo di Forza Italia di lui dice: «E' una persona che apprezzo, un politico di cui mi fido». Anche se poi il candidato prescelto non fosse il segretario, sarebbe comunque un popolare. «Adesso diventerà difficile dire di no al Ppi», confida sconsolato ai collaboratori Veltroni, i cui margini di manovra, dopo il referendum, si sono notevolmente assottigliati. Ma quando si comincerà a parlare concretamente di Quirinale all'interno del centrosinistra? «Al vertice di maggioranza si dovrà affrontare anche questo problema», spiega Marini ai colleghi di partito riferendosi al summit che D'Alema ha proposto per discutere innanzitutto di riforma elettorale. Un ex De, allora, sul Colle. E i nomi che circolano sono sempre gli stessi: Mancino, Rosa Russo Jervolino. «Con Berlusconi si può aprire il confronto, certo noi non siamo disposti a dargli tutto» è ciò che si dice in casa Ppi. Il che lascia trasparire che qualcosina i popolari sono pronti a dare al Cavaliere. Anche la poltrona della presidenza del Senato, se un personaggio come Mancino - senz'altro un politico di garanzia - dovesse trasferirsi altrove. E Scalfaro? Bertinotti boccia l'ipotesi. Bossi fa lo stesso. Con quale maggioranza verrebbe rieletto il presidente? Incredibile a dirsi: Alleanza nazionale, piuttosto che vedere siglato un accordo a tre tra Berlusconi, Marini e D'Alema, preferirebbe tenersi l'attuale Capo dello Stato, contro cui ha tanto combattuto. E' chiaro che An, ufficialmente, non lo dirà mai, ma all'indomani della sconfitta referendaria questa ipotesi circola a via della Scrofa. Anche molti Ds preferirebbero questa prospettiva all'altra. Lo stesso segretario Veltroni è di questo avviso: «Scalfaro - dice ai suoi - potrebbe essere la soluzione migliore, forse l'unica». Del resto, nella Quercia i referendari, che non sono pochi, sognano la rivincita nei confronti di Marini. A sentii parla re alcuni diessini sembra di tornare ai tempi degli scontri tra i De e Pei. Dice Antonello Falomi, senatore della Quercia: «I popolari stanno riprendendosi le leve del potere. Hanno di nuovo in mano la Rai: basti vedere quante volte Marini è stato ospitato nelle trasmissioni dell'ultimo mese, o basti pensare a come i tg hanno fatto informazione sul referendum». Ma oltre a recriminare, si può far poco. Il partito di Veltroni ha perso il referendum e ora potrà difficilmente sganciarsi da D'Alema e dai suoi progetti. Da quel D'Alema che «copre» il leader del partito, attribuendo la colpa dell'esito del voto a Di Pietro. «Certe polemiche contro di noi e contro Veltroni - dice il capo del governo - sono immotivate. C'è stato un impegno accanto a persone che davano ogni giorno calci negli stinchi. Eppoi a questo risultato ha concorso il fatto che alcuni promotori hanno condotto una campagna per dividere, con strumentalizzazioni inaccettabili. Di Pietro, per esempio, alla vigilia del voto, ha dichiarato che con il "si" sarebbero stati sconfitti anche i sostenitori del doppio turno. Sembrava un appello al non voto». Ma questa difesa ingessa Veltroni nel suo ruolo al fianco di D'Alema. E Marini gongola, pensando al Quirinale. VALLE D'AOSTA LOMBARDIA TRENTINO A. A. AG **** LIGURIA 4», COSI* ALLE URNE DATI IN PERCENTUALE FRIULI V. G. 47^ ITALIA SETTENTRIONALE 83,9 ' ITALIA ITALIA MERIDIONALE INSULARE 40,1 I La ricandidatura dell'attuale Presidente subito bocciata dal leader del Polo che la definisce «una provocazione grave» E le quotazioni del segretarip Ppi salgono

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