Noi, italiani del non voto di Maria Laura Rodotà
Noi, italiani del non voto Le confessioni di quattro astensionisti-tipo : scettici, stanchi e disillusi Noi, italiani del non voto Maria Laura Rodotà ROMA Non si sono dilaniati in famiglia come i nonni con repubblica e monarchia; non si sono divisi causa politica e religione come ai tempi del divorzio e dell'aborto; non hanno neanche sperato un po' di migliorare una situazione disastrosa come ai tempi della preferenza unica. Gli italiani del non voto voluto, questa volta, hanno ignorato i seggi senza remore; senza appassionarsi, senza litigare con i propri cari. Domenica sera, sono andati a letto dicendo «mah, è andata così», e magari hanno saputo del quorum ieri mattina. Hanno acceso il televideo, e gli è venuto da ridere. Senza pensare di aver vinto. E senza sperare che succeda qualcosa di buono adesso. Qualcuno non è andato a votare perché non voleva che il referendum passasse; altri non ci credevano; altri erano infuriati. Tutti, domenica e pure oggi, sono disillusi. LA MATtUUKA «Oddio, se era vero che così levavano tutti quei partiti piccoletti era una cosa buona. Ma ce crede, lei? Io no, e allora non so' andata». La sfiducia, più che nello strumento referendario, nel Sersonale politico esistente a tenuto a casa Lalla Galli, energica leader di una famiglia di agricoltori della campagna laziale di Palestrina. Famiglia informata, aggiornata e fedele al centro-centrosinistra. I figli hanno votato tutti; la signora Lalla è rimasta a casa coi nipoti nonostante ripetuti appelli. «Ma non abbiamo litigato: mi dicevano mamma, vai a votare, e io dicevo, mo' vado, mo' vado». Senza tentennamenti? «E perché? Non mi piaceva, questo referendum. Non facevano capire niente, solo che dopo la legge se la facevano per conto loro. E allora che bisogno c'era di farci andare a votare?». Anche perché, obiezione storica degli scettici poco referendari, «con tutto quello che succede quei soldi li potevano spendere meglio». L'IMPtlNDiTOM. Alberto Rossi è un bel quarantenne milanese e colto che domenica è tornato presto dalla campagna, ma a votare non ha pensato proprio. «Per due motivi: primo, non ritengo legittimo chiedere ai privati cittadini di intervenire su una legge che il Parlamento è chiamato a fare. Questo si chiama scarico di responsabilità. Secondo, le coalizioni del sì e del no non hanno espresso una comunicazione di qualità. Il sì era un coacervo di litigi, Segni, Di Pietro, un disastro. Il no era, a dir poco, troppo trasversale; non si capiva che messaggio avesse». Rossi, che vende e compra aziende, tende a documentarsi molto prima di ogni business; e anche sulla riforma elettorale ha letto un po', decidendo che preferisce il doppio turno. Ma stavolta non si è appassionato: «E ne ho parlato pochissimo anche con le persone che frequento. Questo referendum non è stato vissuto come un grande problema». LO STUDENTE La mattina del 18 aprile, Giovanni Cangemi, 21 anni, terzo anno di sociologia a Roma, ha passato una mezz'oretta in macchina a cercare di convincere un'amica a non votare. Non c'è riuscito, non si è disperato. Anche se resta in disaccordo con «il modo in cui era proposto il quesito», e soprattutto crede che «dal referendum sarebbe uscita una legge sbagliata». In futuro, a Cangemi andrebbe bene il doppio turno, ma anche la proporzionale con sbarramento al cinque per cento; basta che si sbrighino. Tuttora, è scocciato per i toni della campagna per il sì: «Secondo loro era una santa battaglia tra stabilità e instabilità, organizzazione anglosassone e casino italiano, maggioritario e proporzionale. Hanno sbagliato, sono stati demagogici». LA MAMMA. «Potrei dire che era una bellissima giornata, e che il certificato non mi era arrivato. Dico la verità: trovo ridicolo che mi si chieda di votare su un tecnicismo legislativo. Hanno i loro motivi. Ma per me è stato un abuso». Il non voto di Francesca Barbiero, trentenne napoletana a Milano, mamma da sei mesi è motivato e arrabbiato: «Non mi è piaciuto nessuno, né Di Pietro né Bertinotti che festeggia. Non è stata una vittoria dei no, ma dei chissene frega». Anche se lei ripete che nel referendum ci crede: «E' uno strumento alto, per votare su grandi questioni etiche. Da usare con buonsenso. La prossima volta, invece dello Consulta, ci vorrebbe un comitato di cittadini medi, che non abbia paura di dire: questa è una minchiata. Ma sì, visto come va, è meglio che decidano i Fantozzi». Hanno ignorato i seggi senza remore senza appassionarsi e senza litigare Lontani i tempi di divorzio e aborto
Persone citate: Alberto Rossi, Barbiero, Bertinotti, Cangemi, Di Pietro, Fantozzi, Giovanni Cangemi, Lalla Galli, Rossi
Luoghi citati: Milano, Palestrina, Roma
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