Castelli: «Ricomincio da tre»

Castelli: «Ricomincio da tre» New York, il novantaduenne gallerista apre un nuovo spazio Castelli: «Ricomincio da tre» Fiamma Arditi New York IN cima a una scala un ragazzo allampanato dà gli ultimi ritocchi al soffitto. Sulla parete, sotto di lui, _ pendono quattro opere su carta inconfondibili: il viso di Monna Lisa rivisitato con la tecnica del monotipo da Jasper Johns nel 1996. E' la vigilia della mostra. Ed è anche la vigilia dell'apertura della nuova galleria Castelli, la numero tre, da quando Leo si trasferì a New York, da Parigi nel 1941. Ci viene incontro con Barbara, la terza moglie, che è diventata anche la sua allieva. Calmo, sorridente, come sempre, col solito abito grigio, questa volta senza cravatta, Castelli ha aperto questo spazio up-town, sulla 79™ strada, fra Madison e Park, a due blocks da casa, e da Sant'Arnbroeus, il ristorante preferito. Quasi di fronte all'altro grande gallerista newyorkese, Bill Acquavella, che rappresenta Lucian Freud. A 92 anni, questo cambiamento gli ha ridato energia. Nel nuovo spazio si sente a suo agio. Non dovrà più attraversare la città fin giù a West Broadway, dove aveva aperto nel 1971, prima che Soho diventasse di moaa. Jasper Johns è stato una delle prime scoperte, ma non lo vuole ammettere. Questo signore triestino con un fiuto pazzesco per gli affari, ha mantenuto la modestia e la curiosità di quando era ragazzo a Trieste e aveva poca voglia di studiare. Quando ha visto la prima opera di Jasper? Chiediamo. E lui: «Barbara, che anno era quando vidi il primo bersaglio?». «Io non ero ancora nata», risponde lei con la sua erre arrotata, «ma la leggenda dice che era un bersaglio verde, al Jewish Museum. Doveva essere il 1957». Johns, senza saperlo è anche stato il motivo del loro incontro nel 1993. Lei arrivata, giovane critica d'arte, a New York per intervistarlo, aveva chiesto a Leo che lo rappresentava di fare da tramite. «Ho cambiato solo il posto, ma la galleria rimane la stessa», dice. Ha trovato artisti nuovi? «No, i gemelli Starn sono gli ultimi che ho preso». Va ancora a studio dai suoi pittori a vedere quello che fanno? «Sono stato poco fa da Jasper nel Connecticut, per scegliere le opere della mostra. Questi diciannove monotipi, dagli Anni Settanta ad oggi, sono tutti di sua proprietà. Sì, quando vale la pena vado». Quanto costano? «Dai 200 ai 500 mila dollari». Leo, ci tolga una curiosità, perché nessuno, da Rauschenberg a Johns, ma nemmeno Licntenstein e Warhol volevano essere etichettati come artisti "Pop"? «Hanno e avevano ragione. Pop 6 un nome stupido». Ma nemmeno Rothko, Pollock e DeKooning volevano essere messi sotto la tenda dell'Espressionismo Astratto. «No certo. Sopratutto Rothko, che era molto schivo e discreto. De Kooning era più malleabile. E Pollock era pazzo». Li conosceva bene? «Direi proprio di sì. Spinsi Pollock ad andare con la galleria di Sidney Janis, all'epoca era la migliore. E lui, mi ricordo, voleva a tutti i costi che io aprissi la mia galleria. Ma quando la aprii nel 1957 sulla 77"" strada era troppo tardi». Dopo poco lui passò con «Art of the Century» di Peggy Guggenheim «Sì Peggy era molto brava. Non so perché se ne andò a Venezia». Leo, in quegli anni ci si trovava a casa dei collezionisti, allo storico Cedar Bar. Oggi, invece stanno tutti rintanati nei loro studi, nelle case agli Hamptons. «De Kooning con la moglie Elaine ha passato tante estati a casa mia a East Hamptons... Mah, forse oggi ci sono più eventi pubblici, grandi inaugurazioni, serate nei musei, party di beneficei. za. No, non esistono più luoghi di incontro privati. Ma dell'arte, per fortuna, si è sempre discusso poco. Piuttosto si parlava di affari». Dopo la Pop Art, ci sono stati movimenti importanti? «No, non ne vedo. C'è una grande calma». Viviamo nell'era delle installazioni. Schermi gocce d'acqua bidoni... Cosa ne pensa? «Non c'è niente di nuovo. Siamo in un momento di transizione. Non vedo grandi cambiamenti. Mi sembra un panorama abbastanza omogeneo. Sono sicuro, però che arriverà il momento in cui gli artisti inventeranno nuove forme» Ci sarà ufi ritorno al figurativo? «Adesso è ani messo, rispettato, mentre lina volta non si poteva nemmeno menzionare». Che programma ha per questa nuova galleria? «Barbara, che programma abbiamo?». «Dopo la Pop Art, non è nato niente di nuovo Aspettiamo qualcuno che inventi nuove forme» «Jackson Pollock era un po'pazzo, voleva a tutti i costi che aprissi una mia galleria. Ma quando lo feci, nel 1957, era troppo tardi per lui» / Qui accanto «Spring 1986» un'opera di jasper Johns uno degli artisti della Pop Art scoperti da Leo Castelli A sinistra il gallerista

Luoghi citati: Connecticut, Madison, New York, Parigi, Trieste, Venezia