Prada: bisogna saper spendere di Ugo Bertone

Prada: bisogna saper spendere LA COPPIA DELLA MODA ITALIANA CHE NON SENTE LA CRISI Prada: bisogna saper spendere Tokyo, in 3 giorni un miliardo d'incasso intervista Ugo Bertone E chi l'ha detto che la crisi è eguale per tutti? C'è anche chi cresce a due cifre, investe, continua a sfornare prodotti e tendenze. Come U gruppo Preda, quel piccolo colosso creato da Miuccia Preda e Patrizio Bertelli, la «strana coppia» della moda italiana, che sconvolge classifiche, tendenze e luoghi cornimi. La crisi giapponese? A Tokyo, nei primi tre giorni d'apertura di «Miu Miu», la loro ultima bouticme ad Ahoyama, il quartiere trendy della capitale, ha superato il miliardo di incassi. Nessuno compra più? 11 loro giro d'affari nel mondo, quest'anno, sfonderà il muro del miliardo di dollari, se, come è accaduto nei primi tre mesi, le vendite cresceranno del 25%. Il segreto? Patrizio Bertelli da Arezzo, classe 1946, il genio industriale della famiglia, risponde così: «Aver capito per tempo che il mercato era cambiato commenta Bertelli -. L'abbiamo fatto noi, Gucci, Vuitton: i vincenti». E gli altri? «Talvolta si deve avere il coraggio di fermarsi un po'. Altrimenti i giovani ti snobbano, si invecchia con gli stessi clienti, finché questi non ti comprano più. Per vendere alle sessantenni devi saper parlare alle trentenni...». Chissà se i vari Armani o gli altri «guru» del «made in Italy» ascolteranno il suo consiglio. Al caratteraccio di Bertelli, del resto sono abituati. Lui, intanto, fa shopping in giro per il mondo, anche grazie ai quattrini incassati con il blitz in Gucci (più di 200 miliardi, altri 80 milioni di dollari arriveranno in caso di Gpa di Vuitton: fa occhiali Prada con la De Rigo, quotata a, New York, ma sóld dopo aver comprato il 1.5% della ditta; stringe un'intesa con lo stilista Helmut Lang, promette altre novità (profumi, orologi, altre joint-venutres) a breve. Com'è cambiato il mercato? «Un tempo uno proditceva un oggetto, sommava i costi, poi fissava il prezzo. Adesso è l'opposto. Prima cerchi di capire cosa vuole il pubblico, poi al prezzo che intende pagare: a quel punto ti muovi, ma solo se riesci a far quadrare l'idea creativa con questo prezzo. E ci devi stare dentro, perché, se costa di più vai fuori mercato. Altro che moda: far moda è come produrre lavatrici». Davvero? «Io passo il mio tempo a studiare i cicli industriali, per assicurare all'artigiano che lavora per me commesse costanti nel tempo. Anche così si abbattono i co- sti. Chi non l'ha capito non vende». Ormai, insomma, ciò che conta è il prezzo. La gente è meno spendacciona? «No, non e detto. Quando vuoi comprare uno smoking non badi a risparmiare. La priorità, in quel caso, è la qualità. Il segreto è saper posizionare U prezzo su quello che il pubblico chiede. Eppoi, è chiaro, non bisogna credere che la gente sia stupida. La domanda premia i prodotti che hanno un valore vero». Sembra facile... «E non lo è. Bisogna stare in mezzo al mercato, avere il polso della situazione. E la propensione a spendere cambia spesso. Ci sono stagioni in cui sale la propensione a spendere...». E altre in cui è meglio aspettare. Magari che la merce vostra finisca sulle bancarelle... «Con me non succede facilmente. Io ci sto attento. Lei non sa quanta merce demolisco a fine stagione». Davvero? «Il nostro ciclo è: fabbrica, negozio, liquidazione. Poi ci sono gli outlet per far fuori alcuni tipi di rimanenze. Il resto lo demolisco. Qualche cosa mi scappa, quando finisce nelle mani degli stockisti». Siete una bandiera del «made in Italy». Perché non si propone per il polo nazionale del lusso? «Perché non ci credo». Il motivo? «Noi italiani siamo forti nelle materie prime e nei prodotti. Ma quel che conta oggi è la distribuzione». Non la finanza? «Quella viene dopo. L'anima dev'essere industriale, poi si può pensare a razionalizzare la finanza. Guai a percorrere la strada inversa. Basta vedere cosa sta succedendo a chi ci ha provato...». Allora distribuire è più importante che produrre. E' proprio così? «Per stare sul mercato io ho due strade: o creo una piramide produttiva, andando a caccia dei costi minori. Oppure cerco di usare il mio know-how nel modo migliore. Mi spiego: una volta che il cliente, il grande magazzino giapponese o la boutique parigina si fida di me, io posso vendergli più prodotti: non solo scarpe, cinture o abiti, ma anche profumi e occhiali. O più marchi». Davvero? E' possibile vendere assieme Prada e, che so, Gucci? «E perché no? Per il cliente è la stessa cosa, una volta che si mantiene l'identità di ciascuno. E che ne sa il cliente se uno stesso artigiano produce il portafo- glio Prada e anche quello Gucci? Purtroppo De Sole, il numero uno di Gucci, non si è fidato. Chissà se ora mi dà ragione. Glielo chiederò perché presto andremo in barca assieme. I rapporti sono buoni...». ' Resta la strada della produzione. Quanta roba produce in Italia e quanta fuori? «Tutto in Italia. Mica posso scherzare sulla qualità. Per noi lavorano 5 mila persone, tra la Toscana e il Nord. No, nessuno a Sud». Perché non va a Sud? «Perché non c'è la convenienza. Hanno fatto quel pasticcio dei contratti d'area che non servono a nessuno. Ma ci vuol tanto a fare una legge chiara? Io non ti faccio pagare i contributi per tot anni se vai là». E invece? «E invece solo un pazzo come me può investire in mi Paese con un fisco così». Ma, per nostra fortuna, di «pazzi» così ce n'è ancora qualcuno... «II mercato è cambiato, chi non capisce deve fermarsi. Per vendere alle sessantenni devi saper parlare a chi di anni ne ha trenta» e Patrizio Bertelli e sotto: Miuccia Prada Un modello della nuova linea di «Miu Miu» A Tokyo, nei primi tre giorni d'apertura di «Miu Miu», l'ultima boutique ad Ahoyama, il quartiere trendy della capitale, ha superato il miliardo di incassi

Luoghi citati: Ahoyama, Arezzo, Italia, New York, Tokyo, Toscana