«Invasione entro la fine di maggio» di Fabio Galvano

«Invasione entro la fine di maggio» Il segretario Nato Solatia: se serve, siamo pronti. Il tedesco Scharping: non se ne parla «Invasione entro la fine di maggio» Giornale inglese cita fonti Usa: con 80 mila soldati Fabio Galvano corrispondente da LONDRA L'invasione Nato del Kosovo scatterà «entro la fine di maggio», rivela a Londra il domenicale «Observer» citando fonti americane e precisando che per l'operazione sarebbero impiegati 80 mila uomini. E se tutti gli organi ufficiali continuano a negare una tale eventualità, l'ipotesi di ima manovra terrestre dopo i bombardamenti aerei non viene più esclusa con la fermezza delle scorse settimane. Il ministro degli Esteri britannico Robin Cook ha detto ieri, in un'intervista alla rete televisiva Itv, che «non c'è alcuna intenzione né piano per inviare truppe di terra» in Kosovo; ma ha ammesso che «se tali intenzioni dovessero maturare passerebbero due o tre mesi prima di poter agire». Perché un tale ritardo? «Perché - spiega Cook - dovremmo preparare un'area per una forza molto ampia in grado di realizzare un'invasione contro un Paese che oppone resistenza». In altre parole gli strateghi dell'Alleanza Atlantica stanno già pianificando una tale evenienza, per poterla attuare qualora fosse dato il «via» politico. Ma sugli 80 mila uomini non è d'accordo il generale Sir Jeremy Mackenzie, ex comandante Nato in Europa, secondo cui un'azione di terra richiederebbe «fra 180 mila e 200 mila uomini». Ieri anche il segretario generale della Nato, Javier Solatia, ha toccato l'argomento in un'intervista alla Bbc. «A questo punto ha detto - riteniamo che la campagna aerea sia sufficiente». Ma ha poi aggiunto di essere certo che, se la strategia dovesse cambiare, «i Paesi aderenti alla Nato sarebbero pronti a farlo». Poco dopo il ministro tedesco della Difesa Rudolf Scharping, quasi a voler smentire l'ipotesi ventilata da Solana, ha categoricamente affermato che tutte le informazioni su un intervento di terra «sono false». Molto più efficiente, gli ha fatto eco il cancelliere Schroeder in un'intervista al «Washington Post», sarebbe se tutti gli alleati (trasparente il riferimento a Budapest) «bloccassero il flusso di petrolio e gas verso la Jugoslavia». «Se dovessimo avviare una campagna di terra - ha detto ieri Cook - questa causerebbe un numero di vittime di gran lunga superiore da entrambe le parti». E per questo motivo l'ipotesi viene scartata, in un articolo pubblicato ieri dal «Sunday Times», dal generale Sir Michael Rose, ex comandante delle truppe Ónu in Bosnia. A suo avviso l'azione contro la Serbia denuncia già una «sconfìtta strategica» della Nato: «Occorre urgentemente trovare una strada per districarsi con onore da una situazione sempre più confusa». Ma l'«Observer» insiste: secondo le sue fonti la Nato intende invadere entro maggio per completare l'operazione entro tre mesi. Parla di un piano per un'«invasione limitata» in due scaglioni: un primo, di circa 20 mila uomini, formato da forze speciab, artificieri, artiglieria e carri armati, che aprirebbero un varco, verso il cuore del Kosovo per consentire il rapido ingresso del resto delle truppe. Ma contemporaneamente, secondo l'«0bserver», la Nato intenderebbe schierare in Bosnia, Ungheria e Romania (se Bucarest lo consentirà) 200 mila uomini per «sigillare la Serbia e ingabbiare Mdosevic». Tutto questo quando le difese saranno compromesse dagli attacchi aerei, secondo un funzionario americano: «Fra non meno di sei settimane e non più di due mesi». L'arrivo di soldati americani all'aeroporto albanese di Rinas IfOTOMUTER]

Persone citate: Cook, Javier Solatia, Jeremy Mackenzie, Michael Rose, Robin Cook, Rudolf Scharping, Scharping, Schroeder, Solana