Cossutta; ora devono fare i conti con noi di Antonella Rampino

Cossutta; ora devono fare i conti con noi I comunisti passano dalla paura alla grande gioia: «E* merito nostro questo risultato» Cossutta; ora devono fare i conti con noi «Un terremoto», esulta Bertinotti Antonella Rampino ROMA Alla fino, per le forze politiche contrarie al referendum, il 18 aprile sarà ricordato come il giorno dell'insperata vittoria. «Volevano abrogare la legge per imporro l'uninominale. Adesso c'è la legge vigente e prima di cambiarla dovranno fare i conti con chi, come noi, ha bloccato il referendum», puntualizza euforico Armando Cossutta. Ma anche nelle ore della notte in cui tardavano i dati ufficiali del Viminale, e le proiezioni dell'Abacus davano sempre più incerto l'esito, con il quorum assai in forse, il senso politico non mutava. Perché appunto, anche se il famoso 50 per cento dei voti più uno, fosse stato raggiunto, la palla sarebbe comunque al Parlamento. Alle dieci e mezzo di sera, quando l'Abacus comunica le sue proiezioni, sensibili di variazione all'insù e all'ingiù pari a un punto e mozzo o anche 2 percentuali, il pallottoliere dol comitato per il no era già all'opera. Erano un paio di giorni, dal pomeriggio di venerdì, che i sondaggi riservati, e in specie quello dei Ds, davano il quorum por raggiunto, anche se di strettissima misura. E dunque, chi avesse sentito al telefono i leader del fronte del «no», avrebbe ascoltato in anticipo i ragionamenti risuonati appena si è saputo l'esito del voto. «Il sì ha perso, perché comunque non ha il 51 per cento del Paese», dice Bertinotti. Poi, a dati definitivi, aggiunge: «Questo No è una rivincita straordinaria che ha messo sotto i grandi partiti, i grandi strumenti di informazione, il presidente dol Consiglio ed i poteri forti del paese. Credo che le grandi forze politiche italiane saranno investite da un terromoto». Cossutta scende in dettaglio: «Se sommiamo gli astenuti più i voti contrari, vediamo che il Paese non è per il sì, che la grande campagna plebiscitaria contro i partiti non ha avuto seguito». Ma mentre la realtà è in divenire, e non si sa chi abbia dalla sua i numeri, la politica lavora. Bertinotti lo spiega bone dal video, mentre nella serata speciale del Tgl si trova, per la prima volta dai tempi della scissione, seduto proprio accanto a Cossutta, anche se i due non si guarderanno mai, nemmeno in tralice. Cossutta scende nel merito: «Quello che non è andato bene, e che non è stato accettato dagli italiani, è stato l'attacco che il referendum portava ai partiti, e non parlo delle modalità con cui è stata condotta la campagna per il referendum, ma proprio l'attacco ai partiti che il quesito contione. E attenzione: se la vittoria dei sì fosse stata schiacciante, sarebbe diventato inevitabile preparare una legge elettorale fotocopia di quanto prescritto dal referendum. Poiché così non è, occorrerà equilibrare in Parlamento le varie esigenze». Perché una cosa è certa: se la vittoria dei sì fosse stata rilevante, e alta l'affluenza alle urne, il quesito referendario avrebbe avuto una forza prescrittiva. Del resto, il partito più forte è stato quello degli astensionisti, di chi insomma a votare non c'è nemmeno andato, e proprio perché alcuni partiti hanno dato questo messaggio con chiarezza. Poiché tutti coloro che andranno a votare voteranno certamente per si, è stato il ragionamento fatto, meglio silurare il referendum facendo mancare il quorum. E così è andata. Una posizione che è stata recepita, in massimo modo, da militanti e elettori di Rifondazione. Ieri, l'Abacus, nell'esaminare i flussi elettorali, ha visto che ben il 71 per cento dei rifondanoli a votare non c'è nemmeno andato. E attenzione, ha infatti subito detto Bertinotti, «quello dell'astensionismo è un fenomeno che sempre ci preoccupa, ma non nel caso di questo referendum: perché qui si tratta di un assenteismo attivo, di una libera scelta democratica». Naturalmente, proprio nella legge istitutiva del referendum è previsto un quorum al 50 per cento più anche un solo voto, mentre naturalmente per elezioni politiche e amministrative così non è, e dunque il legislatore il problema del!'«astensionismo attivo» se l'era posto. Ma già da oggi, il problema è cosa fare. Su questo, nelle stanze spoglie e niente affatto entusiaste dell hotel Nazionale, sede del Comitato del no, l'accordo è pieno. Lo dice Cossutta per tutti: «Adesso, la parola passa al Parlamento, e credo dovremo preparare una legge elettorale che incoraggi, ma non obblighi, il formarsi di coalizioni che diano stabilita al Paese». Il leader del Pdci Cossutta con il segretario di Rifondazione Bertinotti: dalla paura alla gioia

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