L'Uck cottura un ufficiale serbo

L'Uck cottura un ufficiale serbo LA GUERRA INVISIBILE DELL'ESERCITO RIBELLE L'Uck cottura un ufficiale serbo Consegnato a Tirana, poi a Washington reportage Vincenzo lessandoti invaio a TIRANA IL soldato di cui Slobodan Milosevic non vorrebbe sentir parlare dicono che abbia il volto di un ragazzo, gli occhi spaventati e l'espressione sgomenta, perché anche se lo avevano preparato ad essere un duro, quando ti prende il nemico molte certezze finiscono in frantumi. Serbo, raccontano, sui vent'anni, tenente dei commandos. E' il primo prigioniero di parte serba in questa guerra. E lo avrebbero catturato quelli dell'Uck, l'esercito di liberazione del Kosovo. Quindi, la consegna agli americani, considerati il solo punto di riferimento, con buona pace degli altri dell'alleanza. Del prigioniero il generale Wesley Clark, comandante della Nato in Europa, ieri a Tirana, ha confermato che «è stato consegnato dal governo albanese agli Stati Uniti, ma io non ho facoltà di parlante». Al contrario, facoltà piena sui progetti di guerra: «Distruggeremo tutto ciò che per Milosevic ha un senso». In ogni modo, ha aggiunto, nessun legame né contatti con l'Uck: la fonna dev'essere rispettata, insomma, anche se la sostanza è sotto gli occhi di tutti, e la sostanza è che gli Stati Uniti danno molto di più della loro «personale simpatia» ai kosovari in armi, molti dei quali, certo non a caso, portano il bandana a stelle e strisce. Da quando si trova nelle mani dei marines, il tenente serbo, dicono, aspetta di conoscere la sua sorte in una cella presso il comando statunitense, in un edificio sbrecciato dell'aeroporto di Rinas, sorvegliato giorno e notte. E proprio di notte lui ha vissuto il momento peggiore della sua vita. In Kosovo, una settimana fa, a Nord di Tropoje, non lontano dal villaggio di Junik, fra due bracci del fiume Trava. Quelli dell'Uck erano penetrati in profondità, forse appoggiati da quegli uomini che di giorno sono invisibili, nascosti nelle grotte, nei boschi, nelle cantine delle case di villaggi già sfregiati. E' una guerra di scontri ravvicinati, questa che si combatte sui monti, di agguati, di inseguimenti, di sparatorie nel buio dove a guidarti spesso è soltanto la vampata che esce dalla canna dell'arma nemica. Nelle sue sortite l'Uck ha finora tentato di strap- pare l'iniziativa alle truppe di Belgrado, o quanto meno di insidiarne la sicurezza. E ora, dicono, è riuscito ad aprire un «corridoio» sopra Tropoje, un sentiero relativamente sicuro dal quale passano uomini e anni. Gli scontri non sono mai incruenti: e quando il cielo schiarisce, i kosovari rientrano con i loro morti e i loro feriti, perché lasciare di là qualcuno significa abbandonarlo alla ferocia del nemico. Anche ieri notte c'è stata battaglia, anzi, ci sono stati decine di scontri, appena oltre il confine, sopra Tropoje e sopra Kukes. E per l'intero giorno l'artiglieria serba ha cercato di saldare il conto, battendo ostinata villaggi e frazioni ormai deserti ma considerati base di appoggio per l'Uck. Qui a Tirana c'è chi sostiene che andrà avanti cosi per le prossime due settimane, al termine delle quali potrebbe anche essere decisa l'invasione. Ma questa, forse, è la speranza degli albanesi e dei kosovari. La preda, dicono ora qui, sarebbe stata catturata circa una settimana fa, in un'imboscata. Quelli dell'Uck lo hanno circondato, li al buio, fra alberi semibruciati e una casa diroccata. Lui li sentiva avvicinare, ne udiva le voci. «Prendetelo vivo!», ha ordinato qualcuno. E allora ha capito due cose: che non gli restava una sola possibilità di fuga e che non lo avrebbero ammazzato, se non li avesse costretti. Cosi ha deciso: ha abbassato la sua arma e alzato le mani. L'avrebbero tenuto per tre giorni nel campo di Papaj, a ridosso della frontiera. E devono essere state giornate di trattative intense, perché gli uomini dell'esercito di liberazione avrebbero voluto mostrar loro quel trofeo alle televisioni del mondo, come hanno fatto i serbi quando hanno catturato i tre soldati americani in Macedonia. Ma i patti sono patti, e l'esibizione non è stata ritenuta utile, così si è ripiegato sulla consegna, ufficialmente al governo di Tirana. Queste erano le condizioni perché appare prematuro ammettere contatti fra kosovari e Nato. Anche se proprio a Bajram Curri la delegazione dell'Alleanza sedeva al tavolo accanto a quello dei kosovari, all'albergo Ermal. Ad ogni buon conto, l'Uck si è accontentato di essere presente alla consegna del prigioniero agli americani con un paio di rappresentanti. E c'è anche un giallo, in questa storia. Per tutto il giorno, a Tirana, è circolata la voce che un altro sarebbe nelle mani dell'Uck, e non uno qualunque, ma un ex colonnello dell'Annata Rossa, uno che, nel Kosovo devastato, si sarebbe macchiato di crimini orribili. Ma quando chiedi conferma, dalle fonti ufficiali ottieni soltanto un secco «no comment». E' un tenente dei commandos di Milosevic: vent'anni e l'aria spaurita Gli americani sperano di poterlo scambiare con i tre marines prigionieri v> '-X'- M Una base che, secondo la polizia macedone, i guerriglieri albanesi dell'Uck avevano ricavato da un vecchio bunker, costruito in una miniera abbandonata vicino al villaggio di Lo|ane, al confine con il Kosovo. Gli agenti macedoni hanno arrestato sei persone e sequestrato quattro tonnellate e mezzo di armi e munizioni (foto api

Persone citate: Bajram Curri, Kukes, Milosevic, Slobodan Milosevic, Wesley Clark