felecom tratta con Deutsche Telekom di Roberto Ippolito

felecom tratta con Deutsche Telekom Bernabò punta a una gigantesca fusione con i tedeschi. Colaninno firma a Londra il maxiprestito felecom tratta con Deutsche Telekom E Palazzo Chigi chiama Bonn Roberto Ippolito ROMA Ecco l'unione telefonica. Nell'Europa della moneta unica, nasce un ambizioso progetto: la fusione della Telecom Italia con la Deutsche Telekom. Un'operazione, ideata dall'amministratore delegato Franco Bernabò, senza precedenti: se realizzata, la più grande concentrazione internazionale della storia, superiore a ExxonMobil, con la quale si formerebbe il secondo gruppo mondiale di telecomunicazioni, più piccolo solo della giapponese Ntt. Bernabò accarezza il progetto non solo per contrastare l'offerta pubblica di acquisto dell'Olivetti di Roberto Colaninno. Immagina di dar vita a un colosso bi-nazionalc protagonista nell'era delle comunicazioni. Con il progetto la fusione sarebbe totale: le due aziende non sarebbero alleate, ma una cosa sola unendo le rispettive reti (più avanzata quella fìssa della Deutsche Telekom, più sviluppata quella mobile italiana), Dopo le indiscrezioni del quotidiano britannico «Financial Times» e i prudenti «no commenti) delle duo società, sono arrivate inequivocabili conferme all'esistenza del progetto. Che ò un affare di Stato: il presidente del Consiglio Massimo D'Aleuta ne ha parlato al telefono con il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder. D'Alema si informa, consulta tutti i protagonisti (come fa da giorni), vuole conoscere ogni dettaglio: a Schroeder ha detto di voler esaminare la pratica fino in fondo. Il presidente del Consiglio è attento, ma appare perplesso: non gli sfuggono le complicazioni esistenti per l'operazione valutata da D'Alema come un'opportunità certamente, ma non facile da realizzare. I due governi sono interessati per la rilevanza strategica del settore. E perché lo Stato italiano conserva una piccola quota messa in vendita, pari al 3,4%, della Telecom Italia e quello tedesco detiene il 72% (destinato a scendere nei prossimi mesi al 66%) della Deutsche Telekom. II fatto che la Germania non ab¬ bia privatizzato rappresenta il problema centrale per la riuscita del progetto. Con una fusione pura e semplice, i tanti italiani con piccole quote e lo Stato tedesco con il suo grosso pacchetto vedrebbero calare le partecipazioni, ma la Germania avrebbe nettamente la maggioranza. Senza la privatizzazione della Deutsche Telekom la fusione significherebbe «cedere la Telecom allo Stato tedesco», osserva il ministro delle Finanze Vincenzo Visco, ieri a Dresda per una riunione dell'Ecofin (i ministri economici europei). La preoccupazione manifestata da Visco è la stessa di D'Alema che ovviamente respinge una «statizzazione» tedesca. Del resto Bernabò non punta a far acquistare il controllo della sua azienda alla Germania. Per evitarlo, la fusione si può realizzare creando una holding, una capogruppo nella quale far confluire le attività dei due gruppi. L'obiettivo è la pariteticità: nessuna supremazia né italiana né europea, All'esigenza di equilibrio fa riferimento anche Romano Prodi, presidente designato della Commissione europea e artefice della privatizzazione italiana da capo del governo: «Ogni fusione è possibile se avviene su un piano di parità» dice Prodi. Lo stesso Prodi accenna a un'altra questione: l'esistenza di un'alleanza fra Deutsche Telekom e France Télécom (con partecipazioni incrociate del 2%) che sommata alla fusione può essere contestata dalla Commissione europea che vigila sulla concorren¬ za. Insomma ci sono «notevoli problemi tecnici», dice Visco. Ma il progetto cammina. E' stato Visco che ha rivelato che giovedì sera Bernabò ha informato il ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi. E trapela che lunedì la questione sarà esaminata dal consiglio di amministrazione della Telecom. Il tempo a disposizione per prevenire o intralciare l'opa Olivetti è limitato. Ieri è stata ammessa la quotazione delle obbligazioni della Tecnost, la società attraverso la quale viene realizzata l'offerta di Colaninno, ricevuto dal sottosegretario alla presidenza Franco Bassanini e da Nicola Rossi, consigliere economico di D'Alema. Ed è stato firmato il contratto del maxiprestito necessario per l'operazione. A questo punto manca solo il via libera della Consob, l'organo che vigila sulla Borsa: l'opa scatterà entro aprile. Il progetto tedesco di Bernabò vede la luce mentre vengono alimentate, anche in ambienti governativi, le voci di tentativi per un «inciucio», un accordo fra Colaninno e gli attuali azionisti di Telecom Italia. Voci moltiplicatesi dopo l'incontro avuto ieri da D'Alema con il presidente onorario di Mediobanca Enrico Cuccia, mente della scalata alla Telecom. E qualcuno si spinge a immaginare iniziative per mettere tutti d'accordo: Telecom Italia, Deutsche Telekom e Olivetti. E' realistico tutto questo? Un collaboratore di Colaninno osserva: «Noi abbiamo vinto la nostra battaglia. Sarebbe un errore infilarci in una guerriglia giuridica. Meglio portare a casa il risultato e accettare il ramoscello di ulivo che ci offrono». Tanti interrogativi, non solo in Italia. Juergen Siewart, responsabile delle privatizzazioni del ministero delle Finanze, si limita a dire che non ci sono preclusioni verso gruppi stranieri. Alla Deutsche Telekom c'è cautela. Il presidente Ron Sommer dichiara l'obiettivo di espandersi con acquisizioni. E' noto l'interesse per l'inglese Cable & Wireless. Un legame con la Telecom Italia è incompatibile con la permanenza nella Wind (telefonini e rete fissa) appena partita in Italia con la collaborazione di Deutsche Telekom (24,5%), France Télécom (24,5) ed Enel (51). E l'Enel fa sapere che la conferma delle trattative sarebbe «una grave incrinatura» del rapporto di fiducia. Franco Bernabò accende la «bomba tedesca»

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