Maxi udienza per 500 allevatori
Maxi udienza per 500 allevatori Maxi udienza per 500 allevatori MILANO. Niente trattori stavolta, niente mucche, solo qualche cappellino, rare spille al bavero della giacca, una sola bandiera: è un esercito ordinato e un po' perplesso, quello che ieri mattina si è trasferito dagli allevamenti di tutta la Pianura Padana in un'aula bunker dell'estrema periferia milanese. Un arrivo alla spicciolata, quasi tutti in auto, con l'eccezione di un viaggio organizzato in autobus dagli allevatori di Parma. Un afflusso cominciato poco dopo le 9, quando le prime auto sono arrivate davanti all'aula, solitamente usata per i processi di mafia. «Processano noi, ma sanno che avevamo ragione - protesta un allevatore cremonese -. Questo è un processo politico, anzi è la dimostrazione della sconfitta della politica, dell'impotenza a trovare soluzioni». Si formano i primi capannelli, mentre un plotoncino di 20 carabinieri, responsabili dell'aula, organizza una fila per l'identificazione e l'ingresso nel bunker. Doppio controllo, al cancello di entrala e alla porta blindata dell'aula, sempre sotto la pioggia battente, poi tutti dentro, uno alla volta. Occorrono tre ore prima che si riempiano i banchi, poi le panche, poi anche gli stretti corridoi che costeggiano le gabbie con le sbarre bianche. «Ci volete mettere anche lì dentro?», esclama un allevatore bresciano, subito rassicuralo. Nessuno finisce dietro le sbarre, ma l'aula contiene a slento le 500 persone presenti. Per fortuna il Gip Renato Bricchetti sceglie di limitare la prima udienza solo alle questioni preliminari e alle 13 è tutto finito. L'uscita assomiglia alla fine del turno di una fabbrica, con gli imputati che sciamano verso i cancelli, e non sono pochi quelli che appaiono turbati dall'impatto con la vecchia aula di cemento armato. «Siamo qui per difendere i nostri diritti - mormora un allevatore dallo spiccato accento emiliano - ma se tornassi indietro non lo rifarei. Non è piacevole trovarsi qui da imputati». «Ne valeva la peno - grida invece un suo collega nei microfoni delle tv perché dobbiamo salvaguardare la nostra dignità di agricoltori, sempre più calpestata»
Persone citate: Renato Bricchetti
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