«Voto sì, nonostante certi referendari» di Guido Tiberga

«Voto sì, nonostante certi referendari» Domarti alle urne per cambiare la legge elettorale della Camera, con il dubbio del quorum «Voto sì, nonostante certi referendari» D'Alema: tra ipromotori alcuni beceri qualunquisti Guido Tiberga ROMA A poche ore dal giorno X, il rush finale dei referendari trova il conforto di un'esplicita dichiarazione di voto di Massimo D'Alema: .«Come cittadino italiano e militante dei Ds, penso sia giusto andare a votare sì e invitare tutti i cittadini a farlo», sorrìde il premier, in visita a una sezione diossina della periferia romana. Ma l'abbraccio ai referendari si ferma qui: «E' evidente continua D'Alema - che nel modo in cui il referendum è stato sostenuto, negli argomenti che sono stati portati, si è fatto qualcosa che ha prodotto un danno al referendum: in alcuni dei promotori c'è ima carica di qualunquismo becero, di strumentalismo. Questo è un Paese dove ogni tanto qualcuno fonda un partito contro i partiti, e parla male degli altri al solo scopo di rafforzare il proprio nuovo partito... E' uno sport molto discutibile: perché i partiti non si improvvisano, né si fanno sparire con i referendum. C'è chi li ha fatti sparire davvero, i partiti, ma con ben altri metodi...». Parole che pesano come macigni, in un giorno di propaganda referendaria in cui gli sforzi dei promotori sembrano essere tutti all'insegna della distinzione: del «noi siamo diversi» da chi vi chiede di restare a casa o di votare no, del «noi siamo il nuovo» che si contrappone al vecchio. Dove la parola «vecchio» finisce per coincidere con la parola «partito»: «Guardate da chi è composto il fronte del non voto - dice in mattinata Mario Segni, ospite di Marco Pannella ed Emma Bonino nella sode radicale tappezzata di Sì -. Sono gli autori dei ribaltoni come Bertinotti. Gli eredi della De e di Craxi: i De Mita, i De Michelis, i Mastella. Aiutati da Bossi, che anche nel '91 stava con loro, dalla stessa parte di citi invitava la gente ad andarsene al mare...».' E Gianfranco Fini, che in serata chiude all'hotel Ergife la campagna referendaria di An: «I più accaniti sostenitori del "non voto" sono Bossi e Mastella - attacca -. I teorici dei ribaltoni hanno capito che se vince il Sì sarà difficile mettere da parte la volontà popolare. A quale dei tanti partiti che oggi sostengono l'onorevole D'Alema è iscritto oggi l'onorevole Mastella? Credo che non lo sappia più neppure lui. E la Lega, che predica l'autonomia e poi appoggia Milosevic? Dietro quel partito non c'è nulla, se non il delirio di chi vuole prendere in giro i propri elettori». Lo stesso Di Pietro, forse il principale obiettivo dell'accusa di D'Alema, attacca i partiti alleati contrari al referendum, definendole «finti ulivi» o «para...ulivi». Con un mezzo sorriso che lascia sottindondere la «c» che manca al suo neologismo. Di contenuti, a 48 ore dal vota si parla pochissimo. ■ Forse per 'non esasperare le divisioni del fronte referendario: con i radicali che, in caso di vittoria, annunciano una «mobilitazione per la difesa» degli esiti del voto. Con Walter Veltroni e lo stesso D'Alema che insistono per un futuro all'insegna del doppio turno: «Chi dice che la legge elettorale sarà quella che esce dal referendum dove studiare - taglia corto il premier -. La legge verrà decisa dopo, il voto di domenica ha soltanto una funzione abrogativa. 11 processo verso le riforme si è arenato per la responsabilità di Berlusconi: il referendum può rimetterlo in cammino. Se vince il Sì, la riforma elettorale diventa necessaria, non più facoltativa. E io, da analista, dico che seJnon è necessaria non si fa...». Fini, che dall'Ergilè manda il suo messaggio contrario: «Domenica non si sceglie tra turno unico e doppio tumo - avverte il presidente di An -, ma se tornare al proporzionale o andare avanti sul maggioritario. Proporre il doppio turno di collegio è il tentativo palese della sinistra di far rientrare dalla finestra ciò che viene cacciato dalla porta. Il doppio turno è un abito tagliato su misura per far vincere le sinistre...». Litigi buoni por il futuro. Per il momento i referendari guardano on paura all'incubo del quorum. Al punto che Antonio Di Pietro, dopo l'appello a Berlusconi del giorno prima, «accetta» di farsi intervistare dal Foglio, il quotidiano di Giuliano Ferrara che da sempre, anche prima della corsa elettorale nel Mugello, non ha mai risparmiato gli attacchi all'ex pm. Chiamarlo segno di distensione è troppo, ma che si tratti di un messaggio agli elettori di Forza Italia è lo stesso Di Pietro a dirlo: «Lo nostre storie personali sono irrimediabilmente alternativo e non potranno mai riappacificarsi. C'è stata una ferita profonda, fatta anche di reciproca disistima. Ma ora tuttOJquosto de^p.qedore il passo: Berlusconi ed io rappresentiamo entrambi i cittadini die voglio-Al referendum possono votare tutti gli aventi diritto a eleggere la Camera dei Deputati, dunque tutti i maggiori di 18 anni Tracciando una X sul SI1 o sul NO stampati sulla scheda referendaria, di colore giallo (grande 39 cm per 22), interamente occupata da un lungo testo scritto: 49 righe, che riporta la legge in vigore che i proponenti intendono abrogare Urne aperte domani, domenica 18 aprile, dalle 7 alle 22 Subito dopo la chiusura delle urne. I risultati si avranno nella notte. Prime proiezioni Àbacus alle 22,45 su RaiUno. Il referendum è valido se partecipa la maggioranza degli aventi diritto (ossia il 50 per cento degli elettori più uno) e se si raggiunge la maggioranza dei voti validamente espressi. 50/ COSA SUCCEDE DOPO IL REFERENDUM SE VINCE E' abolita la quota del 25% IL • dei seggi attribuiti con voto ^J_u" I proporzionale: quei seggi I verranno assegnati ai più ^^^^ I votati tra i non eletti nei k j I collegi uninominali, il cui ™ numero non cambia. Molti ritengono però che dopo il referendum sia necessaria una nuova legge elettorale. Il 21 aprile la Commissione Affari Costituzionali del Senato ricomincia a esaminare il progetto Amato-Villone, che prevede il doppio turno in collegi uninominali per l'assegnazione della gran parte dei seggi (90%), più una quota residua (10%) per il «diritto di tribuna». SE VINCE rAO O NON CI SARA' IL QUORUM Resta la legge attuale, il cosiddetto «Mattarellum», che prevede i seggi distribuiti per il 75% con il maggioritario in collegi uninominali e per il 25 % con il proporzionale e il tradizionale voto di lista. troppo, ma che si tratti di un messaggio agli elettori di Forza Italia è lo stesso Di Pietro a dirlo: «Lo nostre storie personali sono irrimediabilmente alternativo e non potranno mai riappacificarsi. C'è stata una ferita profonda, fatta anche di reciproca disistima. Ma ora tuttOJquosto de^p.qedore il passo: Berlusconi ed io rappresentiamo entrambi i cittadini die voglio- no lo riforme. Siamo duo persone che, pur non avendo più niente da direi, hanno la stessa cosa da diro agli elettori. Sarebbe assurdo non farlo solo per toglierci la soddisfazione di farci un dispetto tra di noi». A Roma piove, e questo strappa un sorriso a molti. «L'invito ad andare al mare politicamente strido con l'impegno civile - dice Marco Pollini, dei Ccd (gli unici ex domocristiani ad essorsi schierati por il Sì) - meteorologicamente strido con le previsioni dell'Aeronautica...», Alla pioggia guardano con speranza anche Romano Prodi ed Emma Bonino: «Non lasciatovi scippare il privilegio del voto referendario - dice la commissaria europea -. Andati? a votare, magari por tigna...». 1. ABITI 'Unsi per non tornare indietro di dieci anni e per completare la transizione del Paese: con il sì si eviteranno trasformismi e ribaltoni' 2. PRODI *Se si raggiunge il 50% sarà un successo. Vuol dire che gli elettori hanno coscienza del fatto che il referendum porterà stabilità perfarla finita con i ribaltoni» 3. CANNI «// sì sarà una grande spinta al bipolarismo e al maggioritario e, nello stesso tempo, un grande antidoto contro i ribaltoni e i trasformismi' 4. VELTRONI *Se vince il No o se non ci sarà il quorum vincerà la spinta proporzionalista, che a tné preoccupa e rischia di affermarsi, una spinta che viene da Berlusconi, da Bossi, da Bertinotti, e tanti altri' 5. TARADASH «A'on votare non è un delitto ma in questo cato è certamente un suicidio. Q)i non va a t otatv firma una cambiale in bianco per il sistema dei partiti in vista dei prossimi rìlxiltoni. dei prosami inciuci, della prossima eiezione del Presidente della Repubblica' 6. DI PIETRO •Bisogna twtarcsì se vogliamo liberarci davvero di persone che non dicono come stanno le cose, nemmeno co?»c hanno votato per farresto di Delfi 'tri e clx non vogliono fare le riforme più importanti per il lìiex- .,.„„... -„,.,i,„7. SEONI 'Non fatevi ingannare da chi dice di non andare a tx>taiv Sono gli eredi di Craxi e della De. gli stessi che poi vi chiederanno il volo il l,ì giugno. Voglio vedere con che f iccia lo faranno: 8. FINI •Se Mastella, Bossi e Bertinotti dicono di non andare a votare o di votare A'o, allora questo è un buon motivo per andare e volare Sì: momento i referendari guardano con paura all'incubo del quorum. Al punto che Antonio Di Pietro, dopo l'appello a Berlusconi del giorno prima, «accetta» di farsi intervistare dal Foglio, il quotidiano di Giuliano Ferrara che da sempre, anche prima della corsa elettorale nel Mugello, non ha mai risparmiato gli attacchi all'ex pm. Chiamarlo segno di distensione è

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