CINQUE DOMANDE SULL'ECONOMIA

CINQUE DOMANDE SULL'ECONOMIA ALLARME RECESSIONE CINQUE DOMANDE SULL'ECONOMIA Mario Deaglio Ci sarà davvero la crescita zero dell'economia? «Se le cose dovessero andare avanti così, finiremo sotto zero. L'espansione, si sta affievolendo al di là delle previsioni e siamo chiaramente in zona rìschio. Le difficolta appaiono particolarmente acute in due settori, il tessile-abbigliamento e i macchinari e impianti. Il primo sconta la caduta produttiva del resto d'Europa, il secondo le perplessità degli imprenditori e, nelle ultime settimane, l'incertezza introdotta dalla situazione jugoslava».. Perché andiamo peggio dei nostri partner europei? «Sono ormai quasi dieci anni che l'Italia si muove "a tre cilindri": la crescita italiana equivale alla metà di quella del resto dell'Unione Europea. Le cause sono arcinote: da un lato, il peso delle pensioni e del deficit pubblico si riflette sulla struttura dei salari e, per ogni lira in busta paga, l'imprenditore ne deve pagare un'altra; dall'altro, il rientro dal deficit pubblico significa che, di fatto, lo Stato quasi non ha una lira da spendere per rilanciare l'economia e gli investimenti pubblici sono ormai pressoché inesistenti. Con l'introduzione dell'euro, poi, non si può più far leva sulla svalutazione della lira che permetteva di stimolare le esportazioni e offriva una via d'uscita facile alle difficoltà interne». Perché gli Stati Uniti sono ancora in «boom» dopo otto anni di espansione? «Perché hanno compiuto una rivoluzione produttiva che in Europa è appena abbozzata e, INTERVISTA A CALLIERI «Se il governo non accelera precipitiamo» Armando Zeni A PAGINA 17 siccome comporta una violenta liberalizzazione, ampiamente osteggiata. L'introduzione dell'elettronica in tutte le attività fa di quella americana un'economia nuova, con una forte crescita di produttività. L'elettronica, Internet, l'informazione si sono sostituiti all'edilizia come tradizionale "motore" dell'espansione. Oltre un terzo di tutta la crescita degli Stati Uniti proviene da settori che quasi non esistevano dieci anni fa e che in Europa (e in Italia in particolare) quasi non esistono oggi». Quali effetti avrà la guerra in Jugoslavia sull'economia italiana? «La guerra fa aumentare di circa 50-100 miliardi al giorno la spesa dello Stato. Ogni giorno che passa porta una maggiore difficoltà per l'Italia a rimanere dentro i rigorosi parametri del "patto di stabilità". Germania e Francia, però, non sono in condizioni migliori e i tre Paesi potrebbero richiedere che le spese belliche non vengano incluse nel calcolo dei parametri, il che darebbe un po' di ossigeno all'economia. I maggiori timori riguardano il turismo. Se la situazione jugoslava non si risolve nel giro di un mese, il più grande bacino turistico italiano, e cioè la Riviera Adriatica, andrà in crisi». C'è una ricetta-choc per uscire da-questa situazione? «Non ci sono ricette miracolose per nessuno e le difficoltà del breve termine vanno affrontate giorno per giorno; qui la cosa migliore sarebbe forse di riuscire a rendere più rapide certe decisioni (progetto Mose a Venezia, alta velocità). Un quadro di più lungo respiro è quello che ha dipinto il governatore della Banca d'Italia. In estrema sintesi: più flessibilità del lavoro e delle regole del mercato, meno spesa complessiva per le pensioni (soprattutto per i pensionati futuri) e più risorse dedicate a investimenti e infrastrutture. Ma è una ricetta scomodissima e gli italia ni per ora non ne vogliono sen tir parlare».

Persone citate: Mario Deaglio, Zeni