CONTI: L'INCANTO DI UN DELIRIO PADANO di Lorenzo Mondo

CONTI: L'INCANTO DI UN DELIRIO PADANO CONTI: L'INCANTO DI UN DELIRIO PADANO I CIELI DI VETRO Guido Conti Guarirla pp 184 L 25 000 1 (àlido Conti erano piaciuti, l'anno passato, i racconti intitolati II cocco drillo sull'altare, in cui l'aderenza ai nobili, alle persone, all'aria di certa Emilia padana, proprio per essere cosi stretta e avvolgente, toccava punte di allucinazione visionaria. Adesso ci arriva, a ridosso, a non lasciarci scappare quell'impressione, un corposo romanzo, l cieli di vetro. (aedo, da alcuni indizi, che venga prima dei racconti organizzati in raccolta, che appartenga, almeno nell'ideazione o prima stesura, agli anni più e.iovnni di Conti. Me lo fa pensare, ad esempio, la volontà di dire tutto, di salvaguardare ogni festuca di quel mondo agreste. L'ossessione ripetitiva e cumulativa e sicuramente un portalo stilistico ma esprime anche, in qualche non necessaria ridondanza, il senso di un incantato riconoscimento, di una identificazione, che non vorrebbe lasciare residui a un possibile strappo, a un eventuale congedo. h ihi minuta come un passero, che da d h l gLa storia, che richiama alla niente, in altro contesto ambientale e linguistico, l'espressività e la crudeltà di un Tozzi, è di una tragicità assoluta. Ulisse, protagonista di una nascita gargantuesca, è alto due metri, può ammazzare un maiale con un pugno o spaccare un bicchiere stringendolo in una mano. Si direbbe naturalmente protetto dalla sua forza in cui tuttavia non c'è ombra di brutalità. La sua potenza fisica si accompagna infatti a una grande remissività e bontà. Lavora al mulino, trasporta lutto il giorno sacchi di farina per sopperire alle magre risorse della campagna. Socievole nel gioco e nelle bevute con gli amici, è il sostegno della famiglia, che ci viene presentata, nonostante la povertà, in un quadro luminoso e incorrotto. Ama il vecchio zio, la madre sfiancata dai troppi figli e dalla fatica, i cinque fratellini che si appendono a grappoli alle sue spalle. Ha un rapporto privilegiato con la sorella, minuta come un passero, che da (piando è nata non ha emesso parola. Sembrerebbero, Ulisse e Maria, incarnare una divaricazione estrema e insieme una mutua compensazione tra salute e malattia. Ma uno dei motivi più insistiti e poetici del romanzo è invece la loro sostanziale, muta affinità. La vita di Ulisse cambia radicalmente quando incontra Caterina, la ragazza di città che passa le vacanze in una cascina vicina. Ne nasce una passione rovente, acuita dalla diversità della donna, che lascia trasparire, davanti all'impaccio e quasi all'afasia di Ulisse, una gentilezza preziosa, una finezza riflessiva, cenni di enigmatica, inusitata libertà. Il fienile diventa per Ulisse un letto di delizie e di spini. Fuori infuria l'estate che prosciuga i torrenti e spacca la terra, riduce allo stremo uomini e bestie. Conti ha il dono di una lingua densa e scolpita, chiazzata di colori, capace di esprimere la vitalità della natura, l'oscuro affanni), la consonanza con gli uomini, il metamorfismo. U sole può rompersi come «un rosso d'uovo che cola nel cielo»,la vasta pianura ha «gli occhi grandi nell'attesa della pioggia», la ghiaia sull'argille - uno dei temi ricorrenti clic sottolinea la mobile irrequietezza dei personaggi - «friggeva dolorosa sotto le moli: della bicicletta». Ulisse avverte un disegno inesplicabile nel suo incontro con Caterina, nello spossessamento di cui è beneficiario e vittima. E la stessa inappartenenza grava sulla sua famiglia e sulla campagna violentata e riarsa. La presa del romanzo sta, oltreché nel linguaggio, nel senso di stupefatta attesa, nel precipitare di una storia che monta ila lontano come mi temporale. E più che temporale sarà bufera, prima della pioggia invocata arriverà un vento assassino, cadrà la grandine come una fredda grugnuola di sassi. Nel delirio di quell'estate si consumerà anche, in fuoco e in gelo, in luce livida di tragedia, l'amore di Ulisse. Rimasto solo, il gigante buono scatenerà contro gli uomini, le bestie, se stesso la sua disperazione, l'inutile forza. Ben lo sapeva la sorellina Maria, lo temeva l'amico Emesto: lui che è refrattario alla gioia, inetto al gioco e al lavoro, avvezzo ad affrontare la vita a piedi nudi. Più forte di Ulisse perché consapevole della comune fragilità, senza illusioni. Non una datala storia rusticana, questo / cieli di vetro, una nostalgica reviviscenza, un residuo veristico, ma una parabola aspra e vivida, una riflessione impietosa, attonita, sull'umano destino. Lorenzo Mondo I CIELI DI VETRO Guido Conti Guarirla pp 184 L 25 000

Persone citate: Guido Conti

Luoghi citati: Emilia