L'UOMO GLOBALIZZATO: LEI NON SA CHI SONO IO

L'UOMO GLOBALIZZATO: LEI NON SA CHI SONO IO L'UOMO GLOBALIZZATO: LEI NON SA CHI SONO IO La carla d'identità da Tota alle guerre etniche EI non sa chi sono io.,.»: chissà se quest'espressione, che fa dello svelamento della propria identità l'amia da brandire impudicamente e velleitariamente per spiazzare antagonisti e superare qualsivoglia barriera, vieni; prima o dopo l'imporsi dei documenti che certificano l'identità personale di ogni cittadino. Attorno al tema dell'identità - non solo quella individuale ma anche le identità collettive, le identità etniche - si sofferma con la consueta intelligenza Marco d'Eramo nel suo recente libro Lo sciamano in elicottero. Il volume nella prima parte è costituito dal susseguirsi di brevissime schegge, che rifrangono ed illuminano - secondo un diverso, assai poco scontato sguardo - alcuni degli aspetti più contraddittori della globalizzazione. Nella seconda parte D'Eramo tesse una densa e lucidissima rete di interpretazioni, ripescaggi di memorie, saettanti proiezioni di queste stesse realtà e il libro finisce dunque col proporsi come un vero e proprio breviario per transitare attraverso la modernità planetaria: conservando qualcosa della capacità di comparare epoche, di accostare abitudini in rapidissima evoluzione, di intuire nuove e segrete geografie del vivere collettivo. P quanto ci b volume nella prima parte è costituito che rifrangono ed illuminano - secosguardo - alcuni degli aspetti più contseconda parte D'Eramo tesse una denni, ripescaggi di memorie, saettanti libro finisce dunque col proporsi cotransitare attraverso la modernità plcapacità di comparare epoche, di evoluzione, di intuire nuove e segrete «Per quanto ci possa sembrare strano - scrive D'Eramo - prima dell'ultimo secolo, mai nella storia gli umani hanno avuto bisogno di un documento per comprovare la propria identità... Perfino nella burocratica Italia, ci si accorge che solo nel 1901 è stato richiesto il passaporto a chi voleva emigrare olire Oceano (quindi non serviva a chi emigrava nel Vecchio Continente) e solo nel 1919 è diventato indispensabile anche per l'Europa». Prima della «grande guerra» chi aveva la possibilità di viaggiare in condizioni dignitose, non pressato dalla miseria e dal bisogno di sopravvivere adattandosi a qualsiasi lavoro, non doveva averi; accanto a sé l'ombra fastidiosa di un'identità asseverata da documenti rilasciati da qualche autorità nazionale. Né appunto doveva servirsi di passaporti per varcare frontiere. Stefan Zweig, ne II mondo di ieri, nostalgico percorso attraverso gli anni che precedono il conflitto acceso dalle rivoltellate di Sarajevo, narra dei suoi viaggi e del suo zigzagare attraverso Stati e Paesi. Dopo lunghi viaggi chi; dalla natia Vienna lo hanno portato in tutta Europa attraversa l'Atlantico: giunge negli Stati Uniti e, anche li, dice: «Nessuno m'interrogò sulla min nazionalità, la mia religione, la mia provenienza ed io - inconcepibile in questi tempi di impronte digitali, di visti e di permessi di polizia - ero partito senza passaporto». Altri tempi, naturalmente, e non solo porgli Stati Uniti ma anche per la vecchia Europa che si stava apprestando a fare del controllo dell'identità personale uno dei principali puntelli dell'autorità esercitata dallo Stato. Su questo tema Marco d'Eramo fa bene a rammentare come vi siano «Paesi», come Stali Uniti e Gran Bretagna, in cui la carla d'identità non esiste e in cui come «documento d'identità» ha avuto valore la tessera della mutua, della Social Securit.y. Solo negli anni più recenti il vero documento d'identità è diventato la patente di guida, che contiene una loto...». Per quanto riguarda l'Italia, poi, la carta d'identità «nel 1926 il regime fascista l'ha resa obbligatoria per tutte le persone sospette e pericolose. E solo con il testo unico di pubblica sicurezza del 1931 Incarta d'identità ò stata estesa a tutti i cittadini italiani. Ha meno di settantanni - conclude dunque D'Eramo - quest'istituzione che ci sembra cosi ovvia». Per approfondire il contesto storico, politico e giuridico che partorisce la carta d'identità, quale noi l'abbiamo conosciuta per decenni, oltre a fare riferimento all'ampia ricostruzione di Alberto Acquarono .sull'organizzazione dello Stato totalitario voluto da Mussolini, e dall'ampia maggioranza che lo aveva sonetto, ò assai utile il saggio di Davide Petrini sul sistema di prevenzione personale pubblicato nel volume che la «Storia d'Italia» Einaudi dedica alla Criminalità. Scri- ve in particolare Petrini che «con l'avvento del fascismo, l'intero sistema preventivo personale viene ad assumere un ruolo nuovo, di assoluta centralità all'interno dell'ordinamento giuridico, in virtù della necessità, tipica di ogni regime non l'ondato sul consenso, di attrezzarsi con strumenti di incapacitazione degli avversari politici e, più in generale, di ogni forma di dissenso sociale... Con l'entrata in vigore del testo unico di pubblica sicurezza del 1926 e con il successivo testo unico del 1931 - scrive Petrini - si chiarisce la strategia di fondo del regime: estendere in via ordinaria le misure di prevenzione personali anche alla pericolosità politica» e «amministrativizzare la loro applicazione». Molte delle norme emesse nel 1926 e che affrontano la questione dell'identità personale sopravvivono por decenni. Chi avessi; voglia di affrontare l'impervia lettura del «.Man naie per l'istruzione del carabiniere» redatto dal Comando generale dell'Arma dei Carabinieri nel 1965 e rimasto in uso per numerosi anni troverebbe, in ernesto disordinato zibaldone, dove alla Costituzione repubblicana vengono dedicate poche e distratte paginette, puntuali riferimenti al tenia dell'accertamento dell'identità personale nonché sulle conseguenze derivanti dall'eventuale rifiuto da parte del cittadino di dare indicazioni esaurienti sulla stessa. Il manuale spiegava infatti agli allievi militi della Benemerita che tale infrazioni; é compiuta da chi, richiesto da pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, rifiuta non solo di dare il proprio nome, cognome, data e luogo di nascita, luogo di residenza ma anche altre succose informazioni che gli sono richieste. Ad esempio «su altre qualità personali (impiegato, professionista), sul proprio stato (celibe, coniugato), ecc.». Nonostante l'assoluta seriosità del testo (chissà ora su (ruali altri manuali si staranno fonnando le nostre forze dell'ordine) la mente corre subito all'irresistibile antologia - che attorno al «Chi è lei?» e al «Lei non sa chi sono io» - si potrebbe formare con irriverente curiosità. Spaziando dalle surreali battute che lo scrittore Jaroslav Hasek affida al buon soldato Svejk (al rovello dell'identità personale le masse si abituano infatti portando la divisa, durante la grande guerra) sino alle memorabili e infinite variazioni create dal genio di Totò attorno ad un tema che col passare del temilo si è fatto sempre più greve. Trasferendosi dalla dimensione individuale a quella collettiva e da qui a (niella etnica. Identità - imposta ai singoli prima attraverso cartacee costrizioni e quindi su asseriti legami di clan e di etnie - sino a fame un mortifero fardello che pesa sull'esistenza di ognuno e di tutti. Oreste del Buono Giorgio Boatti gboatti(fi>venus.it Fernandel eTotò Per quanto pòssa sembrare strano, prima dell ultimo secolo nessuno al mondo arerà bisogno di documenti per comprovare la propria esistenza: da noi l'obbligo renne nel s3l con Mussolini Marco d'Erasmo Lo sciamano in elicottero. Feltrinelli. 1999 Stefan Zweig Il Mondo di ieri Mondadori 1916 Alberto Acquarono L'organizzazione dello Stato totalitario Einaudi. 1965 Davide Petrini La criminalità Annali "Storta d'Italia» voi. 12. Einaudi 1997 J. Hasek Il buon soldato Sc'vcik Feltrinelli. 1961