Quando eravamo avvinti all'edera di Giorgio Calcagno

Quando eravamo avvinti all'edera 11 Paese diviso tra Don Camillo e Peppone sognava con le sue «rose» Giorgio Calcagno Ct) EKA la guerra di Corca; c'erano ancora, in tante nostre città, 1(." macerie dei bombardamenti; c'era l'analfabetismo che tagliava fuori dalla vita civile il venti per cento degli italiani. Ma c'era Nilla Pizzi. In libreria arrivavano libri che pochi leggevano chi saia mai quel Gadda? -, a teatro si davano spettacoli memorabili, che pochissimi andavano a vedere, sugli schermi del cinema passavano, nell'indifferenza del pubblico, i grandi film del neorealismo. Ma c'era Nilla Pizzi. Non c'era ancora la televisione, Mike Dongiomo era di là da venire, di Paola Bolognani si sarebbero avute notizie solo vari anni dopo. Li; famiglie italiane dovevano accontentarsi della radio, due soli canali, rete rossa e rete azzurra. Ma c'era Nilla Pizzi. Entrava prepotente nelle case, con la sua fonda voce emiliana, memore di avventure campestri, a portare la sola gioia consentita Quando eravamo avvinti all'edera nei nostri anni Cinquanta. «Son rose rosse e parlano d'amor», cantava, con una allusività che doveva solleticare l'immaginario, e ogni italiano sognava quei fiori appuntati sul petto di lei, generoso e ospitale, comi; suggerivano lesue immagini nelle copertine di Grand Hotel. La sua non era l'Italia di Kossellini e De Sica, meno che mai quella di Antonioni e Visconti. Era l'Italia semplificatrice di Coppi e Burlali, soprattutto quella elementare di Peppone e don Camillo, i due eroi della terra dove la ragazza Adionilla era nata e vissuta. Ma dove gli altri dividevano, lei univa. Bossi e neri, alla radio, votavano per un unico partito, la Nilla. «Vola colomba» cantava la ragazza di Sant'Agata Bolognese dai microfoni di Sanremo, e le note di quella povera canzoni! si propagavano per il paese, eccitavano al coro le comitive domenicali, diventavano un canto di osteria. Quando arrivò la televisione, e i dirigenti della radio si accorsero smarriti che il pubblico li slava abbandonando, si attaccarono ancora a lei, avvinti coinè l'edera. Ormai la guerra di Corea era finita, le macerie dei bombardamenti scomparse, perfino gli analfabeti si riducevano. Ma l'edera, «legata al tuo cuor», resisteva. l^a chiamarono, un sabato sera, a tener su «Ventiquattresima ora», la trasmissione di punta del Secondo Programma, die andava in onda, dal vivo, in uno studio di via Asiago. Il conduttore, Mario Riva, doveva dire a un suo collaboratore: «Vai a chiamare Nilla Pizzi». Ma prese una papera (casuale?, voluta?) e trasformò la «m» del verbo chiamare in «v». Era una parola che alla radio non si era sentita mai, l'uditorio scoppiò in una risata che corse tutta l'Italia. Terribile, proprio con lei, la voce del paese casalingo, attento a evitare ogni torma di trasgressione. Nilla Pizzi fìnse di non avere sentito. Venne, le labbra accese, pettoruta il necessario, e cantò, perla millesima volta, «l'edera». C'è rimasta lei, a ricordarci quel tempo; difendiamola, la parte della nostra storia.

Luoghi citati: Corea, Italia, Kossellini, Sanremo, Sant'agata Bolognese