I tre scenari dei falchi di Carlo Rossella

I tre scenari dei falchi NEL VIVAIO DEGLI STRATEGHI CHE GUIDANO I PRESIDENTI AMERICANI I tre scenari dei falchi La guerra potrebbe durare fino all'estate retroscena Carlo Rossella inviato a WASHINGTON LA Brookings Instilution, al numero 1775 di Massachussets Avenue a Washington, è oggi il più ascoltato (dal potere) think-thank politico e strategico degli Stati Uniti. Un allevamento di Segretari di Stato, Consiglieri per la Sicurezza Nazionale, ambasciatori, senatori, ministri della Difesa. Alla Brookings lavorano i maggiori esperti di strategia, di Balcani, di Nato, di Europa e di guerra. Il palazzo è imponente, marmo e vetrate di cristallo, anti proiettile. La lobby è ben controllata e le telecamere sono dovunque. Gli uffici sono eleganti ma molto sobrii. Uno stile quasi militare. Nell'aria un vago odore di caffè e un grande silenzio. Si studia, si pensa, si discute. La guerra in Kosovo sarà lunga, durerà almeno fino a mezza estate, dicono al Pentagono. E alla Brookings lutti i cervelli sono concentrati sulla Nato e sul Kosovo. Eccone tre, fra i più impegnati. Richard N.Haas è un signore alto, elegante, dirige le ricerche di pobtica estera. E' stato con George Bush alla Sicurezza nazionale durante la guerra del Golfo (dirigeva la sezione Medio Oriente) ed ha ricevuto una medaglia per i suoi meriti. Haas ha scritto un saggio: 77ic Reluctant Sheriff, lo sceriffo riluttante, sugli Stati Uniti dopo la guerra fredda. Un libro che tutti i diplomatici hanno letto e sottolineato. Ivo H.Daalder, è un quarantenne dai capelli già grigi, secco, aria arcigna, ex direttore degli Affari Europei al National Security Cotuicil con Clinton (anni '95 e '96), direttore del progetto di studi sulla Nato nel XXI secolo. Ha seguito per il governo americano tutto il dossier Bosnia. Michael E.O'Hanlon, giovanissimo fisico laureato a Princeton, dirige il programma di ricerca della Brookings sulla difesa, insegna alla Columbia University e alla scuola di preparazione per diplomatici di Georgetown. I tre sono falchi, ragionevoli. Ma falchi. Sono stati fra i primi a parlare e a scrivere, sulla Washington Post e sul iVeiv York Times, di impiego delle truppe di terra in Kosovo. Alla Brookings molti la pensano come loro compreso Paul Wolfovitz, principale consulente per la politica estera del futuro candidato repubblicano George W.Bush. «La decisione la deve prendere il presidente Clinton e in fretta», suggerisce Haass, «è lui che deve trascinare gli altri leaders della Nato. Il vertice del cinquantenario, che sarà senza alcun dubbio anche un vertice di guerra, deve discutere e prendere una posizione». Daalder è ancora più deciso. Aggiunge: «Abbiamo già dato troppo tempo al signor Milosevic. Il nostro primo fine era proteggere gli albanesi. Non ci siamo riusciti. La Nato ha perso il round. Ma ora deve vincere, a tutti i costi, per non perdere la faccia. E vincere significa far uscire le forze annate serbe dal Kosovo e far tornare i profughi sotto la protezione della Nato. Col successo l'alleanza dei diciannove potrà dire di avere davvero un molo nel mantenere la pace e la sicurezza in Europa. Ma per avere successo bisogna impiegare le truppe di terra». Occhi azzurri, capelli biondi, sguardo freddo, il giovane O'Han- lon ha nel suo computer tutti gli scenari dei possibili interventi via terra delle forze Nato. Per le teste d'uovo della Brookings le ipotesi sono tre. Primo: tuia rapida azione di una task force di 15 mila uomini Idue terzi americani) per costituire una zona di sicurezza per i profughi dentro il Kosovo. «In una settimana si può schierare una brigata di fanteria più i quattromila niarines che sono già nella zona», dice O.Hanlon E in tal caso le perdite previste nei combattimenti coi serbi sarebbero di una ventina di uomini. Secondo una invasione del solo Kosovo con almeno 150 mila uomini (due terzi americani). Anche in questo caso i calcoli ottimisti di O'Hanlon tendono a ridurre i morti a qualche decina. Terzo: una vera e propria invasioni.' della Jugoslavia con l'obiettivo di arrivare a Belgrado e liberarsi di Milosevic. Duecento mila uomini in tutto. Una tale, disgraziatissima scelta, costerebbe alla Nato centinaia di morti. Haass e Daalder sono favorevoli al blitz di carattere soprattutto umanitario in Kosovo. O'Hanlon opta invece per la seconda ipotesi. Tutti e tre concordano però sull'idea che ingenti forze di terra, poste alla frontiera Sud con la Macedonia e l'Albania e a quella Nord orientale con l'Ungheria costituirebbero una ulteriore pressione su Milosevic. «Servirebbero a metterlo ancora ili più nei guai», dice Haass, «l'importante è che la forza risulti capace e credibile». Per gli esperti della Brookings la Nato era partita con molte ambizioni ma con pochi mezzi e con una non sufficiente determinazione. Ora invece la forza aera appare adeguata anche se costosa ('1 miliardi di dollari per il bilancio Usa) «1 tempi si allungano», spiega O'Hanlon, «e il tempo e denaro». Nessuno pensa che Milosevic pnss.t cedere nel breve periodo. «Bisognerà sfiancarlo con i bombardanienti, ma poi, come è successo nel Colto, occorrerà invadere il Kosovo», annota O'Hanlon, spiegando le analogie fra la Serbia e l'Iraq «Se lasciamo i serbi sul terreno, non solo perfezioneranno la pulizia etnica, ma continueranno a stare in Kosovo. Abbiamo riconquistato il Kuwait solo quando abbiamo mandato le truppe». Nemmeno gli elicotteri Apache potranno servire a granché, pensano alla Brookings Dice O'Hanlon: «Sono stati concepiti per operare non ila soli ma come avanguardie delle truppe Se li usiamo al di fuori di questa logica rischiamo di perederno parecchi. In Somalia il generale Aidid ci diede molti fastidi, proprio perche sbagliammo l'impiego degli elicotteri». Gli strateghi di Massachussets Avenue non pensano solo alla guerra ma anche al dopo guerra Se non cadrà Milosevic. che fare con la Serbia? Risponde Haass «Se il personaggi resterà al potere dopo aver perso il Kosovo, bisognerà isolarlo con le sanzioni, condizionali' ogni aiuto internazionale per la ricostruzione alla line del suo regime, lavorare anche attraverso «operazioni coperte» per toglierlo tli mezzo. 1 serbi debbono sapere che con Milosevic continueranno a soffrire Debbono ribellarsi. E in fretta Gli conviene».