La Nato; quella strage è un nostro errore di Francesco Manacorda

La Nato; quella strage è un nostro errore La bomba sui profughi sganciata da 5 mila metri. «Continueremo a colpire, la causa è giusta» La Nato; quella strage è un nostro errore «Ma Milosevic sta piangendo lacrime di coccodrillo» Francesco Manacorda corrispondente da BRUXELLES «Un tragico Incidente)», lo chiama la Nato. E' il quarto - e il più spaventoso - dall'inizio dei bombardamenti in Serbia. Dopo venti quattr'ore di smentite e accuse ai serbi, alle due di ieri pomeriggio l'Alleanza atlantica si assume la responsabilità per la strage di civdi nei pressi di Djackovica. Un comunicato di poche righe spiega che «la Nato conferma, in base alle sue indagini preliminari, che sembra che uno dei suoi aerei abbia ieri sganciato una bomba per errore su un veicolo civile in un convoglio». I 75 morti, secondo fonti serbe, di Djackovica sono dunque stati causati con ogni probabilità da un errore dell'aviazione alleata e sono U più tragico di quei «danni collaterali» che - assicura l'Alleanza - si sta cercando di evitare in ogni modo. E' un colpo durissimo per i raid aerei «chirurgici» di cui si vanta la Nato, un colpo che rischia di incrinare d sostegno dell'opinione ptd)blica dei diciannove Paesi membri, un colpo alla credibilità degli Alleati che mercoledì notte avevano parlato di un attacco di elicotteri sorbi (il Pentagono) o di colpi dell'artiglierìa di Milosevic sui rifugiati (il mnistro della Difesa tedesco Rudolf Sharping). Un colpo a cui l'Alleanza reagisce dando spiegazioni - talvolta contraddittorie -, assicurando il suo «profondo dolore», ma soprattutto affermando che tutto continuerà come prima. «Un tragico incidente non può abbattere e non abbatterà la nostra convinzione che la nostra causa è giusta. Né indebolirà la nostra decisione a continuare le operazioni finché i nostri obiettivi principab non saranno raggiunti», dice il portavoce Jamie Shea. Che cosa ò successo ieri nel primo pomeriggio vicino a Djackovica? Sono circa le 15.30 in Italia quando un F16 che sorvola il Kosovo occidentale, dopo aver notato molte case in fiamme, individua quello che gli sembra un convoglio militare composto da tre grossi camion verde scuro. E' convèllo - sostiene nella dichiarazione registrata che la Nato fa sentire - di aver trovato i responsabili de¬ gli incendi e decide di colpirli. Effettua due giri stretti sopra i veicoli, poi sgancia una bomba radioguidata che finisce con infallibile precisione sull'obiettivo, «di pilota - racconta Shea - ha attaccato quello che credeva essere un convoglio di veicoli militari. Era convinto di avere l'obiettivo giusto». Non ò stato così, visto che «la bomba Nato ha distrutto il veicolo alla testa del convoglio, che adesso crediamo fosse un veicolo civile». Ma in ogni caso, aggiunge Shea, il pilota «ha lanciato la sua bomba in buona fede, come ci si aspetta che faccia un pilota addestrato e che appartiene a un Paese democratico della Nato». Ma come è possibile che quelli che sono parsi tre camion militari al pilota alleato si siano poi rivelati, nelle immagini trasmesse dalla tv serba, trattori con rimorchio carichi di civdi? Su questo la Nato non è assolutamente chiara. Shea e il generale Giuseppe Marani, il portavoce militare dell'Alleanza, spiegano solo che l'FlC volava a 15 mila piedi di altezza, circa 5000 metri, e che da quella distanza era convinto che il suo obiettivo fosse militare anche in base ai dati rilevati sul suo sistema di puntamento. «Le indagini continuano», spiegano al quartier generale di Bruxelles, anche se «sarà molto difficile capire che cosa è successo senza poter avere qualcuno sul campo», Superata la fase delle scuse, la Nato é però pronta a rovesciare su Milosevic la responsabilità indiretta di questo episodio, spiegando che la perdita di vite civili va messa nel conto della guerra non dichiarata contro il presidente serbo. Nelle prime ore del pomeriggio è già il ministro degli Esteri britannico, Robin Cook, ad attaccare la Serbia sulla questione del bombardamento sbagliato: «Come osano versare adesso lacrime di coccodrillo per gente uccisa in im conflitto di cui loro stessi sono responsabili?». E lo stesso messag- gio esce dal quartier generale Nato. «Vorrei l'are io due domande dice Shea -. Prima di tutto, che ci faceva un convoglio di rifugiati scortato da veicoli militari serbi ieri pomeriggio sulla strada da Prizen a Djackovica? Perché quelli; persone non erano a casa loro? Perche stavano andando verso la frontiera?», Scontata la risposta: «Perché erano stati cacciati dalli" loro case e stavano raggiungendo gli altri 580 mila albanesi del Kosovo già espulsi». «E poi - continua il portavoce - che ci faceva un pilota Nato a 15.000 piedi nel cielo del Kosovo ieri pomeriggio? Con altri mille piloti rischiava la vita come ogni giorno per consentire a questi 580.000 rifugiati di tomaie a casa». «Talvolta - conclude il portavoce - bisogna rischiare la vita di qualcuno per salvare la vita dt tutti» Ufficiali della polizia iugoslava tra i villaggi di Madanaj e Me)a controllano la strada ancora ostruita dai relitti e dalle povere cose che appartevano ai profughi del convoglio colpito dagli aerei Nato

Persone citate: Giuseppe Marani, Jamie Shea, Milosevic, Robin Cook, Rudolf Sharping

Luoghi citati: Bruxelles, Italia, Kosovo, Serbia