Quando il nemico dà ilprurito

Quando il nemico dà ilprurito taccueno pacifista Quando il nemico dà ilprurito Pierluigi Battista SCRIVE Erri De Luca su Av venire che si è psicologicamente e mentalmente immersi in una guerra solo quando si ha un nemico, ma «per averlo bisogna provare un duro sentimento di avversione fisica, un prurito alle mani al solo sentirlo nominare, un'asprezza nel sangue». Chissà se De Luca ha letto cosa ha dichiarato il super-interventista Franco Zeffirelli in un'intervista a Sette: «C'entra Satana. Milosevic è una creatura perfida, demoniaca». Non traspare in queste parole qualcosa che assomiglia a un «prurito alle mani» contro un nemico diabolico e mostrificato? Prurito alle mani che affiora incontrollabile e molesto anche in un commento apparso sul Diario a firma Zlatko Dizdarevic in cui si azzera con disinvolto fervore la verità storica sostenendo che Milosevic non ha nulla da spartire con il comunismo essendo preda di una «foiba pura, simde a quella di Hitler e di Mussolini», trattandosi di «un fascista che nella sua illimitata sete di potere» si è macchiato di abominevoli crimini. Nel turgore eticizzante che troppo spesso in Italia gonfia d'enfasi non la guerra in quanto tale, bensì lo pseudo-argomento «interventista» della guerra, si tende a smarrire con sconfortante facilità persino gli elementi fondamentali del calcolo politico razionale, del rapporto necessario tra cause ed effetti nell'ininterrotta catena delle conseguenze di un atto bellico. Un linguaggio dettato da una smania di sbrigatività che appare molto, troppo distante dalle riflessioni di intellettuali di orientamento liberal-democratico nati e cresciuti in Paesi europei oppressi dal comunismo e certamente non sospettabili di pregiudizi anti-Nato. Secondo Frangois Fcjtò, intervistato da Tempi, non solo «Milosevic è stato messo nella condizione di dettare i termini della pace alla più grande potenza militare del mondo», ma non è impossibile prevedere uno scenario desolante alla fine del conflitto: «Ci sarà una Serbia distrutta dalle bombe, mentre Milosevic sarà fuggito dai suoi amici russi e concluderà la sua esistenza senza comparire davanti al Tribunale internazionale per criminali di guerra davanti al quale avrebbe dovuto comparire già da molto tempo». E chissà se nel nome dell'intransigenza assoluta sui princìpi della «guerra giusta» non si finisca per invocare bombe «a fin di bene» anche su Mosca. Tzvetan Todorov si domanda poi su le Monde se «bombardare una parte della popolazione in nome dei diritti dell'altra non può contribuire alla loro futura coesistenza pacifica». Un onesto quesito che però non ha bisogno di «pruriti alle mani» per imporsi e addirittura pretendere di ottenere una risposta senza truci iper-semphficazioni. Effetti «collaterab» di quella che in Inghilterra hanno ironicamente ribattezzato «Idealpolitik».

Luoghi citati: Inghilterra, Italia, Mosca, Serbia