Giocando con il suo nome strano il «piccolo esule» racconta le avventure d'una vita eccentrica di Stefano Bartezzaghi

Giocando con il suo nome strano il «piccolo esule» racconta le avventure d'una vita eccentrica mu SIOBNO Giocando con il suo nome strano il «piccolo esule» racconta le avventure d'una vita eccentrica DUE sono le vie classiche al gioco di sovvertire l'ordine delle lettere nelle parole. Con l'anagramma possiamo cercare una definizione, come faceva il poeta ellenistico Licofrone. Un anagramma di Montale, per esempio, sarebbe lamento: che pare un'accusa ironica di vittimismo e lagna («Spesso il male di vivere ho incontrato...»). Questo è l'anagramma aforistico e alessandrino. Ma oltre a lamento, Montale può anche dar vita a Talmone, mal note, al monte... L'anagramma non fa più da specchio (magari deformante) ma si sfaccetta ed emana sciami di rifrazioni disordinate in ogni direzione. E' l'anagramma digressivo e cabalistico, che non cerca una definizione ma una quantità di possibilità linguistiche anche spericolate, come i mistici ebraici olle prese con gli n nomi di Dio o (esiste un cabalismo cristiano) quel settecentesco Giovan Battista Agnesi che trovò i mille e più ana- grammi di Ave, Maria, gratia piena: Dominus tecum. La sua opera fece gridare al miracolo perché Agnesi la fece a memoria, senza aiutarsi con la scrittura: era cieco. E' sicuramente un sollievo che oggi l'arte dell'anagramma si possa praticare a cuore tanto più leggero. Da quando l'anagramma è diventato niente più (e niente meno) che un gioco prevale l'aspetto aforistico: si anagramma nella speranza di trovare la definizione che fulrnina (Democrazia Cristiana = azienda camorristica) o l'alter ego che perturba (/lido Busi = Diabolus), e poi è finita lì perché - come si dice con un proverbio da genitori distratti o bidelli spazientiti - «un bel gioco dura poco». Il caso di Esulino Sella è diverso perché gioca, non dice di fare altro, ma il suo gioco non finisce mai: non finisce con la pubblicazione delle sue prime plaquettes, non finisce con la menzione nel Guinness dei primati come più accanito anagrammista del proprio nome, non finisce con questo libro che pure sembra un exploit difficilmente migliorabile. Sella, come racconta Giorgio Calcagno nell'introduzione, ha un passato di oppositore del regime fascista, di giornalista della carta stampata e della redio e di impegno politico e civile. E' probabile che il fatto di chiamarsi «Esulino» (l'autore è nato mentre i genitori scappavano alla Strafexpedition, la spedizione punitiva degli austriaci) abbia dato al¬ l'autore una certa inclinazione alla ricerca dei significati nel nome: uno dei massimi esperti in onomastica si chiama Emidio (con la D) De Felice. Nelle lettere del suo nome Sella ha cercato il modo di raccontare le sue vicende biografiche. Queste vicende infatti sono ricordate nelle didascalie ai 1918 anagrammi satirici, autoironici, narrativi e anche erotici, che - fino a ora - Esulino Sella ha tratto dalle dodici lettere del suo nome e del suo cognome. Il primo fu Ulisse Laelno, usato come pseudonimo per le prove poetiche giovanili; l'ultimo del libro è Alieno sull'ES (un piccolo uomo dell'altro mondo sulla testa di Esulino); il più bello è forse L'allusionese, che è il possibile nome del linguaggio da usare per capire questi anagrammi, aiutati dalle illustrazioni (abbondantissime) e le note di un libro veramente eccentrico. Stefano Bartezzaghi Il gioai dell'ilo Esulino Sella Il gioco del foco Edizioni Fògola pagine 240. lire 58 mila