Nell'officina di Luciano Canfora, storico antichista e comunista controcorrente: i segreti di uno Stakanov della produzione intellettuale di Maurizio Assalto

Nell'officina di Luciano Canfora, storico antichista e comunista controcorrente: i segreti di uno Stakanov della produzione intellettuale Nell'officina di Luciano Canfora, storico antichista e comunista controcorrente: i segreti di uno Stakanov della produzione intellettuale Maurizio Assalto inviato a BARI I 7~j gennaio II mistero Tucidide, k a febbraio La storiografìa f\ greca, a marzo Giulio Cesala re. Adelphi, Bruno Monda* *J dori, Laterza. Tre libri e tre diversi editori nei primi tre mesi dell'anno. E poi, a ritroso: a ottobre La biblioteca del Patriarca (Salerno), a giugno La lista di Andocide (Sellerio), a febbraio ancora Tucidide, direttamente in francese (edizione originale del testo uscito ora in italiano: tradotto, naturalmente da lui stesso). Sessantacinque volumi finora pubblicati, 700 titoli comprendendo i saggi usciti sulle riviste. E non ha che 57 anni. «Sì, confesso». E poi le collane editoriali di cui è curatore, la rivista «Quaderni di storia» che dirige dal '75, le collaborazioni giornalistiche... «Confesso, confesso». Allora perché non vuota il sacco? Quanti sono i «negri» che scrivono per lei? Luciano Canfora scuote la testa, sorride dietro le immutabili lenti rotonde, illuminate dal sole del tramonto che si insinua attraverso la vetrata del suo studio affacciato sul porto. Intellettuale battagliero e controcorrente, abituato a far discutere (ancora l'altro giorno, quando ha firmato una lettera di solidarietà con la Jugoslavia per il suo «grande contributo alla causa della pace nel mondo»), ma studioso serio e ferratissimo. Con la propensione a snidare i buchi neri della storia, passando - senza attenuazioni del rigore documentario - dall'antica Grecia a Roma a Bisanzio, dalla corte del Re Sole al secolo dei Lumi e alle vicende del comunismo. I suoi gialli filologici, anziché attorcigliarsi in tetre pagine tiranneggiate dalle note, si distendono con piana godibilità narrativa: una formula indovinata, tant'è vero che un paio degli ultimi lavori - l'agile volumetto su Tucidide, ma anche le oltre 500 pagine della monografia su Giulio Cesare - si sono affacciati nelle classifiche dei più venduti. E adesso che cosa ha in mente, non vorrà continuare con un libro al mese... «Veramente l'accumulo è stato in parte conseguenza di ritardi editoriali. Per il resto del '99 sarei felice di concludere un paio di progetti: una storia di gesuiti del '500, a partire da un manoscritto perduto dell'epoca, di Juan de Mariana, che ho ritrovato tra i microfilm della British Library; poi vorrei mettere in circolazione un libricino di Bonaparte sulle guerre di Cesare». Per carpire il segreto di una produttività che ha del prodigioso, per provare a penetrare nel «mistero Canfora» ci siamo introdotti nella sua tana. La reincarnazione intellettuale di Stakanov abita con la moglie, collega di università a Bari, in una biblioteca-archivio che la presenza di un letto, di un armadio e di ima cucina fa assomigliare vagamente a una casa. A sinistra dell'ingresso la duplice fila di scaffali è interrotta da una porta: una cartolina, affissa da qualche mano ironica, riproduce un cartello che recita «Zona sacra dell'eremo: silenzio, rispetto, decoro». Più avanti un'altra porta. Dietro c'è lui che con dedizione monacale studia, scrive, ritaglia. Professor Canfora, punta al Guinness? Che cosa la spinge a questa attività forsennata? Un sorriso divertito. La risposta disarmante: «Il lavoro di ricerca è un piacere, lo è nel suo contenuto e nell'attività intellettuale che comporta. Se fosse una galera, sarebbe meglio fare sport». All'Istituto Gramsci lo avevano soprannominato «lo spartano anoressico», e si capisce perché. Non ha la patente, ama la frugalità. Lavoro e ancora lavoro: come organizza le sue giornate? «Mi alzo presto, alle sette mi preparo e finisco i giornali del giorno prima. Alle nove sono in grado di cominciare. Chiudo a mezzanotte, mezzanotte e mezzo. Ma la giornata ò come un enorme sandwich in cui bisogna farcire di tutto. C'è l'impegno universitario, che non è enorme ma è regolare e va preparato. Quest'anno ho due corsi: oltre a filologia classica, storia della filologia. Poi ci sono le riunioni del Senato accademico. C'è il flusso postale legato alla rivista e alle ricerche, che porta via molto tempo. Per fortuna ci sono le vacanze, luglio agosto e settembre: quei tre mesi sono il mio polmone, la mia contraerea, il periodo più produttivo». Mai una pausa di riposo, mai un momento di sana noia? «Sarebbe un modo per farmi soffrire e non riposare affatto». Insomma un intellettuale in servizio permanente, che tutto intercetta, raccoglie, organizza. Eccolo il cuore del mistero, il sancta sancto rum del «sistema Canfora»: il mitico archivio del professore. Lungo un corridoio e nel ripostiglio è distri- buita la sezione politica: grandi raccoglitori con le scritte «Stalin», «La fine di Mussolini», «Nazismo, Nolte, Weimar», «Radio Londra», «Resistenza, Ossola, Salò». Ma il nucleo duro, quello filologico, è concentrato nella veranda a cui si accede dallo studio. Qui ribolle il magma pri¬ mordiale della produzione canforiana. Nei faldoni confluiscono appunti, fotocopie di libri, ritagli di riviste scientifiche, articoli di giornale, fonti antiche e commenti moderni, analisi che accumulandosi sotto forma di schede («la mia unità di misura, facilmente spostabile») e via via organizzandosi si trasformano prima o poi in un libro. Sulle etichette titoli generici come «Avvio al comporre», «Nozione di autografo». Dove c'è l'aggiunta «testo», come in calce a «Morte dei consoli» (Irzio e Pausa, caduti in battaglia nel 43 a.C, nelle convulsioni del dopo-Ce- sare), vuoi cure che il libro è praticamente fatto, già articolato in capitoli e paragrafi, pronto da stendere in bella copia e consegnali' all'editori'. Vinolente filoogico, e perciò accolto in questo settore dell'archivio, è anche il voluminoso dossier sui «Falsi», che ha il suo documento tipico nella famosa lettera di Grieco a Togliatti usata a sostegno della tesi secondo cui il Migliore avrebbe abbandonato Gramsci in mano ai fascisti, «tino dei tanti tentativi di demolire la figura di Togliatti», dire Canfora, marxista non pentito («tucidideo-lucreziano», antichizza lui), che ai molti impegni di studioso ag- giunge quello di attivo militante cossuttiano. «Ormai è un genere letterario, una litania comica lo contesto portando dati di fatto. La grande delusione e nella linea scelta dagli eredi del Pei. D'Alema che preferisce incassare sostenendo "tanto noi non siamo comunisti" mi ricorda quello sketch di Totò investito di insulti e ceffoni da uno sconosciuto che lo scambia per "Pasquale"; ma lui non reagisce, si scompiscia: "E che, so' Pasquale io?"». Divertente. Ma quanti interessi: c'è un principio unificante? «Me lo sono chiesto anch'io E sono giunto alla conclusione che. a rigore, se un denominatoli' comune esiste, è l'attenzione per il divario tra evento e racconto dell'evento Quello scarto è la propaganda, il vero elemento unificante di tutti i miei interessi. Il punto interrogativo che mi pel-seguita». E' la ricerca, da ottimismo della volontà, di una problematica obiettività storiografica? «E' una riflessione pessimistica sulla impossibile obiettività. Ma siamo obbligati a inseguirla, l'alternativa essendo il buio pesto. Del resto l'unica storia obiettiva sarebbe; come l'opera dei Cartografi dell'Impero, nel racconto di Borges: una tautologia, qualcosa che non serve a nulla» Lo sa che molti la criticano, le rimproverano un uso troppo disinvolto delle suggestioni storiche in chiavi; attualizzante. «Non so se sia una critica negativa, in uno dei suoi libri più belli, quello dedicato a Tacila. Ronald Svine ha spiegalo che negli Annali l'ampia trattazione riservata allo successione di Tiberio a Augusto allude alle vicende della successione di Adriano a Traiano: Tacito ha usato quella per parlare ili questa. Io stesso, in un saggio di qualche anno fa, ho sostenuto che l'analogia e la fonna a priori della conoscenza storica». Un corollario della sua concezione, prettamente tucididea, della storia come «magistra vitae». Ma questa maestra ha mai trovato buoni allievi? «Una volta ero convinto che l'accumulo di esperienza passasse di generazione in generazione; invecchiando mi sono reso conto che ligenerazioni tendono a ripetere gli stessi errori, anche a distanza molto ravvicinata. L'esperienza storica 6 lì, disponibile all'uso, ma e molto complicato fare in modo che venga usata E quand'anche accade... Stipulando il patto di non aggressione con Hitler, nel 1939, Stalin applico l'insegnamento del suo maestro Lenin che nel '18 aveva concluso con gli Imperi centrali la pace di BrestLitovsk. Risultato: due anni dopo. Stalin si è beccato l'aggressione. Gli è andata male E1 perfida la storia». «La storia è maestra ma pure perfida: a volte punisce anche chi segue i suoi insegnamenti» «D'Alema mi ricorda Tota: agli attacchi contro il vecchio pei ribatte: "E che, so ' Pasquale?' '» Luciano Canfora nello studio della sua casa-biblioteca a Bari: l'ultimo frutto della sua iperattrvità di ricerca è «Giulio Cesare. Il dittatore democratico» (Laterza)

Luoghi citati: Bari, Grecia, Jugoslavia, Ossola, Roma, Salerno