«Marta, omicidio senza movente» di Giovanni Bianconi

«Marta, omicidio senza movente» Marcia indietro sull'omicidio perfetto, le richieste di condanna anche per Liparota e il professor Romano «Marta, omicidio senza movente» Per Scottone e Ferravo ilpm chiederà non più di 20 anni Giovanni Bianconi ROMA A) momento della resa dei conti, dopo un anno di dibattimento, l'accusa cambia rotta: quello di Marta Russo - spiega - è stato un omicidio senza movente, commesso da Giovanni Scattone (con il concorso di Salvatore Forraro) senza premeditazione. Ma fu un omicidio ugualmente volontario: sparando dalla finestra dell'aula G di Filosofia del diritto i due assistenti sapevano di poter uccidere, e barino deliberatamente accettalo il rischio che ciò accadesse. Così, la mattina del 9 maggio, hanno colpito l'ignara studentessa di 22 anni, all'uscita da una lozione. Il pubblico ministero Carlo Lasperanza comincia la requisitoria e anticipa le conclusioni che saranno pronunciate oggi dal procuratore aggiunto Ormarmi: richiesta di condanna per i due imputati principali (la pena dovrebbe oscillare tra i 15 e i 2f) anni di carcere), ma anche per l'usciere Francesco Liparota e perii professor Bruno Romano, per il reato di favoreggiamento, Ma quando il pm prende la parola per la requisitoria - «sarà anche un'arriga, perdio siamo stati accusati di molte cose, e intendiamo difenderci» - quel che balza agli occhi è la marcia indietro sull'ipotesi del «delitto perfetto» ordito dai due assistenti. Quando pronunciò la relazione introduttiva, all'inizio del processo, Lasperanza disse: «Scattone e Ferrara decisero freddamente di provan; a loro stessi che era possibile uccidere senza essere scoperti, nel momento in cui nessun movente potesse collegare l'assassino alla vittima e non vi fosse più la possibilità di recuperare l'arma del delitto». Il movente;, insomma, poteva essere proprio l'assenza di un movente. Ora, tirando le conclusioni, il pm corregge il tiro: «Ci hanno criticato perché non abbiamo travato un movente da imputare a Scattone e Ferrara; in realtà non l'abbiamo trovato perché non c'era e non c'è. Si può uccidere una persona anche senza motivo. Ma se la mancanza di movente bastasse a sancire l'innocenza di un imputato, dovremmo conludere che per un omicidio come quello di Marta Russo non può essere incolpato nessuno, l'ero quella ragazza è stata uccisa da qualcuno, e tra i possibili colpevoli gli unici raggiunti da più fonti di prova sono proprio gli attuali imputati». Nelle quasi sei oro della sua requisitoria-arringa, Lasperanza si sofferma a lungo su tutto ciò che è stato fatto in alternativa e alla ricerca di prove che scagionassero Scattone e Ferrara: ((Abbiamo indagalo - spiega nel silenzio dell'aula-bunker - sulla ditta delle pulizie e su un impiegato dell'università che aveva addirittura dei precedenti per armi. Quali occasioni migliori per costruire a tavolino delle accuse a loro carico? Invece abbiamo corcato i riscontri e non li abbiamo trovati. Pure con Scattone e Ferrara siamo andati a verificare ogni particolare indicato dagli indagati, e non è colpa nostra se gli clementi che dovevano essere a loro discarico si sono dimostrati a carico». Il riferimento è soprattutto alla mancanza di alibi dei due assistenti, che per l'accusa sono invece alibi falsi che avvalorano l'ipotesi della colpevolezza. Una volta scoperti, allora si che «Scattone e Forraro hanno fatto ricorso alla loro cultura e ai loro studi di diritto sull'impossihilità della condanna per un reato senza movente e senza la presenza sul luogo del delito; per questo non potevano fare altro che negare di essere mai stati, quel giorno, nell'aula 6». Invece, dopo aver battuto tutte le altre piste possibili (dal delitto passionale, a quello politico e mafioso), e saltata fuori la particella di polvere da sparo sulla finestra dell'aula 6. E le testimonianze di ben cinque persone Maria Chiara Lipari, Gabriella Allotto, Giuliana Olzai, lo stesso Liparota e sua madre Rosangela Villella - che hanno visto Scattone e Ferrara in quella stanza: «Come si può pensare che testimoni così diversi per slatti-, e cultura abbiano deciso di mentire dicendo tutti la stessa cosa?». Le perizie che hanno messo in discussione il punto di partenza, per il pm sono «approssimative», «preconcette» e piene di ('deplorevoli dimenticanze». Quanto all'arma del delitto, «non è stata trovata come accade in moltissimi altri omicidi». Ma Lasperanza butta lì un'idea: visto che l'8 maggio '97, il giorno prima del delitto, Liparota s'è chiuso a chiave con altro due persone nella stanza del professor Carcatorra, nella quale c'è una cassaforte. «quale posto migliore di quello per occultare l'arma, ad insaputa dello stesso professore?». Solo oggi si saprà se la Procura chiederà la condanna per omicidio anche per Liparota, ma di certo la figura dell'usciere assume un ruolo chiave nella ricostruzione dell'accusa. Liparota ha prima accusato Scattone e Ferrara e poi ritrattato, dopo aver confessato anche alla madre che ha confermato tutto davanti al pm. lì sulla ritrattazione in aula Lasperanza dice: «Ha obbedito come un soldato all'invito a parlare rivoltogli da Ferrara. Da quel momento, quello che per lo difese era uno psicolabile ò diventato un bravo ragazzo». «Non è colpa nostra se gli elementi che dovevano essere a loro discarico si sono dimostrati a carico» Sopra Scattone e Ferrara in aula Domani il pm formulerà le richieste. A destra il papà di Marta Russo

Luoghi citati: Ferrara, Roma