Quirinale, tutto più difficile

Quirinale, tutto più difficile LE CONSEGUENZE DEL VOTO INTACCANO LE «ALLEANZE TRASVERSALI» Quirinale, tutto più difficile Salta l'asse Cavaliere-D'Mema-Marini retroscena Augusto Mlnzollni ROMA SILVIO Berlusconi dovrebbe essere contento, il Parlamento ha appena respinto la richiesta d'arresto contro Marcello Dell'Utri, e invece, sorprendendo tutti, il leader di Forza Italia esce dall'aula di Montecitorio scuro in volto, scortato dal fido Paolo Bonaiuti che, per evitare incidenti, prima di metterlo a contatto con la stampa lo fa sfogare in uno dei corridoi. Quando si parla dei paradossi della politica... Il CavaUere è infuriato con tutti. Pure con Dell'Utri: «Per il suo intervento ha confidato il leader di Forza Italia a Lucio Colletti - l'aula stava per dire sì all'arresto. Marcello non è una cima, non lo è proprio». Ma Berlusconi ce l'ha anche con quelli che gli avevano promesso ben più dei 22 voti di margine che hanno deciso la partita: quelb che dovevano darli perché li avevano promessi cioè i popolari e i diessini («non cambiano»); quelli che dovevano darli per dovere di alleanza, cioè gli uomini di Fini («i soliti scherzi»). «Certo che sono scontento - ammette il nostro senza peli sulla lingua -. A fronte di accuse ridicole il Parlamento non ha concesso l'arresto solo per una manciata di voti. E' un'aberrazione. Questo dimostra che c'è collusione tra giustizia e politica, che prima di fare le riforme bisogna riportare lo stato di diritto». Meraviglia anche quello che sulla carta dovrebbe essere lo sconfitto, Walter Veltroni. Ha perso, ma non se la prende. «L'arresto non è passato per poco e Berlusconi pone condizioni inaccettabili per le riforme, dice cose inaudite». Poco più in là qualcuno fa i conti. L'ex ministro Augusto Fantozzi guardando in direzione di Palazzo Chigi, cioè del domicilio pohtico di D'Alema, racconta: «Lì dentro molti hanno lavorato per aiutare Dell'Utri». Il capogruppo del Ppi, Antonello Soro, ammette invece i flussi e i riflussi che si sono verificati nel voto: «Ho le prove che molti diessini hanno votato a favore di Dell'Utri. Molti di An contro». Se quella di ieri doveva essere considerata una prova jn vista delle elezioni del nuovo Presi¬ dente della Repubblica, un'occasione per verificare se è praticabile un possibile accordo Berlusconi-Marini-D'Alema, ebbene, l'esito non è stato certo esaltante. Quando entreranno in ballo le candidature per il Colle - con le rispettive tifoserie - e ognuno andrà per proprio conto, quel margine ristretto sarà davvero insignificante. Emerge, insomma, l'immagine di un Parlamento difficilmente governabile. «Io non ho inai pensato che questa potesse essere una prova generale - osserva lo stesso Gianfranco Fini . Del resto qualcuno davvero credeva che Dell'Utri potesse finire in galera? Ma su! Eppoi tutti debbono accettare un dato di fatto: per il Quirinale non esistono né un king-maker, ué due, né tre. Per essere più chiari: D'Alema non garantisce tutti i voti diessini, come Berlusconi tutti quelli del Polo. Per cui la candidatura possibile è solo quella a cui concorrono più persone...». Un concetto che riecheggia sulla bocca di Veltroni. «Vorrei sbagliarmi - prevede - ma secondo me l'elezione del nuovo Presidente dimostrerà quanto e grave la crisi del sistema. Un Parlamento diviso in gruppi e sottogruppi rischia fatalmente di ritrovarsi in una situazione A sinistra Silvio Berlusconi In alto Marcello Dell'Utri di stallo. Qui bisogna partire dalla maggioranza di governo per arrivare all'opposizione: la maggioranza non può comunicare sic et simpliciter il proprio candidato all'opposizione; l'opposizione non può pretendere di scegliere il nome in una rosa. Bisogna trovare un modo ben sapendo che non ci sono né pregiudiziali, ne pregiudizi. C'è uno schema libero in cui conta soprattutto il profilo innovativo del possibile candidato al di là che sia popolare o non, cattolico o non, donna o non...». In altre parole, perfino la «trasversalità» in questo Parlamento garantisce poco. Gli stessi uomini di piazza del Gesù, fautori dell'alleanza Borlusconi-Marini-DAlema per mettere a riparo una candidatura del Ppi, hanno dei dubbi. Tanto più che Veltroni paventa contromisure: «C'è chi per salvare la propria identità potrebbe venir mono ad accordi di maggioranza sul Quirinale? Su una carica importante come questa, che dura sette anni, che ha poteri delicati, una scelta del genere sarebbe dirompente». Minacce a parte, le diverse alleanze «trasversali» per ora dimostrano di avere un «handicap» fondamentale: si ritrovano sulle formulo, ma non sulle candidature. Ad esempio, Murini gioca l'ipotesi dell'accordo con Berlusconi e D'Alema, ma non ha ancora un nome che contenti entrambi. Non vuole fare quello del presidente del Senato Nicola Mancino rilevando che «non ha ne i voti dei Ds, ne quelli della Lega che pure va coinvolta». Pensa alla Jervolino che, però, sa benissimo non suscita l'entusiasmo di Berlusconi: «Ma siamo malli! - si inalbera Colletti -, e un surrogato di Scalfaro, lauto vale allora fare Ili. Noi siamo per Mancino che già mi ha telefonato per ringraziarmi per aver fatto il suo nome, lì - per la cronaca - Berlusconi ha fatto il suo nome prima di me». E allora, togliendo Mancino (che non vuole D'Alema) e la Jervolino (che non piace a Berlusconi), si arguisce che Marini lavora per sé. Ma contro il suo nome è pronto a sparare Fini. Il presidente di An non lo tira in ballo apertamente, ma dice: «E' la prima volta che la corsa al Quirinale si svolge in piena campagna elettorale e nessuno può accettare di eleggere un candidato che può favorire un determinalo partito. Né può farlo una parte del Polo, perche l'altra gli rinfaccerebbe l'errore». Un ragionamento che tradotto in volgare recita pivi o meno così: Marini e il segretario di un partito della maggioranza, se Berlusconi appoggia una sua candidatura quelli di An sono pronti a criticarlo nei comizi. Anche le altre ipotetiche alleanze funzionano sulla carta ma non trovano l'intesa sul nome. Sia Veltroni sia Fini invocano, ad esempio, un candidato bipolarista, ma quest'espressione cosa significa, al dunque? «Circolano - si lamenta Fini sempre nomi da prima Repubblica. Addirittura hanno ritirato fuori la Ansebni!». Per cui a ben veder il voto di ieri alla Camera dimostra che perora la maggioranza del nuovo capo dello Stalo è tutta da costruire. Non c'è nessun candidato forte. Anche la Jervolino quando la additano al molo di favorita fa finta di non capire: «Ma di chi, se sono così vecchietta?». In questa situazione tutti i papabili tornano a sperare, lo stesso Scalfaro. «Se al mo mento delle elezioni ci sarà ancora la guerra - scommette Cossutta Scalfaro succederà a se stesso». E in fin dei conti, dato che le votazioni per il nuovo presidente cominceranno il 13 maggio, Santa Emma, un pensierino ce lo fa anebe la Bonino. A sinistra Silvio Berlusconi In alto Marcello Dell'Utri

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