Gli albanesi d'America vanno alla guerra di F. Sq.

Gli albanesi d'America vanno alla guerra L'Uck: in 50 mila, la metà degli emigrati in Germania, sono pronti a venire a combattere con noi Gli albanesi d'America vanno alla guerra IIprimo charter di volontari in partenza per Tirana WASHINGTON Alla diaposro albanese non basta più dare il proprio sostegno finanziario all'Uck, l'esercito di liberazione del Kosovo, e migliaia di emigrati o figli di emigrati in Europa occidentale e negli Stati Uniti, nomini di mezza età o ragazzi che a volte non hanno mai messo piede nella terra dei padri, rispondono al richiamo del sangue e si arruolano per partecipare alla guerra. Secondo il portavoce dell'Uck in Germania, Sabri Kicmari, «oltre la meta dei centomila uomini kosovari residenti in Germania hanno risposto all'appello e ci hanno telefonato per dire di essere pronti a partire». La cifra e probabilmente esagerata, ma e un latto che da alcuni giorni a Bari si imbarcano centinaia di giovani albanesi, provenienti soprattutto dalla Germania e dalla Svizzera e diretti al di là dell'Adriatico. «Ci sono quelli che si infilano in cinque in macchina e vanno in Albania, ma ci sono anche nostri addetti che organizzano viaggi di gruppo dice Kicmari -. Questa operazione è in corso da giorni e giorni, e non ha per destinazione solo l'Albania, ma anche la Bulgaria, la Macedonia e il Montenegro». Sono i Paesi che attorniano il Kosovo e da dove, evidentemente, l'Uck è in grado di far passare i volontari. Anche negli Stati Uniti, dove la comunità albanese conta mezzo milione di persone, è iniziato il reclutamento, e già questa settimana alcune centinaia di volontari si imbarcheranno su un volo charter diretto a Tirana, per unirsi alla guerriglia. Ma se dai Paesi europei arrivano quasi solo giovani e ragazzi, da New York, dal Connecticut e dal New Jersey arriveranno uomini di tutte le età: dal musulmano sessantenne con la papalina in testa al liceale del Bronx, trasformati in soldati dalle mimetiche appena comprate nei general storcs. In un parcheggio di Yonkers, un sobborgo di New York, i volontari hanno ascoltato ieri sull'attenti l'arringa di Joe Dioguardi, l'ex deputato che ha guidato la chiamata alle anni: «Gli albanesi sono pronti a morire per la libertà». Ma secondo Shiley Cloyes, dell'Albanian Ame- rican Civil League, «due o tremila volontari hanno già lasciato gli Stati Uniti». «Sono felice di partire, non mi importa se ci lascio la pelle. Voglio essere un uomo libero nel mio vero Paese», dice Sandri Mehaj, pizzaiolo del Bronx che negli Anni Ottanta è stato in carcere in Montenegro per attività politica a favore dell'indipendenza del Kosovo. Questi uomini sanno di andare alla guerra: una guerra crudele in cui le atrocità, alla fine, non si conteranno. Ieri l'agenzia jugoslava Tanjug ha riferito che 150 guerriglieri dell'Uck sono stati uccisi mentre tentavano di penetrare in Kosovo. Può essere solo propaganda, ma già arrivare alla meta, per i volontari, non sarà una passeggiata, [f. sq.]

Persone citate: Joe Dioguardi, Sabri Kicmari, Sandri Mehaj