Una falsa Maginot contro gli invasori di Maurizio Molinari

Una falsa Maginot contro gli invasori TACCUINO MILBTARE Una falsa Maginot contro gli invasori Maurizio Molinari LA guerra terrestre in Kosovo per i leader politici della Nato al momento resta solo un'ipotesi ma i comandi militari jugoslavi, forti dei rapporti di intelligence russi, si preparano a fronteggiarla. I generali fedeli al presidente Slobodan Milosevic approntano una guerra partigiana e intanto minacciano i Paesi vicini da dove potrebbe giungere l'attacco via terra. Trincee, campi minati, confini chiusi e schieramento ravvicinato di pezzi di artiglieria ben visibili lungo le frontiere di Albania e Macedonia vengono interpretati dagli analisti dell'Alleanza come la costruzione di una prima linea «falsa», destinala a resistere infliggendo il più alto numero di perdite al nemico ma poi a farsi travolgere dall'attacco per spingere le truppe Nato a penetrare in profondità all'interno del Kosovo, sin quasi alle poitc di Pristina. Solo a quel momento entrerebbe in azione la «difesa territoriale», ovvero le migliaia di combattenti delle forze paramilitari (come le «Tigri» del comandante Arkan) suddivisi in centinaia di micro-unità, alcune di soli 10-15 uomini. Si IratUi di groppi ben addestrali, fortemente motivati, con mezzi e rifornimenti celati in depositi sotterranei e sulle montagne. In grado di combattere ed essere autosufficienti per settimane. I piani prevedono azioni lampo, agguati e cecclùni. I villaggi albanesi sono stati distrutti anche per impedire alle truppe Nato di trovare sostegno nella popolazione. Milosevic è convinto che quando la Nato comincerà a «contare le bare» l'invasione fallirà e spera di ottenere sul campo, nella Piana del Kosovo, la vittoria che mancò ai serbi nel 1389 contro gli ottomani. Non è una strategia nuova, l'Armata di Tito l'aveva studiata per contrastare l'invasione da Est, ma i generali la ritengono ancora valida e il forte pa¬ triottismo che si respira a Belgrado rende credibile una lotta ah" ultimo uomo. «Annata Rossa non temere, ci sono i serbi dietro di te», si legge su uno degli striscioni appesi sui ponti di Belgrado. L'unico ostacolo alla «difesa territoriale» potrebbe essere l'Dck, assediato in 4-5 sacche di territorio ma armato con mezzi anticarro e kalaslinikov. L'impegno in questi ultimi giorni dei militari serbi più a tagliare le vie di rifornimento dell'Uck che non ad attaccare le sue roccaforti conferma il timore di Belgrado che gli indipendentisti kosovari possano ricevere forze fresche dai campi di rifugiati in Albania, aiuti militari dalla Nato e quindi diventare un pericoloso cavallo di Troia al momento dell'invasione. L'altra mossa di Milosevic sono gli avvertimenti fatti arrivare ai Paesi vicini dalle cui basi potrebbe partire l'attacco: bombardamenti in territorio albanese, minacce all'Ungheria di ritorsioni contro la minoranza magiara in Vqjvodina e cecchini lungo la frontiera con Skopje. Come quelli che hanno ucciso Blagoige Kipnnovski, 26enne guardia di frontiera e primo caduto macedone. Chiaro il messaggio: se attaccheranno il Kosovo nessuno potrà dormire tranquillo. Milosevic si è fatto vivo anche con la Bulgaria e la cosa è stata presa molto sul serio da Washington, che ha inviato in questi giorni a Sofia una missione militare.

Persone citate: Milosevic, Slobodan Milosevic