La Nato riapre la strada alla diplomazia di Francesco Manacorda

La Nato riapre la strada alla diplomazia Nessuna crepa nell'Alleanza, raid fino a che Milosevic non si piega. E si parla di protettorato La Nato riapre la strada alla diplomazia Vertice dei ministri: cerchiamo di coinvolgere Mosca Francesco Manacorda corrispondente da BRUXELLES Diplomazia per uscire dai vicolo cieco della guerra contro Milosevic e per trovare una soluzione stabile in Kosovo, magari attraverso un protettorato internazionale. Mentre le bombe della Nato continuano a parlare - «e proseguiranno fino a quando il presidente Milosevic risponderà alle esigenze della comunità internazionale)», dice il loro comunicato tinaie - i ministri degli Esteti dei diciannovi: Paesi Nato riuniti ieri a Bruxelles hanno dato una doverosa prova di unitii, ma hanno anche cercato di aprire la strade a una soluzione negoziata. Una strada che passa per un maggiore coinvolgimento della Russia sul piano diplomatico, per l'intervento dulie Nazioni Unite o di altre organizzazioni internazionali nella forza militare che dovrà assicurali: il ritorno dei profughi nel Kosovo e per un assetto futuro della provincia serba. Su quest'ultimo punto il ministro degli l'Istori francese Hubert Vachine dice che «si può pensare a forme ancora da definire di tutela esercitala dalla comunità internazionale)) o il segretario di Stato Usa Madclcinc Albright conferma che «si sta discutendo di qualche sorta di status di protezione internazionale» per il Kosovo, anche se «molte idee sono sul tavolo». Un no deciso viene invece dalla Albright all'idea di una spartizione del Kosovo: «E' un'opzione che io certo non vedo con favore». La posizione dell'Alleanza sull'offensiva in corso non cambia: il comunicato dei ministri ripete che solo Milosevic può fermare i raid aerei accettando le cinque condizioni poste dalla Nato. Anzi, le preoccupazioni per un estendersi del conflitto nei Balcani spingono i ministri Nato ad affermare che «reagiremo in caso di attentati da parte della Jugoslavia alla sicurezza» di Albania e Macedonia, che ogni azione con¬ tro il governo dei Montenegro «avrà gravi conseguenze» e che «riterremo Milosevic e il governo di Belgrado responsabili del benessere di tutti i civili che si trovano in Kosovo». «La Nato è unita. Abbiamo la giustizia e il diritto dalla nostra parte. Vinceremo», conclude enfatico il segretario generale dell'Alleanza Javier Solana. Ma nel comunicato ci sono anche due fatti nuovi: i ministri incassano l'appoggio del segretario generale dell'Orni Kofi Annan (che venerdì scorso aveva posto le stesse cinque condizioni della Nato a Milosevic) e, soprattutto, dicono con forza che «l'Alleanza ha in comune con la Russia la preoccupazione di arrivare a una soluzione politica della crisi del Kosovo e intende operare in maniera costruttiva con la Russia a questo fine». «Il ruolo della Russia è molto importante», conferma Solami, annunciando anche che «tra qualche giorno sarà possibile avere un incontro a livello di G8». Oggi del resto, la Albright incontra ad Oslo il suo omologo russo Igor Ivanov «per vedere come ridurre le divergenze», spiega. Mentre le due superpotenze si ritrovano faccia a faccia, Kofi Annan dedica la sua attenzione all'Europa. Domani pomeriggio, quando i capi di Stato e di governo dei Quindici si incontreranno per parlare di Kosovo, il segretario generale dell'Onu sarà con loro - invitato dalla presidenza tedesca - in un'inedito collegamento tra Nazioni Unite ed Europa. L'incontro con Annan potrebbe anche preludere a un coinvolgimento dell'Onu nella soluzione che l'Alleanza sta cercando. Per rendere più digeribile a Milosevic l'ingresso di truppe in Kosovo, la Nato sta studiando infatti come «diluire» la sua presenza nel contingente destinato al rimpatrio dei profughi, inserendovi non solo i russi, ma anche anche organizzazioni come l'Osce e riferendosi in qualche modo alle Nazioni Unite. Vedrine prospetta addirittura un mandato del Consiglio di sicurezza dell'Onu. Ma «la Nato deve essere il nucleo centrale» di qualsiasi forza in Kosovo, dice la Albright, anche se questo non esclude l'ingresso di altri partner. Sull'ipotesi di truppe di terra prima di aver raggiunto una tre¬ gua - scritta o ufficiosa - sembrano invece esserci ancora punti di vista diversi tra gli Alleati. Dini smentisce recisamente che si stia lavorando a questa ipotesi: «Non c'è nessuna intenzione o piano di inviare truppe di terra nella regione e nessuna necessità oggi di riconsiderare la posizione dei nostri Paesi sulla questione». Sulla stessa lunghezza d'onda anche il britannico Robin Cook: «Non abbiamo intenzione di mandare truppe di terra». Ma i ministri venuti dall'altra parte dell'Oceano ostentano meno certezze. Il canadese Lloyd Axworthy dice che quella delle truppe di terra «chiaramente è una delle questioni affrontate» e che sebbene non sia adesso di attualità resta un'opzione per la Nato. Il segretario di Stato Albright oggi incontra il russo Ivanov a Oslo Domani, a Bruxelles il segretario Onu cerca di rilanciare il ruolo dell'Organizzazione nella crisi «Aspetto un segnale positivo, ma il presidente serbo deve accettare le cinque condizioni» A sinistra, il segretario di Stato Madeleine Albright al vertice dei ministri Nato, ieri a Bruxelles Sotto, il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan