LAUGHTON, O BELL'AMBIGUITÀ'

LAUGHTON, O BELL'AMBIGUITÀ' ICONE LAUGHTON, O BELL'AMBIGUITÀ' Fascino d'un attore inquietante nella Hollywood dei moralismi OUANDO si parla delle grandi figure della storia del cinema capaci di raggiungere il successo senza mai smarrire la propria identità, non si può fare a meno di pensare a Charles Laughton, attore raffinato e uomo di cinema dalle mille sorprese. La sua carriera (descritta dalla moglie Elsa Lancaster - anche lei attrice, era la moglie di Frankenstein nel film omonimo - in un libro avvincente, intitolato «Charles Laughton And I») riserva continue sorprese ed è la miglior prova di uno spirito inquieto, di una ricerca che non si è mai esaurita. Il senso dell'omaggio che gli viene dedicato dal Gay&Lesbian Festival sta nella capacita mimetica di Laughton, nel suo sapersi immedesimare nei ruoli perversi conferendo ai suoi personaggi un'ambiguità sottile e inquietante Nel 1932, ad esempio, la sua interpretazione (era Nerone in «Il segno della croce», kolossal poinpier dello specialista Cecil B. DeMille) era molto spinta, visto che erano proprio gli anni nei quali Hollywood stava preparando un rigido codice di autocensura: l'imperatore romano e dedito a tutte le (orme di piacere, ne la una vera e propria religione, non conosce limiti morali per la propria azione. Ancora più anti- convenzionale è la sua unica regia, il cult movie «La morte corre sul fiume» incentrato sulla figura di un predicatore diabolico e assassino interpretato con rara maestria da Robert Mitchum. E' un film intenso, sorprendente, che andrebbe visto molte volte e sul quale è uscita da pochi mesi una bella monografia presso l'editore torinese Lindau: il binomio vita/morte, che Mitchum si e fatto tatuare sulle dita, racchiude in sé una vasta gamma di scelte possi- bili che il film esplora gettando lo sguardo nelle pieghe più recondite della psiche. In patria, l'attore inglese era tra i nomi più richiesti e ha lavorato con i registi più affermati, non limitando mai la sua partecipazione al solo lavoro di attore: ad esempio, il suo rapporto con il grande Alfred Hitcbcock per «La taverna della Giamaica», ultimo film inglese di Hitch, era molto più complesso anche perché Laughton era anche il produttore del film, ed aveva fortemente insistito perché il progetto andasse in porto. In precedenza, Laughton aveva vinto un premio Oscar grazie a un altro ruolo inquietante, il poligamo re inglese protagonista di «Le sei mogli di Enrico VIII»: nel film, diretto dallo specialista Alexander Korda, Laughton si esibisce in un vero e proprio saggio di adattamento per il cinema della tradizione recitativa elisabettiana, caricando di atteggiamenti sanguigni e di perversioni segrete un re che aveva fatto dell'eccesso la propria filosofia di vita. Sempre all'interno della personale torinese, ecco un altro film di capitale importanza e al tempo stesso di grande attualità. Si tratta di «La vecchia casa nera», classico horror hollywoodiano dei primi Anni Trenta, il periodo in cui il cinema americano creava il nuovo genere riempiendolo di atmosfere e di situazioni che arrivavano direttamente dall'espressionismo tedesco. «La vecchia casa nera» segna l'esordio a Hollywood sia per Laughton sia per un altro nome importante per il cinema d'epoca, e cioè Boris Karloff; e la sua attualità è garantita dal fatto che il regista era James Whale, interpretato superbamente da Ian McKellan in «Demoni e dei» attualmente in distribuzione. Negli Anni Trenta, Whale. era un regista richiestissimo perché autore degli horror di maggior successo; in seguito era stato messo da parte nel mondo del cinema, anche perché dichiaratamente omosessuale. Il fatto che abbia avuto una collaborazione con Charles Laughton per uno dei suoi film più belli è un'ulteriore conferma della duttilità di uno dei più glandi e inquieti nomi del cinema mondiale. [s. d. e] * • Luughtoii sul sci con I.illiati (lìslì DA SODOMA A HOLLYWOOD

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