torie

torie torie di fritta di Bruno Gamba rotta FUMNE s'intitola un libro curato da Paola Corti e Chiara Ottaviano che racconta storie di donne di Biella. Un libro singolare, nato sull'onda della reazione alla campagna elettorale di un candidato che, per contrapporsi alla sua diretta avversaria, ricorse ad un antico proverbio che dice Fumme sun gnisént, cioè «le donne non sono gente» vale a dire «non appartengono al genere umano». Il volume è diviso in sei parti ciascuna delle quali comprende più saggi di autori diversi, per la più parte donne e presenta un ricco corredo di straordinari ritratti femminili scelti dall'archivio di Clementina Corte di Pettinengo che fra la fine dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento fotografò le sue compaesane, spesso nel cortile di casa, davanti a fondali improvvisati. Vorrei soffermarmi in particolare su un saggio che tratta il tema de «La donna nei proverbi biellesi»; ne è autrice Mariella Pautasso che è stata a suo tempo allieva del grande dialettologo Corrado Grassi e ha lavorato per questo saggio su due ricchissime raccolte di proverbi di Alfonso Sella. E' una lettera che farebbe la gioia di un misogino e documenta la costante, secolare e feroce differenza verso la donna, percepita come essere alieno, da esorcizzare e di cui diffidare sempre e comunque. Come minimo «è meglio avere in casa una nidiata di topi che una donna»: a l'è mèi avèi na gnà 'ci rati che vèi na fumma par cà. Non sono forse i proverbi la saggezza dei popoli? Se i secoli hanno tramandato fino a noi questa perla, vuol dire che molti uomini si sono trovati bene a convivere con una nidiata di topi; è stata questione di stabilire delle regole, di dividere gli spazzi della casa, ma poi, vuoi mettere?, nessuno che ti interrompa mentre parli, nessuno che contraddica le tue affermazioni. Bisogna dare ascolto ai nostri vecchi che si raccomandano: piiti gni na fumna ca l'è pés che quan ca trunn-a, cioè «non prenderti una moglie perché è peggio di quando tuona». Denota un animo poetico questo paragonare l'arrivo di una donna in una casa allo scatenarsi di una tempesta: non sarà più possibile lasciare in giro le calze sporche, mettere i piedi sul tavolo, avere il pettine pieno di capelli, saranno strilli persino se oserai schiacciare il tubetto nuovo di dentrificio dalla metà anziché dal fondo. Si parla tanto di donne in camera ed eccole sei-vite di barba e capelli (si fa per dire): una afa tut, dui ai vò l'aiu't, tré ai vò la sarvènta, quat ai polii non fani sènsa, una sola fa tutto, se sono due ci vuole l'aiuto, se sono tre ci vuole la serva, se sono quattro non possono farne senza. D'altra parte la fumma previdènta primma 'd tut as pripara la sirvènta. la donna previdente anzitutto si prepara la serva, cercherà di avere come primo figlio una femmina che l'aiuterà nelle faccende domestiche. Con il che è dimostrato che la predisposizione ai lavori domestici e servili è ereditaria. Si discute tanto di crisi dell'istituto famigliare, di separazioni e divorzi; le cose andrebbero molto meglio se dessimo retta alla saggezza dei nostri vecchi che indicavano la retta via: la fumna: ca la piasa. ca la taso, ca l'astaga in casa. Per chi non avesse capito, «la donna: che piaccia, che taccia e che stia in casa». Nei bei tempi andati nessun uomo provava invidia per la condizione femminile, non esistevano i travestiti: l'è mèi èsi an gioch ad boa che ési na fumna, è meglio essere un gioco di bocce che essere una donna e un altro proverbio dice che è meglio essere al pòli d n use, il batocchio di un uscio. Non è facile immedesimarsi in un campo di bocce; fin tanto che i giocatori vanno a punti, la cosa può essere sopportabile, ma è quando bocciano che ti rintrona tutta la testa. Eppure essere donna è peggio. D'altra parte la donna teneva in grande considerazione l'uomo; parla la massima laboriosa e dice anche i o fac giurnà: i o stra l'omo, masà 7 purché 't e fac bua; «oggi mi sono guadagnata la giornata: ho sotterrato il marito, ammazzato il maiale e fatto il bucato». Diciamolo una buona volta che omne e purscéi i én lue bèi, uomini e maiali sono tutti belli. Coraggio ragazze, venta pie ci 'n pia, gni ci 'n piàs, dovete sposare chi vi prende, non chi vi piace. Perche ricordatevi che mèi n grani òmu che n buri padrùn, sempre meglio un cattivo marito che un buon padrone. Quanto al fascino, al bèi al vi gnint 'nt l'asquel, la bellezza non va nella scodella, ossia non si mangia. E poi l'amore, l'amore! L'amar al vègn da l'util, l'amore nasce dall'interesse e l'amor l'e nèn pulenta, l'amor non è polenta. Se poi, nei lunghi mesi di solitudine quando il marito è a lavorare oltre confine, c'è una scappatella, il proverbio viene in soccorso con una bella metafora: lasè scapè na inaia, letteralmente «lasciar scappare una maglia» che, ovviamente, si può sempre riprendere senza che nessuno se ne accorga. Che la maternità comporti sacrifici lo testimonia un proverbio che ò un modello di concisione: mari l è mara, madre è amaro. Con il marito che è lontano per molti mesi l'anno, il legame più forte è con il tìglio: l'òmmo a l'è truù ma l mat ale mè, il marito è trovato ma il figlio è mio.

Persone citate: Alfonso Sella, Bruno Gamba, Chiara Ottaviano, Corrado Grassi, Mariella Pautasso, Paola Corti

Luoghi citati: Biella, Pettinengo