«Guido Rossi non ha torto poca tutela all'aggredito»

«Guido Rossi non ha torto poca tutela all'aggredito» ENZO BERLANDA IL «PADRE» DELL'OPA ITALIANA «Guido Rossi non ha torto poca tutela all'aggredito» intervista MILANO SE l'Opa su Telecom imboccherà la strada delle vie legali «ci sarà da divertirsi». Parola di Enzo Berlanda che, oltre ad aver affrontato le prime Opa come presidente della Consob, può essere considerato a tutti gli effetti il «padre dell'Opa italiana». Poiché fu proprio lui, senatore democristiano, a presentare un progetto di legge sull'Opa a metà degli Anni Ottanta. Progetto che divenne legge nel gennaio del '92, un mese esatto prima del suo arrivo in Consob. E fu sempre lui, durante l'ultimo periodo della sua presidenza, a insistere per la revisione della lègge. Dottor Berlanda, cosa pensa di questa guerra tra giuristi. dell'attacco di Guido Rossi all'articolo 104? «E'una questione interpretativa, e anche Rossi potrebbe avere una parte di ragione dal punto di vista giuridico. La normativa precedente vincolava l'aggressore al momento dell'annuncio dell'O pa, mentre l'aggredito veniva bloccato dopo l'approvazione lei prospetto da parte della Consob. Ora, con la legge Draghi, il periodo di vincolo per la società che è oggetto di Opa viene fissato a! momento dell'annuncio. E' quello che Rossi lamenta, in quanto rischia di ingessare per tempi lungi la società per così dire aggredita. Nel caso Telecom sono trascorse diverse settimane dall'annuncio alla presentazione del prospetto». • Esiste quindi materia per battaglie giuridiche? «Già sulla prima decisione della Consob era stato ventilato un ricorso al Tar, che poi non ebbe seguito. Anche sull'articolo 104 due interpretazioni sono possibili. Lo norma cambiata potrebbe essere imperfetta. Se gli avvocati vorranno divertirsi, avranno materia per farlo». Come presidente della Consob, lei sollevò il problema che la prima legge sull'Opa andava perfezionata. «Certamente. In quella legge vi erano u icone co:,e da aboUre, come ad esempi' i la «quota di semicontrollo», m<ù applicata, ma che era oggettivamente difficile da stabilire. Poi mi sono battuto affinché venisse fissata una soglia fissa, uguale per tutti, per far scattare l'obbligo di Opa, e così è stato. Precedentemente la soglia fissa non c'era, ed era un pasticcio perché bisognava continuamente cambiare le quote considerate di controllo». Un giudizio sul suo successore alla Consob? «Nessun giudizio, posso solo dire che non lo invidio. Fare il piesi- dente della Consob è un mestiere difficilissimo. Lo posso dire io che questa esperienza l'ho vissuta». Perché è così complicato? «Guardi. Alla fine del 1993, a Londra, ad un convegno dello losco (organismo che riunisce le Consob del mondo, n.d.r.), David Calcut, presidente del Take Over Panel, invitò a colazione i presidenti dei Paesi dove esisteva una legge sull'Opa. Alla line della discussione, tutti abbiamo dovuto constatare che nei Paesi come la Gran Bretagna dove c'erano poche regole di legge, ma un organo di gestione dell'Opa autorevole le cose andavano bene, e a quell'epoca l'organo inglese aveva già gestito oltre cinquemila casi. Al contrario, tutti i Paesi dovi; esistevano leggi rigide erano in difficoltà». Per quale motivo? «Perché ogni Opa è diversa dall'altra e la interpretazione della legge, in questo secondo gruppo di Paesi, era affidata ad un organismo che si regolava sulla base di principi. Ne nascevano continue difficoltà». Lei è stato il «padre» della legge sull'Opa... «Diciamo di si. Come senatore sono stato io a presentare a metà degli Anni Ottanta la prima proposta di legge sull'Opa. Ricordo che nel giugno dell'87, con l'alloro presidente della Consob Franco Piga, partecipai a Torino ad una riunione di giuristi del grup¬ po Fiat. Spiegai il perche e il percome ci voleva una legge sull'Opa anche in Italia. Sostenni che era necessaria non solo per smuovere l'assetto societario, ma anche per difenderlo dalle aggressioni estere. Alla fine Gianni Agnelli si avvicinò e mi disse: "Ilo capito che lei è un testardo, ho l'impressione che avremo questa legge sull'Opa". Ci sono voluti ancora cinque anni». Lei ha detto che i Paesi con una legislazione importante sull'Opa, come è l'Italia, sono quelli che si trovano nelle maggiori difficoltà. Dunque bisognerebbe ricominciare tutto da capo? «No, non dico questo. Anzi come padre della legge sull'Opa sono contento che finalmente ci sia una normativa, Sono anche contento che la foresta cominci a muoversi, che le società diventino contendibili, in un mercato che, mi sembra, sta diventando più adulto». Enzo Berlanda ex presidente della Consob il «padre» della legge sull'Opa. A destra, Franco Berbabè amministratore delegato della Telecom

Persone citate: Berlanda, David Calcut, Enzo Berlanda, Franco Berbabè, Franco Piga, Gianni Agnelli, Guido Rossi

Luoghi citati: Gran Bretagna, Italia, Londra, Milano, Torino