IL TESORO NON E' PILATO di Alfredo Recanatesi

IL TESORO NON E' PILATO IL TESORO NON E' PILATO Alfredo Recanatesi COMUNQUE vada a finire la partila tra Olivetti e Telecom, o tra Colaninno e Bernabò, una conclusione di carattere generale la possiamo già trarre. La conclusione è che non basta fare nuove leggi che disciplinino il mercato finanziario perché il mercato stesso possa funzionare con le carattcristiche richieste da una moderna democrazia finanziaria. Nelle ultime legislature governi e Parlamento sono stati molto attivi nel produrre mirine con l'intento di fare del nostro sistema finanziario un mercato funzionale ai filli dell'impiego delle risorse e trasparente nella contesa per il controllo delle aziende II modello - neanche a dirlo - era quello anglosassone: quello statunitense più in particolare, dove scalate, opa, inerger e quant'altro mobilizza la proprietà delle imprese sono cronaca di lutti i giorni II ritardo da colmare, per altro, era abissale, il nostro sistema finanziano essendo quello di una economia piccola e chiusa, con un capitalismo debole ed una presenza pubblica schiacciante. E tuttavia, ionie natura non fa tit saltUS, cosi non ò bastalo innestare nuove leggi, per quanto ricalcate su quei modelli, perché il nostro sistema acquisisse l'efficienza e la funzionalità di quelli anglosassoni E non poteva basUire per pm di un motivo, Intanto perché le nuove Leggi si sono innestate su un preesistente conio legislativo obsoleto e farraginoso col quale sono sorti problemi di compatibilità, se non di aperta contraddizione. Poi perché queste nuovi; leggi, fatte con l'intento di ammodernare il nostro sistema, som siate definite da legislatori la cui mentalità e la cui cultura sono .incora tutt altro che in sintonia con i modelli di economia di mercato e di democrazia economica. E ancora, non poteva bastare perche il frutto di nuove leggi matura se si impiantano in un terreno adatto a recepirne il potenziale di funzionalità, cosa che in Italia non si verifica a motivo della inesperienza di tutti gii attori del mercato - impresi', banche, organi di controllo, investitori, per non dire dei fondi pensione ancora nel limbo delle buone intenzioni - ad agire conformemente, ciascuno per il proprio molo. Infine, per la persistente presenza pubblica espressa dalla golden share che lo Stato si è riservata per evidenti motivazioni politiche, ina che poi si è dimostrato impreparato a gestire rifugiandosi in una pilalesca neutralità che i fatti hanno sancito unni.' impossibile dal momento che l'assenza del Tesoro, e dietro di osso di Banca d Italia, ha palesemente giocalo a favore di Olivetti. E cosi questa vicinila dell'assalto alla Telecom è vissuta come una appassionante novela massmediologica di manovri', intrighi, tradimenti, cordate, della cui vera sostanza, pero, nessuno capisce niente I programmi di Colaninno continuano ad essere vaghi alimentando il sospetto che abbia qualche partner lauto forte da rimanere per ora in seconda linea. In uno splendido isolamento, Berbabè conduce la sua battaglia non si capisce in nome di chi, dal momento che la proprietà di Telecom ò talmente dispersa da non dar segni di presenza, nò tampoco di una qualche esplicita volontà strategica. Banche e fondi si sono dati anch'essi alla latitanza. L'unica cosa che si capisce è che tutti mirano ad ottenere nell'immediato il massimo guadagno possibile; come ed a spese di chi non importa. Di chi alla fine vincerà la Telecom e, soprattutto, di cosa sarà la Telecom tra cinque o dieci anni non importa nulla a nessuno. E questa è la più significativa controprova del fatto che il nostro sistema finanziario è ancora ben lontano dal poter funzionare correttamente, ossia in modo trasparente e, soprattutto, in modo che gli interessi degli investitori collimino con quelli del Paese.

Persone citate: Bernabò, Colaninno, Olivetti

Luoghi citati: Italia