Pacifisti in guerra contro Aviano

Pacifisti in guerra contro Aviano Oltre tremila davanti alla base Nato fra tafferugli e speranze di pace per il dramma balcanico Pacifisti in guerra contro Aviano Lanci di pietre ai poliziotti, sette feriti Fabio Potetti inviato ad AVIANO Alle 16 e 20 partono due caccia F 16, quattro A 10 anticarro, un C 13U per i rifornimenti in volo e un candelotto lacrimogeno. Volano gli aerei verso la Jugoslavia, le pietre verso la polizia e i carabinieri e i lacrimogeni contro tutti. Contro i giovani dei centri sociali del Nord-list in prima fila con i caschi e i copertoni u far da scudo, le donne in nero di Belgrado con lo striscione contro la guerra, i cartelloni con l'arcobaleno dell'associazione per la pace, le bandiere di Rifondazione e la tenda dei beati di costruttori di pace che da 19 giorni non si spostano da qui, dove parte la guerra della Nato. «Pace, pace, pace», grida la maggioranza di questo corteo partito da Pordenone, arrivato ad Aviano nel primo pomeriggio, tremila persone secondo le stime degli organizzatori. «Assassini, assassini», urlano quelli dei centri sociali, con i camerainen della Cnn che riprendono tutto e quelli della Cbs che fanno i primi piani schivando pietre e candelotti. «Volevamo solo mettere uno striscione, stop alle bombe, sulla recinzione della base», grida al megafono Wilma di Radio Sherwood di Padova. «Ci hanno aggrediti», urla ancora più forte. «Non abbiamo attaccato noi, quei sassi per terra sono li a dimostrarlo», ripete per la milionesima volta il vicequestore Oreste Teti, casco in testa, manganello in mano, diversa versione. Sette feriti lievi, alla fine di questi dieci minuti con i caccia stilla testa che non smettono i raid. Sono una donna e suo figlio di dodici anni più cinque poliziotti e carabinieri. «Circondiamo la base», fanno il girotondo i pacifisti, mentre qual- curio con le pietre e con la stoffa delle bandiere scrive Life per terra. Michela di Venezia, distribuisce fiori gialli ai poliziotti: «L'ho deciso al momento, ho visto agenti imbarazzati». Altri ereggono un monumento di cartapesta alla terza guerra mondiale, quella iniziata nel '99 e persa da tutti. «Grazie a tutti di essere qui. Sono di Pristina. Vogliamo pace e libertà», si commuove il kosovaro in corteo. «Vogliamo la pace e basta. Bisogna fermare la guerra, bisognu riprendere a parlare», usa quasi le stesse parole il serbo che è qui con tutta la famiglia. «E du due giorni non so nulla di quello che succede a Belgrado», dice preoccupato. Ma comi! si fa a parlare di pace, con gli F 16 che volano sulla testa, sempre più bassi, a ondate sempre più veloci adesso che ar¬ riva la sera, che si fa buio, che le missioni verso la Serbia non si fermano. Come si fa con i voli radenti dei C 130, dei Proler, degli Steallh, dei caccia e dei cargo per i rifornimenti in volo, prima di colpire gli obiettivi di là dal mare, a un passo da qui. «Anche i pacifisti devono passare alla fase due. Le basi della morte devono essere assediate», giura uno con il cartello al collo che dice basta alla guerra. «Siamo con i serbi e con i kosovari, con chi è sotto i bombardamenti e con chi è costretto a lasciare la propria terra», non fa distinzioni, la pacifista arrivata da Treviso. Qualcuno propone di fare la carovana della pace che tocchi Belgrado, Pristina e Podogorica. Tutti applaudono quando viene data la notizia che l'amministazione comunale di Venezia sta organiz¬ zando una missione di pace nei Balcani, nell'illusione che possa riuscire là dove hanno già fallito il Papa, i russi, l'Onu e mezzo mondo. «Il movimento contro la guerra deve mordere di più», assicura Daniele Farina, del centro sociale Leoncavallo di Milano. «Siamo contro Milosevic ma anche contro i bombardamenti Nato», mette tutti sullo stesso piano Luisa Morgantini, dell'associazione per la pace. «La nostra parola d'ordine deve essere trattare, trattare, trattare», insiste lei. Mentre ii sindaco di un paesino del padovano, mostra l'ordine del giorno contro la guerra firmato dal suo Comune. Gli slogan intanto, non risparmiano nessuno. Non la Nato, gli Usa, i piloti dei caccia, Clinton, la polizia, Milosevic, i politici accu- sati di fare poco. 0 troppo, come quello striscione rivolto al presidente del Consiglio: «Governo D'Alema ecco il tuo lavoro, Ocalan in galera, Belgrado rasa al suolo». Lo striscione «Stop alle bombe» adesso è appeso a un cancello della base. I pochi turisti di guerra, come hanno chiamato i curiosi con famiglia e binocolo, sono ancora lì, sullo steccato di legno più alto del muro di cemento costruito all'interno del comando del 31° stonno Usa. I pacifisti sono a terra, seduti nell'ennesimo sit-in accanto agli striscioni, sotto gli occhi della polizia. Si sente un rombo, un F 16 decolla a tutta velocità. Sotto alla pancia si vedono le bombe da mille libbre e i missili già armati. Il pilota vira d'ala, sembra un saluto prima di iniziare la missione. Due immagini degli incidenti di ieri pomeriggio durante la manifestazione «pacifista» davanti alla base Nato di Aviano