I guerriglieri dell'informazione di Giuseppe Zaccaria

I guerriglieri dell'informazione LA DIFFICILE BATTAGLIA CONTRO IL SIGNORE DI BELGRADO I guerriglieri dell'informazione Giornali e tv disturbano il governo reportage Giuseppe Zaccaria inviato a BELGRADO Era un signore distinto, il povero Slavko. Una sorta di europeo fuori centro, di democratico sbalzato in un territorio senza regole e che di quella mancanza di regole era riuscito a fare una forza. «Dnevni Telegraf», la sua creatura, era mi giornale popolare eppure aggressivo, mio di quei prodotti delle situazioni di emergenza nei quab il disordine diventa sistema e la confusione ragione di successo. Qualche mese fa - mi pare fosse ottobre - quando il camaleontico regime di Milosevic aveva cambiato faccia per l'ennesima volta incorporando i nazionalisti di Seselj (e questi immediatamente calavano la scure su comunicazione ed istruzione) Slavko Curuvija commentava la «provvisoria» chiusura del suo giornale come un segno di stupidità del governo. Il quotidiano marciava a singhiozzo, lui si vantava di distribuirlo attraverso i contrabbandieri montenegrini: lo faceva stampare a Podgorica, nelle edicole arrivava sempre un po' più tardi degli altri. Soprattutto, di quei quotidiani («Blic», «Glas Javnosti», «Danas») nati o rivitalizzati dal movimento di protesta e decisi a cavalcarlo. In fondo la «Dnevni Telegraf» non era più critica (meglio, incisiva) di quanto lo fossero altri, soprattutto l'ottimo «Nasa Borba», la cui vecchia e nobile testata si traduce come «la nostra lotta», anche se nel frattempo il senso della lotta era cambiato. Nato quattro anni prima, un centinaio di dipendenti, il giornale rappresentava un po' quello che da noi «La Notte» esprimeva a destra nella Milano degli anni 70, o nello stesso periodo a sinistra il romano «Paese Sera». Un giornale aggressivo ma in fondo poco pericoloso per il potere. Molto più intelligenti e efficaci erano gli attacchi che il direttore e proprietario del nuovo gruppo editoriale belgradese lanciava attraverso la sua seconda creatura, il settimanale «Europijavin», che significa europeo. Due o tre mesi fa era stata la sua piccola rivista ancora in vita ad accogliere il primo, vero attacco al regime. Slavko Curumvije aveva illustrato punto dopo punto, come in mia relazione accademica, le critiche agli atteggiamenti che stavano maturando. Riletto oggi, quell'articolo rivela un andamento quasi cartesiano, diretto com'era contro la nuova, ibrida alleanza nazional-socialista di governo ed in egual misura contro i comportamenti che questo mostro politico avrebbero giustificato all'estero. «Io critico il regime come certi suoi oppositori», usava precisare questo giornalista-imprenditore. Ai tempi delle manifestazioni di Belgrado, «Dnevni Telegraf» aveva notato meglio di altri certi mutamenti, certe caratteristiche. Era per esempio il giornale che puntava sulle scontentezze dell'esercito, o sulle strane caratteristiche di oppositori come Draskovic e Gingie, ciascuno portatori di interessi di opposte multinazionali europee. Decifrare le ragioni del suo assassinio è molto difficile, soprattutto a caldo: l'idea di un «commando» di ultranazionalisti che l'abbia fatto fuori per punirlo delle sue idee è la più immediata, altre ipotesi restano aperte anche mentre la situazione di guerra conduce ogni cosa verso alternative secche. La credibilità delle diverse ipotesi sarà controllabile molto presto: dopo «Dnevni Telegraf» e «Nasa Borba», la seconda stretta di vite, quella che ha preceduto di pochi giorni i bombardamenti, ha toccato in Serbia al- tri importanti centri di informazione. Chiunque abbia lavorato in Jugoslavia negli ultimi anni, ha diversi amici li dentro, se le loro condizioni si faranno pericolose lo si saprà presto. Dopo i gior- nuli chiusi nell'ottobre scoiso, meno di un mese in Serbia sono stati messi a tacere «Radio B 92» e «Studio B», le emittenti di opposizione più serie ed aggressive. Mai formalmente mi regime ha chiuso un giornale, una radio o una televisione per ragioni ideologiche, in teoria si e sempre trattato di problemi economici, liscali o tecnici. Perfino quando, in Kosovo, un giornale come «Koha Ditoro» pubblicava a piena pagina proclami dell'«Uck». Un sistema entrato molto in auge dal giorno in cui i radicali di Seselj sono entrati al governo e la «.lui» di Mirjana Markovic ha occupato sempre nuove fotte del potere, è quello di multare i giornali per servizi «parziali o non veritieri». Le sunzioni sono spesso di decine di migliaia di marchi, nessuno è in grado di pagarle, le pubblicazioni vengono dunque sospeso. Per le radio e le televisioni i pretesti sono stati diversi. «B 92» in teoria trasmetteva su frequenze non consentite, e lo stesso accadeva per la tv di opposizione. In realtà lu lotta ò molto più sotterranea, i nuovi padroni di Belgrado (poiché sarebbe ora di comprendere che Milosevic non ò più solo nella gestione del potere) pensano di combattere con le emittenti e quei giornali che sono nati col supporto economico della Fondazione Soros o (come nel caso di «B 92») che godono dell'appoggio di «Radio Free Europe». E' una lotta che non è ancora finita, e che lo stato d'emergenza in cui il Paese è precipitato rende ancora più dura. La strategia per farli tacere è di multarli per migliaia di marchi Le motivazioni non sono ideologiche ma per «errori» fiscali o tecnici

Persone citate: Draskovic, Glas, La Notte, Milosevic, Mirjana Markovic, Seselj, Slavko Curuvija

Luoghi citati: Belgrado, Jugoslavia, Kosovo, Podgorica, Serbia