Lite in aula tra la banda dei sassi Prime crepe nel gioco di squadra

Lite in aula tra la banda dei sassi Prime crepe nel gioco di squadra Tortona: battibecco tra Bertocco e il cugino Furlan, che viene allontanato Lite in aula tra la banda dei sassi Prime crepe nel gioco di squadra Brunella Giovara inviato ad ALESSANDRIA «Una questione di famiglia», hanno detto dopo. Certo è che ieri tutti si sono stupiti, a vedere due degli imputati litigare durante una pausa del processo. Eppure, nonostante accuse e controaccuse reciproche, i sette ragazzi alla sbarra per l'omicidio del cavalcavia sono sempre andati d'amore e d'accordo. Ieri, trentacinquesima udienza, i primi segnali di tensione, alla vigilia delle richieste di condanna. Nervosismo, stanchezza. Sta di fatto che ad un certo punto Paolo Furlan (il «bello» del gruppo) si mette a battibeccare con il cugino Paolo Bertocco. Interviene un agente che accompagna Furlan fuori. Al ritorno, i due si siedono lontani. Cosa è successo? Forse, adesso che il tempo stringe, quel «gioco di squadra» sottolineato più volte dall'accusa sta mostrando le prime crepe. I tre pubbbci ministeri - Laudi, Loreto e Ferrando - stanno analizzando le posizioni singole (ieri è toccato ai due fidanzati, Sandro Furlan e Loredana Vezzaro), di quello che è stato un omicidio di gruppo, nato e cresciuto all'interno di persone legate da rapporti forti: quattro fratelli, un loro cugino, la ragazza di uno dei fratelli, e un amico di vecchia data. Una famiglia, appunto. Legami che hanno contato moltissimo dopo il delitto. Perché - spiega l'accusa - quel gruppo ha «volutamente» confuso le carte (e le idee del pubblico ministero di allora, Aldo diva), a colpi di ammissioni, ritrattazioni e modifiche in corso d'interrogatorio, con il fine «di creare il caos», e lì trovare una salvezza, per sé e per i «congiunti». Come ha fatto Sandro Furlan. Confessa il 22 gennaio 1997, riempie pagine e pagine di verbali: dice che di andare a lanciare i sassi si era già parlato, nel gruppo, qualche giorno prima. Dice di essere stato presente sul cavalcavia, vicùio alla sua auto, ma di non aver tirato. Davanti alle successive contestazioni, cerca di far retromarcia. Avendo però già ammesso la sostanza, procede per progressivi aggiustamenti. Quando gli viene detto che i sassi risultano trasportati proprio sulla sua Tipo, subito li colloca nell'auto dei cugino. K ancora: quando ammette di aver sempre saputo che cosa si andava a fan; sul cavalcavia, cerca di minimizzare la sua posizione aggiungendo «però non ero d'accordo». E che voleva pure «tirarsi indietro», ma che «aveva paura degli altri». Sa che il fratello Paolo era sul cavalcavia, cerca di salvarlo situandolo in una certa posizione, poi lo sposta. Lo slesso fa per le auto. «Erano così». «No, erano là», diva, dietro a questi cambi continui, interrogatorio dopo interrogatorio, ci ha perso la te- sta. Ma proprio diva ha involontariamente favorito questo depistiggio. L'argomento (spinosissimo, perché su questo batteranno i difensori) l'ha affrontato di petto il procuratore aggiunto Laudi. La tecnica d'interrogatorio di diva, «che si fa veicolo di un'informazione circolare all'interno del grappo», permette alla super)este Vezzaro e agli altri di «sfrattare gli er- rori del pm e di stornare e bloccare gli sviluppi dell'indagine». Eppure la ragazza resta un punto chiave del processo (di lei si parlerà in profondità lunedì). Laudi l'ha definita «personaggio inquietatile per molo, spazio e posizione assunti nella vicenda». E' la prima a confessare, ribadisce la sua versione in più confronti con i coimputati, Mantiene ferma la posizione lino ad ottobre (cioè accusa e si autoaccusa per 9 mesi), poi ritratta, dicendo: «Ho raccontato quello che mi disse il mio fidanzato. Le cose sono andati; cosi, ma io non c'ero», e accusa diva di pressioni. Una pazza? 0 cos'altro? «Questa ragazza non è all'atto una scema - spiega Laudi Infatti dai verbali capiamo come le faccia gioco sfruttare le indicazioni che ricevi; dal pm». Lo scopo? Salvare se stessa e il fidanzato. E, se le riesce, anche i «cognati». Di certo, «non ima pedina nelle mani del pm». Semmai, il contrario. Domani occhi puntati sulla superteste Vezzaro Il pm: personaggio inquietante nell'intera vicenda Paolo Furlan e, sopra, Paolo Bertocco. Tutti e due Imputati al processo per i sassi, sono stati protagonisti di una lite in aula

Luoghi citati: Alessandria, Loreto