La «città proibita» di Botteghe Oscure di Filippo Ceccarelli

La «città proibita» di Botteghe Oscure „.gfl YÀCCU5N®lfALIAMO La «città proibita» di Botteghe Oscure Filippo Ceccarelli BRIVIDI e occhiatacce, ieri pomeriggio, tra l'Ara Coeli e via del Plebiscito. Seppur «combattivo», come si diceva una volta, e più o meno pacifista, il corteo è passato tranquillamente sotto casa Berlusconi, ha tirato un paio di sassi e un mucchio di palline di carta alle finestre del comitato «Emma for president». E qualche metro più avanti, a piazza del Gesù, ha rivolto sguardi di torva commiserazione al palazzo che per mezzo secolo ha ospitato la De e che oggi ne accoglie le tristi minutaglie. La vera notizia è che non c'è stato l'assalto alla sede dei Ds a via delle Botteghe Oscure. Né alcuno dei manifestanti si è staccato dal corteo per tirare sulle vetrine sassi, arance, rigaglie di pollo e pezzi di carne sanguinolenti, come invece accaduto due settimane fa. Sarebbe stata, del resto, un'azione da hezbollah. Tutto attorno al rossiccio edificio, compresi i vicoletti alle spalle, c'era un imponente schieramento di forze dell'ordine in assetto di guerra, e gipponi, blindati, autombili, transenne, scudi, radio, fischietti. Un'autentica cortina di ferro circondava un palazzo che, osservato dall'esterno, comunque s'immaginava semi-deserto. Mai come ieri, a memoria di cronista, il Bottegone è apparso più separato dal resto della città. Ora il presidio e l'effetto «città proibita» sono valsi a scoraggiare i malintenzionati. Il che aiuta anche ad inquadrare l'eventuale peso simbolico di quella maestosa blindatura. Ma non toglie che le Botteghe Oscure, oggi, siano vissute come il vero palazzo del potere. E non è solo per l'atmosfera da nuova nomenklatura, con tutte quelle berline cromate in doppia fi- la. Neanche un mese fa, per l'esattezza proprio il giorno in cui il dimissionario Lippi era venuto a far visita al segretario juventino Veltroni, un centinaio di maestre precarie che non riuscivano a farsi ricevere dal city manager del Comune, hanno pensato - bene, perché poi sono state ricevute - di occupare, a loro modo violandolo, il palazzo che fu di Togliatti, Longo e Berlinguer. I più scalmanati tra i «pacifisti», certo, possono fare più guai delle maestre precarie. E a rigor di memoria non è nemmeno la prima volta che si temono assalti (basti pensare ai fascisti negU Anni 50). Ma per dare il senso del vento che cambia vale forse la pena di ricordare i versi che nel 1968 Pier Paolo Pasolini indirizzò polemicamente ai contestatori: «Ma andate piuttosto, figli, ad assalire Federazioni! / Andate ad occupare gli uffici / del Comitato Centrale! Andate, andate / ad accamparvi in via delle Botteghe Oscure!». Quel Pei pasoliniano aveva «come obiettivo teorico la distruzione del Potere». L'erede di quel partito, oggi, è al potere. E nella nuova toponomastica dei possibili obiettivi della violenza e della strafottenza di piazza, oltre ai McDonald's e a «Planet Hollywood», c'è ora anche il vecchio Bottegone.

Persone citate: Berlinguer, Berlusconi, Lippi, Longo, Pier Paolo Pasolini, Togliatti, Veltroni