Jeans addio, il denim perde colpi
Jeans addio, il denim perde colpi II cambiamento dei gusti è determinato anche dal boom dei tessuti «stretch» Jeans addio, il denim perde colpi In tre anni la produzione italiana è scesa del 30% ROMA Jeans, un mito in declino. Il rigido denim a cinque tasche lascia il passo a pantaloni colorati, stretch, larghi e senza cinta. Dopo la Levi's, che ha deciso di chiudere la metà degli impianti nordamericani (nel 1998 ha perso il 13% del fa'turato e il 17% della quota di mercato), l'italiana Rifle nei giorni scorsi ha annunciato 350 esuberi. In Italia il calo della produzione negli ultimi tre anni è vicino a) 30%. Il mercato si è assestato nel '98 su circa otto milioni di pezzi (di prezzo superiore a 100.000 lire) ma nel settore ormai resistono solo i marcili più forti, quelli capaci di diversificare verso prodotti più appetibili per le nuove generazioni. La casa itabana produttrice del tessuto Denim, la Legler, è passata dal '95 al '98 da 26 milioni a 19 milioni di metri di tessuto jeans venduti. La Diesel conferma il fatturato (530 miliardi nel 1998) ma riduce la produzione del classico «cinque tasche» a favore del nuovo pantalone da lavoro workwear; la Itierre, la società che produce jeans per Versace, Dolce e Gabbana e Ferrè perde il 4,9% di (Mitrate sui jeans a fronte di un fatturato complessivo in aumento del 7%; la Carrera registra un fatturato (70 miliardi) pari a un ottavo di quello dei primi anni Ottanta (oltre 500); la Pop 84, fortissima negli anni Ottanta ha chiuso i battenti qualche anno fa. «La produzione dei jeans è in crisi - spiegano alla Federtessile a causa del calo della domanda ma anche perchè il costo del lavoro è troppo alto per un prodotto di fascia bassa. La maggior parte delle aziende ha spostato la produzione all'estero mantenendo in Italia la stilistica e il controllo qualità». «I jeans sembrano resistere - secondo quanto affermano alla Diesel una delle principali aziende italiane con cinque milioni di pezzi venduti - soprattutto grazie agli uomini ultratrentenni che continuano a considerarlo capo insostituibile, mentre i più giovani e le donne chiedono tessuti il piii possibile "morbidi"». «Nel 1995 - dice Vincenzo Polli della Legler - il 90% del tessuto per i pantaloni cinque tasche era Denim contro il 10% degli altri tessuti. Nel 98 la percentuale è scesa al 76%. Il cambiamento dei gusti è determinato anche dal boom dello stretch. Nel '95 rappresentava il 5% del tessuto venduto per il mercato donna mentre nel 98 ha raggiunto il 35% del settore. Il tessuto colorato e lo streeth sono l'esatto opposto dell'idea originale dei jeans». Nel mondo sempre secondo dati forniti dalla Legler c'è al momento una capacità produttiva di quattro miliardi di metri di tessuto a fronte di un mercato pronto ad accoglierne tre. «La capacità produttiva - conclude Polli - supera del 25% le richieste del mercato, bisogna cercare di orientarla verso nuovi prodotti». [a. vig)
Persone citate: Carrera, Denim, Dolce E Gabbana, Ferrè, Legler, Versace, Vincenzo Polli
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