Firenze, la sinistra candida Domenici

Firenze, la sinistra candida Domenici Firenze, la sinistra candida Domenici Francesco Matteini FIRENZE dal nostro corrispondente La rinuncia a sorpresa, per motivi di salute, del professor Mario Primicerio, sindaco uscente, a ricandidarsi, ha improvvisamente terremotato la già precaria stabilità dei ds fiorentini. Da Boma si è tentato di stoppare appetiti e malumori locali puntando subito su una candidatura autorevole. Ma il ministro della Pubblica Istruzione Berlinguer, dopo un colloquio col presidente del Consiglio D'Alema e con il segretario Veltroni, ha declinato l'invito. «Sono lusingato della proposta ma voglio concludere il lavoro alla riforma della scuola», ha spiegato. In realtà la decisione è stata probabilmente influenzata anche da una certa freddezza con la quale i diesse di Firenze avevano accolto le prime indiscrezioni sul suo nome. Una freddezza, per non dire un'aperta ostilità, che la sinistra del partito, che ha in mano gli organi dirigenti fiorentini, sembra aver mostrato un po' verso tutti i nomi che sono stati fatti nelle ultime ore. Per tentare di superare l'impasse ieri sera si è svolto un vertice a Roma, nella sede di via delle Botteghe Oscure, tra il segretario Walter Veltroni, il segretario regionale della Toscana Agostino Fragai, il segretario metropolitano Lorenzo Becattini e il coordinatore cittadino Ivan Casaglia. La riunione è andata avanti fino a notte inoltrata, a conferma che trovare una soluzione che mettesse d'accordo dirigenza romana, dirigenza locale e base è stato tutt'altro che semplice. Ma alla fine l'ha spuntata il responsabile nazionale enti locali dei ds, Leonardo Domenici. Fiorentino, 44 anni, ha svolto tutta la sua carriera politica all'interno del partito per essere poi eletto, due legislature fa, alla Camera. Ha dalla sua l'ottimo legame con D'Alema, ma a Firenze gli si rimprovera la scarsa visibilità. Sicuramente un uomo di partito efficiente e, nonostante l'età, già navigato, anche se considerato da alcuni non sufficientemente rappresentativo per sedere a Palazzo Vecchio. E' caduta così l'altra candidatura, quella di puntare sul senatore Graziano Cioni, empolese di nascita ma politicamente fiorentino di adozione. Ha ricoperto varie volte la carica di assessore nelle giunte-di sinistra ed ha dalla sua parte una grande popolarità nel partito e non solo in quello. Cioni è un sostenitore delle primarie, sul modello usato per designare il candidato a Bologna. Anche perché, pare, è quasi certo di vincerle a mani basse. Perché, allora, non si è puntato su di lui? La tesi più accreditata è che sia stato considerato un uomo di rottura, poco malleabile per il partito, di quelli che si amano o si odiano. E anche di nemici, nella sua carriera politica, Cioni se n'è fatti molti. Compresi quelli che non gli perdonano di essersi avvicinato a Di Pietro per poi riprenderne le distanze nel superiore legame col partito. E si era fatto anche il nome di un altro possibile candidato, quello di Valdo Spini, presidente della commissione Difesa della Camera. Non amatissimo dalla base dei ds per il suo passato socialista, anche se è sempre stato un avversario di Craxi, ha certamente esperienza e ruolo per l'incarico di sindaco. Tra le tante ipotesi ventilate nelle ultime ore, nel caso di un mancato accordo tra i ds, anche quella di decidere di concedere Firenze al Ppi che da tempo chiede la guida di una grande citta. In questo caso il candidato era già pronto: Lapo Pistelli, 35 anni, vicecapogruppo del partito alla Camera, enfant prodigo della politica fiorentina.

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