Professori contro scrittori di Aldo Cazzullo

Professori contro scrittori INTELLETTUALI DIVISI IN VISTA DELLA COMPETIZIONE ELETTORALE Professori contro scrittori «Scenda in campo», «No, resti fuori» inchiesta Aldo Cazzullo ROMA A che fa Romano Prodi? Si candida per Strasbur_go oppure no? Continuerà la sua doppia vita tra vertici referendari ed europei, riunioni con Antonio Di Pietro (ieri mattina) e con Aznar (ieri sera a cena), puntate a Bologna (oggi) e a Bonn (dopodomani)? Guiderà l'Asinelio o «soltanto» la Commissione, lasciando che le primedonne dei Democratici si contendano le teste di lista e ridimensionando, oltre al bottino elettorale, il ruolo e l'apporto dei «suoi» intellettuali? E ancora: fino a quando il treno del Professore resterà fermo in stazione, bloccando l'avvio della campagna elettorale? «Prodi rompa gli indugi - risponde Pietro Scoppola -. La sua presenza in cima alle liste è essenziale per il lancio della sua iniziativa politica. Forse che Delors arrivando a Bruxelles ha smesso di essere socialista in Francia? E' vero che Prodi avrebbe potuto porre la sua candidatura il 13 giugno come condizione per accettare la guida dell'Europa. Non l'ha fatto. Spero che oggi mantenga con forza la sua richiesta, il suo impegno». Altrimenti, sostiene Scoppola, gli intellettuali «si sentirebbero abbandonati. Il problema esiste, ed è molto sentito». «E' necessario che sia il Professore a guidare la lista, perché è l'unico che possa fare da raccordo culturale, oltre che politico, tra personalità dalla formazione così eterogenea come quelle che si ritrovano nei Democratici», incalza Lucio Villari, forse pensando alla toga di Di Pietro, alle suggestioni extraparlamentari di Cacciari, ai digiuni radicali di Rutelli, all'Edera di Bianco. «E poi Prodi è l'unico - prosegue Villari - che possa coinvolgere la cultura italiana, come riuscì a fare quando, al momento di costruire l'Ulivo, scrisse a me e ad altri studiosi chiedendo appoggio». «No - si ribella Ferdinando Camon -, ormai l'Asinelio è un'idea abbandonata e impotente, e la can- didatura di Prodi alle Europee non cambierebbe granché la situazione. Avevo guardato con simpatia al suo progetto, perché mi pareva più etico che politico; perché nasceva dalla sua defenestrazione da Palazzo Chigi, legittima per la Costituzione ma incomprensibile per la gente, e dal contatto diretto con la base. Ora la stessa persona che prese il suo posto a Palazzo Chigi l'ha mandato a Bruxelles, e quelle motivazioni vengono meno: Prodi non è più il terminale delle attese di intellettuali e cittadini, appare attratto e soddisfatto da questa forma di potere, e quindi non più così puro. E se lui parte, chi resta? Rutelli è visto come un personaggio locale, molto romano. Di Pietro? Non mi stupirei se in futuro una legge vietasse quel che lui ha fatto, incassare in politica un credito acquisito nella giustizia. Cac¬ I suoi sostenitori: «E' l'unico capace di raccordare le aspettative culturali e politiche degli intellettuali» Pansa, De Crescenzo e Camon: non può rappresentarci scelga fra Bruxelles e Strasburgo Qui sopra Lucio Villari A destra Luciano De Crescenzo E sotto il giornalista Giampaolo Pansa ciari invece è un inclassificabile dalla biografìa itinerante, che non si colloca mai orizzontalmente da nessuna parte: dopo cinque minuti monta in scafino, come diciamo qui nelle Venezie: prende uno sgabello e ci sale sopra». «Al posto di Prodi mettiamo in cima alle liste un altro, uno che sappia bene l'inglese - celia Luciano De Crescenzo -. Io mi considero un orfano di Romano. Mi piaceva come leader dell'Asinelio. Ma lui si vuole sprecare in Europa. A questo punto, meglio non si candidi. Faccia una cosa alla volta». «Se Prodi vuol cercare un'anima per l'Europa, non la troverà certo nelle piazze e negli studi televisivi, ma tra i profughi alla frontiera bosniaca - sostiene Giampaolo Pansa -. Secondo me non dovrebbe candidarsi. Lui stesso ha riconosciuto che il boti ton gli impone di non farlo. Sarebbe come se un grande giornalista designato alla guida della Stampa o di Repubblica si gettasse in una campagna elettorale. All'italiana, poi. Se guidasse i Democratici alle Europee, il Professore accentuerebbe le asprezze con chi l'ha designato, Massimo D'Alema. Pazienza se qualche intellettuale e molti elettori gli volteranno le spalle. L'ultimo sondaggio Swg- L'Espresso sostiene il contrario, e da l'Asinelio senza Parroco testa a testa con i Ds. lo pero mi fido più del mio intuito». «No, io non volterò le spalle ai Democratici - assicura Gianni Vattimo -. Ma la misura del mio impegno dipende anche dalla decisione di Prodi, oltre che dalla consultazione della base dell'Asinelio, cui tutti i candidandi come me si sottoporranno. Il treno non può restare fermo ancora a lungo, e spero proprio che parta con il Professore a bordo. Non ho capilo le obiezioni mosse da alcuni parlamentari europei: sarebbero comprensibili le perplessità della Commissione o del Consiglio, ma Strasburgo dovrebbe essere fiera di un presidente che venga dai suoi scranni. Per tutti noi la candidatura di Prodi sarebbe decisiva. Ma non è solo una questione di bottega: ne verrebbero rafforzati sia il disegno di istituzioni europee più autonome dai singoli governi, sia l'influenza dell'Ue nella guerra dei Balcani».