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Sant'Egidio accusa
Sant'Egidio accusa Sant'Egidio accusa «Sgomberato dagli albanesi il nostro centro profughi» Claudia Ferrerò Era una «piccola perla in un mare nero». Una comunità sorta in pochi giorni a Kukes: cibo e medicinali per 1500 profughi, il tentativo di ricreare l'ambiente normale di una scuola, un calendario di lezioni per dare un senso alle ore, per fare sentire il meno possibile sradicata quella massa di bambini dagli occhi persi nel vuoto e incapaci di capire. In un quarto d'ora tutto questo è stato cancellato. «Intorno a mezzogiorno è arrivato l'esercito albanese, una lunga colonna di camion e un solo ordine: sgomberare il più velocemente possibile tutti gli edifici pubblici della cittadina. Millecinquecento anime caricate con la forza a bordo, e via verso il centro dell'Albania, verso un altro centro di accoglienza, forse quello di Burel. Perché?». Mario Marezziti, uno dei responsabili della Comunità di Sant'Egidio che con Leonardo Palombi coordina gli interventi umanitari in quest'area dell'Albania settentrionale, lotta contro il tempo per ricostruire in poche ore e in un altro luogo quel barlume di speranza che le autorità hanno cancellato con un colpo di spugna. «Eravamo riusciti a riorganizzare una vita decente per millecinquecento disperati, di cui la metà erano bambini, dentro l'edificio della scuola Rusteni di Kukes - racconta Marezziti -. Avevamo cibo, un ambulatorio in cui lavoravano a tempo pieno una quindicina di medici e di infermieri italiani aiutati da un pool di sanitari albanesi; un gruppo di giovani consolari faceva scuola ai bambini più piccoli. Questo in una cittadina dove vagavano per le strade in cerca di una qualche sistemazione più di 30 mila kosovari. E' stato impossibile opporsi all'ordine delle autorità». La comunità di Sant'Egidio in zona aveva aperto anche un consultorio pediatrico, cinquecento i bimbi visitati in pochi giorni. Polmonite, mal nutrizione, malattie della pelle, diarree. Una serie di interventi d'urgenza, scatole e scatole di medicinali di base e quattro bambini trasportati in elicottero a Tirana e in Italia con l'aiuto dell'esercito. Meningite il caso più grave. «Anche tutto questo ora non c'è più, cancellato». A Kukes rimane il grande campo profughi spontaneo chiamato con tragica ironia «il deposito delle patate». «Diecidodicimila persone accampate, senza cibo, con un forte rischio di epidemie. E lì si sono diretti anche un centinaio di kosovari che erano ospitati nel nostro centro di assistenza, sono fuggiti con i loro trattori dai militari che li volevano portare altrove. E lì, non ci resta altra scelta, ci dirigeremo anche noi», spiega Marezziti. Dramma nel dramma, in questo peregrinare di sfollati spronati dall'esercito e fatti salire in tutta fretta sui camion, si aggira una moltitudine di famiglie smembrate che cercano di ricomporsi: «Stavano male, venivano a farsi visitare, ma la prima domanda era una sola: le è capitato di incontrare un mio parente?». «Perché smantellare gli aiuti che funzionano?», continuano a chiedersi i responsabili di Sant'Egidio. «Perché - e questo è un appello - la prefettura non ci concede una proroga almeno fino alla prossima settimana? Perché?».
Persone citate: Kukes, Leonardo Palombi, Mario Marezziti
Luoghi citati: Albania, Italia, Kukes, Sant'egidio, Tirana
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