I bambini perduti della Grande fuga

I bambini perduti della Grande fuga Intorno all'accampamento profughi di Kukes criminali pronti a rapire bambini e ragazze I bambini perduti della Grande fuga Soli e affamati attraversano la frontiera albanese Vincenzo lessandoti inviato a DURA2Z0 1 ragazzi fuggono, porche quello che era il loro mondo è diventato un inferno, con le case e gli amici che non ci sono più. Fuggono come possono, anche da soli, a piedi: 18 - tra gli Sci 10 anni - in mountain-bike per chilometri su ima scoscesa mulattiera. Quando attraversano le sbarre della frontiera, neppure si voltano a guardare il Kosovo. «Sono esausti» osserva Marie Heuzé, portavoce dell'Unicef. Esausti e invecchiati. Ne ho visti alcuni l'altro giorno al palazzetto dello sport di Korcia, che si sforzavano di sorridere ma non ce la facevano a spazzar via l'infinita tristezza. E li vedo alle piscine, la grande tendopoli di Tirana. E' saltato fuori un pallone a spicchi bianchi e neri, ieri mattina, e tutti a tirar calci. Ma come fai a dire che questi siano ragazzi felici se non ce n'ó uno che sorride, almeno una volta? Madame Heuzé parla dei 30 scivolati ieri al di qua della frontiera macedone, anche se ufficialmento non passa nessuno, e dei 20 arrivati il giorno prima. l'acce di ragazzini che dovevano essere pieni di voglia di vivere e invece ora non riescono neppure a rispondere e a raccontare le loro storie, tutte terribili, tutte diverse e uguali. «Ma noi domande non ne facciamo, non gli chiediamo niente: la priorità è assisterli e trovar loro una sistemazione» dice la portavoce del Fondo Onu per l'infanzia. Molti hanno meno di 10 anni, ma quello trovato l'altra notte sulla soglia di Radio Kukes, lassù a Nord, di anni forse ne ha uno. E nessuno sa chi sia. Non esistono controlli, non esiste niente por capire questa tragedia. Intorno al grande accampamento di Kukes si aggirano i tipi più loschi, gente capace di strappare a un esulo l'ultima banconota o l'anello salvato alla razzia dei serbi. Anche a rubar bambini o ragazze, che tutti sanno esser merce pregiata. Forse per questo Beqir è stato ammazzato, l'altra notte. Con la macchinu, verso le 22, portava le tre. figlie da Scutari alla stazione di Mjodc. L'hanno bloccato sparandogli una raffica di Kalashnikov. Ma le ragazzo sono fuggito in mozzo alla folla che da giorni aspetta un trono, lì davanti alla staziono. Senza un aiuto, senza un conforto, perc(ió uffi¬ cialmente lì non c'è nessuno, invoce sono 1500 disperati ad aspettare il loro turno per andare a Sud. Dunque, dalla frontiera si passa col contagocce. Ieri da Hani i Hotit, la via dal Montenegro, sono scesi in 1700, a Scutari ne hanno finora registrati 11 mila, ma lo sanno tutti che ne sono arrivati altri 3 o 4 mila che nessuno ha potuto segnare sulle grandi schede perché subito accolti nelle case dai parenti, dagli amici, da chi semplicemente ha messo a disposizione una stanza. Ne giungeranno altri, dal passo di Hani i Hotit o, forse preoccupato per la tragedia indecente consumata in Macedonia, il vicopremier Burzan ha avvertito che «qui in Montenegro al massimo possiamo tenere 22 mila persone. Le altro non potremo che mandarle in Albania». In un Paese che è tutto un caos, e non soltanto per l'emergenza terribile di questi giorni, quasi stona la palazzina del Lyons International, bianca e linda, davanti allo stadio di Durazzo, Da ieri mattina gli alpi- ni della Taurinense l'hanno trasformata in un ospedale. Che ha aperto subito i battenti e la gente è accorsa. Erano le 20 quando dal campo profughi vicino al porto, hanno chiamato per un uomo con «gravi problemi al cuore». E' stato l'inizio. Il tenente colonnello Mario Sumatra, uno che sombra fatto apposta per affrontare i problemi, precisa che «questa struttura» è sorta in poche ore. «Noi eravamo preparati a fare un ospedale da campo, con le tende, meglio così. Ma se ci diranno di spostarci, siamo pronti». Accompagnato dalla madre e da Paola Pergolini, che è delle suore Stimmatine e ha 79 anni, ieri mattina da Scutari è arrivato Elision Ndue Qosaj, che di anni ne ha 11 e ha già visto il lato peggiore della vita. Giocava con gli amici, vicino a casa, a Dermoshe, che è a due passi dal Montenegro. «Ho visto quella cosa e l'ho presa». E quella cosa era una maledetta bomba a mano, forse del tipo da addestramento, dice ora il tenente colonnello medico Roberto Bramati, che è il chirurgo. Qualcuno l'aveva perduta per strada o gettata via. Elision l'ha portata a casa, ed è successo. Lo scoppio gli ha tranciato la mano destra, tagliato una fetta di coscia, riempito il volto di schegge. I suoi, disperati, lo hanno trasportato a Scutari, una via crucis di oltre sette ore. Quando il dottor Adrian Kraja lo ha visitato, lo ha trovato in condizioni «drammatiche perché aveva perduto molto sangue». Ma Elision era salvo, e ieri lo ha portato qui, dai medici italiani. «Ora lo ricoveriamo, ma le sue condizioni non sono preoccupanti», spiega il chirurgo Bramati. Il ragazzo, quando ha scorto tutti quegU uomini in divisa, si è spaventato. Gli han spiegato che erano «militari, ma anche medici e infermieri». E allora, per un momento, ha sorriso. E nel campo di Kavaja, dove ci sono 2500 kosovari è nato un bambino, Italo Fabio, pesa più di 2 chili ed è in condizioni «buone». Ad assistere la madre uno dei ginecologi volontari arrivati da Durazzo. C'è la tregua unilaterale, ma alle frontiere si spara. A Padesh e a Kamenice, dicono gli albanesi, han fatto fuoco contro gli osservatori che seguivano gli scontri oltre frontiera tra serbi e Uck. Petro Koci, ministro degli Interni albanese, precisa che «negli scontri vengono utilizzati pezzi di artiglieria. E si prepara un'altra notte lunga». A Padesh e Kamenice spali contro gli osservatori che seguivano gli scontri di frontiera tra serbi e Uck WÌIIIJjF ///// tu