Belgrado: siamo tulli scudi umani di Fernando Mezzetti

Belgrado: siamo tulli scudi umani Centoventi operai che presidiavano una fabbrica automobilistica feriti in un bombardamento Belgrado: siamo tulli scudi umani La gente in strada e sui ponti contro i raid Fernando Mezzetti inviato a BELGRADO Sotto i bombardamenti, Milosevic minaccia di trasformare il suo scontro con la Nato in una guerra contro un fresco membro dell'alleanza aprendo scenari apocalittici, mentre già si è allo scambio di colpi di artiglieria con l'Albania. Ricevendo il capo dei comunisti ungheresi, il leader serbo gli ha dato un messaggio che è un minaccioso avvertimento per il governo di Budapest. «La Jugoslavia non ha piani aggressivi contro l'Ungheria, ma se la Nato darà inizio a una guerra terrestre utilizzando il territorio magiaro, le cose cambieranno e sarà guerra tra i due paesi». Lo ha rivelato ai giornalisti del suo paese lo stesso politico ungherese, Gyula Thurmer, presidente del partito operaio, non rappresentato in parlamento, venuto a portare solidarietà a Milosevic. Il monito all'Ungheria è un atto di sfida alla Nato, in cui Budapest è recentemente entrata con Praga e con Varsavia. Un attacco a uno dei paesi del Patto Atlantico provoca la risposta dell'alleanza nel suo complesso. Se con l'Ungheria si è per ora alle minacce verbali, con l'Albania si è passati ieri alle armi alla frontiera. Belgrado accusa infatti Tirana di «un atto di tentata aggressione», affermando che forze albanesi sono intervenute con colpi di artigberia a coprire un commando di guerriglieri dell'Uck che cercava¬ no di infiltrarsi dall'Albania nel Kosovo controllato dalle forze serbe. «L'atto di aggressione - afferma Belgrado - è stato prontamente respinto e il gnippo terroristico distrutto. Ma l'Albania, i gruppi terroristici e quanti li appoggiano dovranno sopportare le conseguenze di un'eventuale conflagrazione di guerra nei Balcani, e la responsabilità dello spargimento di sangue». I raid sono stati particolarmente intensi l'altra notte, colpendo vari obiettivi in più località. I colpi più grossi sono stati a Kragujevac, dove sette missili hanno centralo la fabbrica automobilistica della Zastava, provocando 124 feriti tra gli operai, una decina dei quali gravi. La fabbrica, a suo tempo stabilita in collaborazione con la Fiat e poi passata alla cooperazione con la Peugeot, dava lavoro a 38 mila persone. Dall'inzio degli attacchi, gli operai si alternavano a turno nello stabilimento a l'are da scudi umani contro le bombe. Nei temibili raid in corso, si attenua, a parole, la «guerra delle antenne». Dopo che il portavoce Nato aveva minacciato attacchi ai ripetitori se la Tv serba non darà spazio agli argomenti dell'Alleanza, da Bruxelles viene precisato che i trasmettitori non rientrano tra gli obiettivi, a meno che non si trovino accanto ad antenne di trasmissione militari. Ma ieri sera è stato distrutto un ripetitore sul monte Goles nel Sud del Paese. Dopo i solenni riti serali del Ve¬ nerdì Santo - domani cade la Pasqua ortodossa - ieri notte migliaia di abitanti della capitale hanno ancora sfidato gli attacchi radunandosi per una veglia u fare da scudi umani sul maggior ponte sul fiume Sava, il Brankov Most, poco prima della confuenza nel Danubio. Alle 20,15, mentre erano in corso le funzioni, e suonato l'allarme. Poi dalle 23 in avanti i passaggi radenti dei bombardieri. Tra gli obiettivi, questa volta, l'aeroporto militare di Batajnica, a Nord-Est della capitale, la città di Zeinun, sul Danubio, a poca distaza dal centro di Belgrado dove la pioggia di bombe non ha spento i cori massicci dei canti sacri sui ponti cittadini. Mentre i fedeli escono dalle chiese per la processione di Pasqua risuonano le sirene d'allarme e l'eco delle bombe I capannoni totalmente devastati della fabbrica di automobili Zastava colpita dai raid Usa

Persone citate: Gyula Thurmer, Milosevic, Most