Il segreto di Ljuba la partigiana che piange

Il segreto di Ljuba la partigiana che piange TACCUINO DELLA MEMORIA Il segreto di Ljuba la partigiana che piange Igor Man ARRIVARONO all'alba d'un giorno di novembre del 1943. Tempo feroce, quello. Velia e le due ragazze che guidava, s'erano camuffate da improbabili cicoriare ma per fortuna nessuna pattuglia tedesca le aveva fermate durante il trasferimento dalla Cassia alla «base» di via Palestro (una pensioncina coraggiosa). Velia scostò la cicoria nel cesto, ne cavò la Luger e fece segno alle due ragazze di seguirla. Più tardi, Velia, asciugandosi i capelli-platino, mi presentò a Ljuba e a sua sorella Tanja, due partigiane montenegrino: avevano compiuto una «missione», sarebbero rientrate a Bari non appena possibile. Tanja durante il giorno col tabacco delle cicche e le cartine, si preparava le sigarette che avrebbe fumato la notte, ascoltando la Bbc con una «radiobalilla». Ljuba invece piangeva. Sempre. Minuta, ben fatta, chiara la pelle, aveva gli occhi illividiti dalle lacrime. Perche piangi?, le domandavamo; perche piange?, domandavamo a Tanja ma quella si stringeva nelle spalle. Dura. Lo seppi la notte che precedette la partenza delle due ragazze per il Sud. A Bar, il loro paese, un'altra sorella, Ankica, anche lei comunista, aveva tradito i suoi compagni per i begli occhi di uno sbirro nazi. Poiché Ankica stava in guardia, il PCJ ordinò a Ljuba di punire la sorella. Ljuba andò nel rifugio di Ankica, la chiamò piano e quando quella uscì contenta incontro alla sorellina, lei, Ljuba, le sparò, uccidendola. Ma è terribile, ilissi, come hai potuto? Me l'ha ordinato il Partito, disse Ljuba. Che crudeltà, il partito, che scinto, dissi. No, la crudeltà è nella guerra, disse Ljuba che ora non piangeva più. «... dopo che i prigionieri di Sahovi'ci furono trucidati, uno dei nostri, Sekula, andò di cadavere in cadavere per recidere ì legamenti dei talloni, come si fa ai buoi : indie campagne. Dopo averli abbattuti con un colpo di scure, per impedir loro di rialzarsi nel caso non fosse- i ro morii. Uuelli che frugarono i cadaveri trovarono nelle tasche pezzetti di zucchero insanguinati e li mangiarono. 1 bambini, strappati dalle braccia delle madri, furono sgozzati sotto i loro occhi. Strapparono la barba ai capi religiosi musulmani e incisero loro sulla fronte, col coltello, delle croci. In alcuni villaggi, incitati dai nostri, i conladini legarono un gruppo di uomini a un covone di fieno cui diedero fuoco. Qualcuno osservò che le fiamme che ardevano la carne umana sono color della porpora...»: dall'Autobio grafìa di Milovan Gilas, il compagno dissidente di Tito.

Persone citate: Igor Man, Milovan Gilas, Sekula

Luoghi citati: Bari