Il boom dell'Oréal sfida le crisi d'Asia

Il boom dell'Oréal sfida le crisi d'Asia Febbre di acquisizioni (tocca a Revlon?) Il boom dell'Oréal sfida le crisi d'Asia Luigi Grassia inviato a PARIGI Sembra tutto un altro mondo. Sullo schermo della sala congressi del centro parigino de L'Oréal passano le immagini di Laetitia Casta, Kate Moss e compagnia bella con i cosmetici del gruppo, mentre il presidente Lindsay Owen-Jones snocciola cifre surreali, delle quali pare il primo a stupirsi: fatturato del primo trimestre 1999 +30% nel Far East, come se la crisi economica fosse un abbaglio, partendo da un '98 che già aveva segnato un + 63% dei ricavi in Cina e un +124% in India. E poi, sempre nel '98, +28% del giro d'affari in Messico, + 33% in Ungheria e +133% in Turchia, e ancora +11,8% e +12,7% in mercati ritenuti (a torto) saturi come Usa e Ue, con utili netti +12,1% nel mondo. Per caso, la presentazione dei dati alla stampa internazionale e agli analisti è coincisa ieri con l'annuncio sul «Financial Times» che la Revlon è in vendita, ma Owen-Jones si è schermito: «Se dovessimo pensare a un'acquisizione, dovremmo chiederci innanzitutto come reagirebbero le autorità antitrust». Evitando dunque di dire un chiaro no. Il britannico Owen-Jones parla fra le altre lingue anche l'italiano, perché ha lavorato 4 anni a Torino e vi ha sposato un'italiana. Guida un gruppo con oltre 22 mila miliardi che è di gran lunga il numero uno al mondo nella cosmesi, producendo make-up, shampoo, lo¬ zioni e profumi anche per marchi come Lancóme, Helena Rubinstein, Garnier, Ralph Lauren Parfumes, Giorgio Armani Parfumes e altri. In Italia L'Oréal ha testa e stabilimenti a Torino e Settimo e diramazioni a Bresso e Cornaredo (Milano) con duemila addetti. Il vice-presidente della holding italiana, costituita l'anno scorso, Aldo Sortino, prova a spiegare le ragioni del successo: «Si pensa alla cosmesi come a qualcosa di futile. Invece alle spalle dei nostri prodotti c'è molta innovazione, fondata sui 2200 ricercatori dei nostri laboratori in tutto il mondo». Che hanno sfornato migliaia di brevetti con importanti ricadute pure nella farmaceutica e nella dermatologia. L'Oréal ha anche creato una pelle artificiale, per sperimentare i suoi prodotti e forse, in futuro, per sanare le ustioni. E dà persino una mano all'archeologia analizzando i capelli delle mummie egizie. Dietro alla crescita ci sono pure acquisizioni di imprese grandi e piccole un po' dovunque (recenti o in corso in Giappone, Cina, Russia, Canada). Ma c'è anche, spiega il presidente di L'Oréal Italia, Giorgio Galli, una forte affermazione sul mercato di prodotti come le nuove tinture per capelli che diventano universali per le donne e si diffondono fra gli uomini. Se ci avete fatto caso, Bill Clinton di recente è tornato biondo da grigio che era. «Molti politici italiani sono nostri clienti», dicono all'Oréal. Ma non fanno nomi. COSMESI m