Storie di città

Storie di città Storie di città SEMPRE, quando si toccano argomenti e temi legati alla tradizione e al dialetto piemontesi, i lettori rispondono numerosi come dimostra l'ondata di lettere, fax e telefonate provocate dalla richiesta del signor Carlo Bongiovanni che chiedeva aiuto per rintracciare una vecchia canzoncina piemontese di cui ricordava solo i primi tre versi. Hanno telefonato la moglie del professor Giugiaro e la signora Paola Catelli. H signor Aldo Occhetti trascrive in una lettera il testo della canzone così come l'ha ricavato da una musicassetta in suo possesso. Eccolo: Turin ti t'ses la mia vita I Turìn la tua colina 'nvita I Turin l'è 1 pais d'ie caramele I Turin tit'lasle cite tute bete / Turin 'm sento propi 'n piota I Turin spassegio con 'na tota I Torin e poi la porto a taroche 'nt 'na crota I Turin la mia vita it ses ti. Il Nuovo Gribaudo dà per taroche «amoreggiare» e anche «vaneggiare». Anche la signora Graziella Riva trascrive per noi il testo da un vecchio disco di canzoni in piemontese. Il signor Roberto Ferrari scrive: «A disposizione del signor Carlo Bongiovanni metto volentieri (gratuitamente ben s'intende) una musicassetta con la vecchia canzone tradizional-popolare cantata da Carlo Pietrangelo E' una copia tratta dalla mia ricca collezione di dischi. Di questa canzone esistono a quanto pare diverse esecuzioni poiché il ragionier Marcello Petrinetto (classe 1906!) scrive che «detta canzone, cantata da Franca Frati accompagnata dall'orchestra Gardino si trova assieme ad altre 15 sul disco Cetra LPP 24, intitolato Sota ipont del Po». Il ragionier Petrinetto scrive anche che ha vissuto i suoi 93 anni in mezzo ai poeti piemontesi, tra essi Aldo Daverio e Pinin Pacot. Infine, un fax del signor Guido Bosco invita il signor Carlo Bongiovanni nel suo negozio collectors Corner di via San Massimo 7 per ascoltare il pezzo. Un caloroso grazie a tutti per l'affetto, la generosità e il calore che avete dimostrato. Il fatto di aver trattato un tema che riguardava il piemontese ha provocato da parte di un lettore una lettera interessante per molti versi. La scrive l'ingegner Lorenzo Maina e lo fa usando il computer; ecco qui la prima ragione d'interesse poiché l'estensore scopre che è n'afè da manicomio. Tutte le volte che deve scrivere una 0 con accento circonflesso deve battere ALT0244 e per la U con la dieresi ALT-0252. Esistono programmi che traducono in tutte le lingue comprese quelle che non usano caratteri latini ma non ce n'è uno per il piemontese. L'ingegner Maina pone a se stesso e a noi alcune domande fondamentali sull'uso e .sull'utilità del dialetto. Trascrìvo un passo della sua lettera traducendolo in italiano: «Ho sempre pensato di insegnare ai miei figli tre lingue: italiano, inglese e piemontese; l'altro giorno, in auto, parlavo in piemontese con Simone (tredici anni), gli ho detto che mi sembrava buffo parlare con lui in quella marnerà e gli ho chiesto che effetto gli faceva (o gli facesse: c'è il congiuntivo in piemontese?); mi ha risposto che gli faceva l'effetto di una lingua che non serviva a niente. Sono rimasto colpito e mi è parso che avesse ragione. Quando leggiamo qualcosa in piemontese non ci sembra una cosa seria; è raro che parlare in piemontese sia considerata una finezza; non siamo abituati a vedere cose complesse scritte in piemontese; non so se stampare di tanto in tanto qualcosa sul giornale servirebbe. Ho anche il dubbio che, in fondo in fondo, il piemontese sia una lingua più da parlare che da scrivere». Caro ingegnere, io l'aiuto a lanciare la pietra ma non sono in grado di darle risposte esaurienti; spero che qualcuno ci dia una mano. Posso dirle quello che per me è il piemontese: è la lingua succhiata con il latte materno, quella con cui per la prima volta sono state nominate le cose. Perciò è la lingua degli echi infiniti, delle sfumature intraducibili. Soprattutto è la lingua del riconoscimento, dell'appartenenza, della complicità. Così come per i vini c'è il cru dei francesi, il nostro sari, la varietà di piemontese che parliamo indica la nostra vigna di provenienza. George Bernard Shaw ha scritto una commedia intitolata Pigmalione dalla quale hanno tratto un film interpretato da Audrey Hepbum. Nella prima sequenza vediamo un gruppo di spettatori in uscita da un teatro che un acquazzone costringe a rifugiarsi sotto un porticato. Lì Elisa Doolittle, una ragazza del popolo, offre in vendita dei mazzi di violette. Il professor Higgins tira fuori un taccuino e inizia a trascrivere le sue parole. La ragazza, credendo che si tratti di un poliziotto, inizia a inveire e i presenti prendono le sue difese. Il professore, per dimostrare che è un glottologo, dice a tutti coloro che l'interpellano qual è il loro luogo di provenienza, gli studi fatti e il nome del quartiere di Londra dove risiedono. Nella versione italiana questa scena diventa incomprensibile poiché tutti parlano nel finto italiano dei doppiatori; la ragazza che in origine parla cockney, cioè il dialetto dei bassifondi londinesi, è doppiata nel dialetto della Maiella. Questa scena sarebbe traducibile in piemontese dando a ogni parlante la sua precisa connotazione di origine. Per comunicare usiamo pure l'italiano o l'inglese ma per trasmettere emozioni e far conoscere le nostre radici il piemontese, per noi che l'abbiamo imparato da piccoli, non ha l'eguale. Bruno mbarotta

Luoghi citati: Londra