I FIORI DI LODOLI PER IL MONDO SCIANCATO di Marco Lodoli

I FIORI DI LODOLI PER IL MONDO SCIANCATO I FIORI DI LODOLI PER IL MONDO SCIANCATO I FIORI Marco Lodoli Einaudi pp. 162 L 24.000 ITO, solerte impiegato postale, un giorno riceve una lettera dalla direzione di una fantomatica rivista che gli impone di scrivere, di diventare poeta. Nel suo paese c'è un lago, e sulle sue rive un bosco, abitato anticamente da un re-sacerdote che cedeva il suo scettro soltanto a chi lo avesse ucciso. Si sente chiamato anche lui a un compito che richiede una dedizione assoluta, investito di una successione che comporta la vittoria non contro il mitico sovrano di Nemi (questo l'innominato paese), ma contro le proprie angosce e paure. E' l'inizio dell'ultimo romanzo di Marco Lodoli, intitolato «I fiori», che sviluppa narrativamente questa immaginosa intuizione. Sceso a Roma, Tito incontra subito l'Insensatezza e il dolore: un uomo che vuole gettarsi dal cornicione di un palazzo, il popolo lamentoso e rassegnato di un f di gpronto soccorso. Ma più forte di ogni turbamento è la fiducia che lo conduce ad appostarsi davanti alla casa che ospita, all'ultimo piano, In una stanza sempre illuminata, il tip tolare della rivista. Il portone è però sbarrato, occorrono presumibilmente altre prove perché si schiuda e gli permetta di salire. Gli tengono intanto compagnia due disperati, nei quali trova amicizia e amore. Aurelio ha una gamba metallica, ciucila vera gli è stata tranciata da un automobilista che non si è fermato a soccorrerlo. Da allora, costretto ai lavori più umili e perfino abbietti, sogna di vendicarsi dell'uomo che lo ha mutilato e che identifica in personaggi volgari e malvagi sotto la vernice dell'educazione e della ricchezza. Morella è diversa, un po' fattucchiera e un po' indovina, nonostante i ripetuti scacchi continua a gettare con insolenza le sue speranze in faccia al futuro. Qui possiamo fermarci per rilevare che ancora una volta Lopdoli ci propone personaggi stralunati, picareschi e clowneschi insieme, che sanno colorare di favola le più tristi esperienze, che insinuano nel romanzo toni incantati e vagamente poetici. Li trovi nel linguaggio quoti¬ diano emimato (In parole e locuzioni) da una lirica brezza; ma vengono insufflati anche da una idea della poesia come dop no, che viene prima della parola scritta 0 che non sarà mai scritta, che sta in una particolare disposizione verso se stessi e il mondo. E' sostanzialmente il rifiuto di apporre meccanicamente timbri alla vita come l'impiegato postale che era Tito, la scommessa sulla sua libertà e imprevedibilità. Aurelio e Morella sono inconsapevolmente partecipi, mentre in Tito c'è qualcosa di più, si avverte quasi il baluginare di un'ars poetica vera e propria. Assistendo a dibattiti suba poesia, non parteggia per chi la vuole tutta calata nelle apparenze del mondo e della Storia, ma nemmeno In chi si appaga degb esclusivi recessi deb io. Si identifica con il cigno che, ferito dalla tempesta e dal becco dei compagni, si sforza di prendere il largo. Vorrebbe tracciare un sentiero verso Tinfinito mettendo «esattamente le parole una dietro l'altra come piccole pietre rotonde». Ma facendo un passo avanti e più in profondo, oltre il cammino indicato dal gabbiano e dalle piccole pietre terrestri, si propone di superare la realtà Immediata aderendo a tutta la gioia, ma anche al «dolore perfetto e generoso del mondo». E' un concetto che ricorre più volte, quello della realtà trascesa nell'immersione e nell'accettazione. E ricorre anche alla fine del romanzo. Quando Tito, in una visione dall'alto, dalla stanza della poesia finalmente conquistata, scopre che le macchie e i contrasti dell'esistenza si dissolvono in una fantastica e geometrica distesa di fiori. Come ramp menta Caterina da Siena citata da Lodoli, «Ogni cosa la si conosce per lo suo contrario». Conta meno, a questo punto, il destino di Au rei io che si libera dell'odio per se stesso e per il mondo sciancato come lui, la quieta fobia alla quale si concede l'intrepida Morella. Il romanzo di Lodoli riconferma la sua fedeltà a uno sguardo piuttosto insolito nella narrativa corrente. Ha qualche sovraccarico di intenzioni, indulge al resosoconto di sogni hi una vicenda già di per sè fantastica e sognante. Ma riesce a scivolare compatto e leggero sul rampollare di metafore che si compongono nella metafora ultima, suggestiva, deba «fragile perfezione» deba vita. Lorenzo Mondo I FIORI Marco Lodoli Einaudi pp. 162 L 24.000

Persone citate: Lodoli, Lorenzo Mondo, Marco Lodoli, Morella

Luoghi citati: Nemi, Roma, Siena