PERCHE' LA BIBBIA È UNA LETTURA CHE NON HA MAI FINE di Enzo Bianchi

PERCHE' LA BIBBIA È UNA LETTURA CHE NON HA MAI FINE PERCHE' LA BIBBIA È UNA LETTURA CHE NON HA MAI FINE 5 IN questo viaggio nelle letteI re e nelle parole... ci ha I accompagnato una doraanI da fondamentale: che cos'è —=-lun "ebreo"?» così afferma M.-A. Ouaknin nell'ultimo capitolo - impossibilitato a chiamarsi «conclusione» - del suo libro che, almeno nella versione italiana, ha per titolo, appunto La «lettura infinita». Introduzione alla meditazione ebraica (ECIG 1998, pp.232, L. 32.000). Ma questa raccolta di testi diversi è pervasa, anzi unificata dall'apertura, dal divenire, dalla perfettibilità: non a caso il suddetto capitolo si intitola «Essere in viaggio...», con quei tre punti di sospensione che (non) concludono anche l'ultima frase dell'ultima pagina dedicata alla «traduzione» collettiva dell'essere ebreo: «Un insieme di pratiche e di riti che non vogliono essere una mortale ripetizione del passato ma l'evolversi incessante di parole e cose che possono ostacolare la pietrificazione del tempo e dello spazio...». Un ebreo allora che, interrogandosi sulla propria identità e viaggiando lui stesso, fa viaggiare anche noi nelle lettere e nelle parole di un libro che nella lingua originale si chiama Mikrà, «Lettura» e che nelle traduzioni antiche diventa Biblici, «Libri». Già il Talmud non aveva forse sottolineato come il popolo ebraico non è il «popolo del libro» ma il «popolo dell'interpretazione del libro»? Viaggio appassionante quello del rabbino uuaknin, che ha come guida il chassidismo, il movimento religioso popolare sviluppatosi fra gli ebrei della Polonia e della Russia fin dall'inizio del XVUJ secolo divenuto lo sviluppo ultimo della mistica ebraica: slancio vitale, «danzante», esso canta che «l'uo- ino non esiste ma deve inventarsi»; forza, soffio, esso narra «all'uomo che la sua perfezione risiede nella perfettibilità»; inno alla gioia da difendere a caro prezzo, esso ricorda che «l'esistenza non è soltanto una corsa senza fine, un differire perpetuo, ma è anche orientata verso uno scopo: la gioia di vivere». Il percorso scelto dall'autore non è lineare, tutt'altro, ma questo dato, invece di disturbare, ci fa entrare in una sorta di danza: si spazia nella mistica ebraica inseguendo i «viaggi di una scintilla», cu quell'energia divina disseminata in uomini e co¬ se; si intuisce il respiro universale della presenza di Dio nel movimento dello Tzimtzum (questo il titolo originale del libro), quella contrazione divina, quel ritrarsi del Dio onnipresente che dà spazio ed esistenza al creato e all'uomo e che, nel contempo, è «creazione di distanza», di alterità, di irriducibilità; ci si fa piccoli al punto da penetrare negli interstizi delle parole, nella grafia delle lettere, nei giochi dei numeri; si termina (o si comincia?) con esercizi di meditazione basati sulla respirazione come «carica energetica delle lettere». Oabbalah e racconti dei chassidim, excursus storici e scienza dei numeri, figure messianiche e filosofi moderni si intrecciano in queste pagine per sfatare l'inveterato pregiudizio che nega l'esistenza di una «meditazione ebraica» e per svelarci attraverso l'immagine della «carezza» l'affascinante rapporto con il testo biblico: «La carezza - ricorda Lévinas consiste nel non impadronirsi di niente, nel sollecitare ciò che sfugge continuamente dalla sua forma verso un avvenire... nel sollecitare ciò che si sottrae come se non fosse ancora». Allora, conferma Ouaknin, «la carezza è ricerca» e «le interpretazioni non scalfiscono mai il testo, non ne mordono mai la carne»; al testo, così come all'Altro che ci parla, non possiamo far violenza, lo possiamo solo accarezzare: «Qui sta la garanzia della sua ricchezza inesauribile». Enzo Bianchi

Luoghi citati: Polonia, Russia