MA LA GUERRA NON FINISCE MAI

MA LA GUERRA NON FINISCE MAI MA LA GUERRA NON FINISCE MAI Milioni di mine ancora attive LETERRE DI CAINO Donovan Webster Corbocci'o PP 272 L 28.000 traverso una cronaca fitta avanzate, cannoneggiamenti EL maggio del 1859, con le truppe di Napoleone III scese in Italia per schierarsi a fianco dei piemontesi, c'era una grande firma del giornalismo parigino: Amedeo Achard, inviato di guerra dell'autorevole Journal des Débats. Per due mesi Achard mandò corrispondenze regolari, passando serafico atdi sanguinosi combattimenti, private e nazionali tragedie. Tutti i suoi articoli scintillano di paesaggi verdeggianti, delineano campagne lombarde fresche come tele barocche, sbozzano ritratti in punta di penna di contadinelle pudiche e soldatini aspiranti-eroi. Nessuna traccia di sangue, sudore, polvere, feriti: come se il buon Achard camminasse attraverso le battaglie con il fazzoletto sugli occhi! E quando sul campo di Magenta, forse per un errore, gli capitò di incrociare le carrette con i feriti straziati che tornavano dalla prima linea, scosso, atterrito, il corrispondente di guerra del Journal tornò precipitosamente a Parigi. La guerra per lui era finita nel momento in cui si manifestava la sua caotica mostruosità. Anche Donovan Webster è un giornalista, anche i suoi campi di battaglia sono vuoti, sono senza morti. Ma non perchè questo attivo e coriaceo reporter del New Yorker non sa che la guerra significa sporcizia, pidocchi, idiozia, malattie e deformità. Webster cerca quello che resta della guerra, la sua ingombrante perennità anche quando si è firmata la pace, esplora il paesaggio graffiato dalle immani tragedie di questo secolo. E scopre che, al contrario di quanto accadeva ai tempi del buon Achard, le guerre di oggi non finiscono mai, continuano ad uccidere. Le terre di Caino è un libro di viaggio. Di più: un incubo, un itinerario in una ferita ancora in suppurazione. Ma è un viaggio in cui, alla fine, la guerra, la sua falsa mitologia di eroismo e epopea è scacciata dall'immaginazione e mestamente collocata nella memoria. I paesaggi sono quelli morbidi della campagna tra la Marna e la Somme. La steppa attorno a Stalingrado, ancora innevata, quando già i primi brividi del disgelo appannano di fango la superfice bianca. Il deserto del Nevada popolato da coyote sonnolenti. E ancora le risaie quiete e geometriche, presidiate da colline basse e perfide impelliciate di verde, nel Vietnam. E infine le polverose nullità del deserto tra il Kuwait e l'Iraq su cui il sole si stende con pastosa pienezza. Ma è solo la scorza: questi luoghi sono enormi lapidi tombali della storia, cadaveri naturali a cui èstata appeiia.praticata una autopsia. Gli uomini che incontra nelle terre di Francia dove si combattè la Grande Guerra sono schivi e silenziosi: è gente che ogni giorno rischia la vita per chiudere un conflitto che si è combattuto ottanta anni fa. Doveva essere l'ultima delle guerre, la sua grande ombra è già sbiadita ma dodici milioni di obici d'artiglieria, mine, altri proiettili mortiferi e inesplosi giacciono ancora nelle terre grasse e nere attorno a Verdun dove una generazione di tedeschi e di francesi consumò un mostruoso suicidio. Come quei parassiti che muoiono dopo aver deposto le loro uova sotto al pelle, i residuati della Grande Guerra continuano a uccidere. Altri diciotto milioni di obici e dieci di granate sono già stati distrutti. Seicentotrenta sminatori di un corpo speciale francese hanno perso la vita. Allungando il lutto oltre ogni immaginazione. Come i trecenti milioni di mine nascosti sotto la terra di cinquantasei nazioni, un esercito che non invecchia, non si addormenta mai, invisibile, subdolo e astuto. Come le sostanze chimiche con cui gli americani hanno irrorato il Vietnam e che continuano a marchiare intere generazioni con le malformazioni genetiche. Solo la pace ingiallisce sui pezzi di carta. Domenico Quirico Appartengono a cinquantasei nazioni: una sorta di esercito che non invecchia R Dalla prima guerra al Vietnam e al Kuwait: migliaia di mine ancora attive LETERRE DI CAINO Donovan Webster Corbocci'o PP 272 L 28.000

Persone citate: Amedeo Achard, Domenico Quirico, Donovan Webster, Napoleone Iii, Webster