MELVILLE, BRADBURY, HUSTON CAVALIERI D'IRLANDA di Ruggero Bianchi
MELVILLE, BRADBURY, HUSTON CAVALIERI D'IRLANDA MELVILLE, BRADBURY, HUSTON CAVALIERI D'IRLANDA VERDI OMBRE. BALENA BIANCA Ray Bradbury Fozi pp. 309 L. 29.000 HERMAN Melville, Ray Bradbury, John Huston: un trittico magnifico! Melville, il più grande narratore americano, autore di quel Moby Dick che Cesare Pavese ha trasformato in un testo fondamentale per la cultura italiana del secondo Dopoguerra. Ray Bradbury, esponente di spicco della letteratura fantastica e fantascientifica, creatore di Faranheit 451, un romanzo trasformato in cult movie da Francois Truffaut nel 1966, e di Cronache Marziane, una delle prime riscritture della conquista dell'America vista dagli occhi dei nativi, vinti e sterminati. John Huston, uno dei più classici (e, per i suoi tempi, ribelli) registi del Nuovo Continente. Tutti e tre insieme in un volume (a cura di Alessandro Zuccari), il cui sfondo e il cui elemento unificante è l'Irlanda, un territorio oggi di gran moda che si propone come campo di un nuovo rinascimento letterario volto a sovvertire, anche se non a cancellare del tutto, l'immagine proposta da John Ford nel 1952 con Un uomo tranquillo, splendidamente interpretato da John Wayne e Maureen O'Hara. Artefice di questa straordinaria operazione è l'unico dei tre che è sopravvissuto: quel Bradbury che, negli ultimi tempi, sembrava in qualche modo aver tradito i propri lettori, volgendosi a una scrittura assai letteraria e artefatta che, ai lettori di testi come L'uomo illustrato o come ancora il whitmaniano Canto il corpo elettrico, pareva una dolorosa regressione dalie grandi problematiche agli esercizi di stile. Un'operazione straordinaria, quella di Bradbury, non soltanto per i nomi che chiama in causa e per il paesaggio geografico e umano che evoca nelle sue pagine; ma anche e soprattutto per la sua capacità di ritornare (e risentirsi) giovane, di rivivere un'esperienza ormai lontana nel tempo non già con lo sguardo disincantato della persona anziana (è nato nel 1920), bensì con l'occhio vivace e curioso dello sceneggiatore esordiente, cui viene offertal'occasione della sua vita. Per il narratore americano, Melville è ancora il grande classico studiato al college che Huston (come gli rimprovereranno in seguito colleglli e critici) trasforma in un ribelle, in una figura maledetta che ignora la logica della gnosi e rifiuta un concetto di Dio/Natura che pare condannare l'uomo a una metafisica e infinita sofferenza. Ma quella medesima vena che lo porta a litigare (per poi far pace) con il grande regista del Nevada e già la stessa dei suoi scritti maggiori. .Quella, ad esempio, che lo fa diffidare degli aerei e lo induce a convincersi che essi, al di là di ogni apparenza, non riescano comunque a volare e che, in ogni caso, siano destinati a schiantarsi a terra. O quella che, in coerenza con il suo gusto del magico e del meraviglioso, lo porta a identificarsi con i frequentatori delle bettole d'Irlanda, per i quali il minor rischio di incidenti si ha quando si verificano nell'ordine alcune condizioni fondamentali: usa- re la bicicletta, anziché l'automobile; procedere nei punti pericolosi a fan spenti; pedalare contromano alla massima velocità consentita dalle gambe. Tre condizioni che da un lato chiamano in causa il destino e si appellano al fatalismo; ma, dall'altro, si appoggiano a misteriose leggi della probabilità, secondo le qualiTe maggiori speranze di salvezza si realizzano attraverso la massima esasperazione dell'incoscienza. Un messaggio valido per la vecchia Irlanda di John Wayne e Maureen O'Hara, ma pure per certe sue novecentesche logiche irredentistiche (come documentano, una volta ancora, taluni film, questa volta recenti); e valido anche per un Ray Bradbury ormai più che settantenne, che prova per qualche istante nostalgia e rimpianto per i tempi in cui, scrittore quasi in erba, credeva nell'assurdo e nel mistero come autentica e forse unica possibilità di crescita. Ruggero Bianchi Bradbury, figura di spicco della letteratura fantastica e fantascientifica, racconta la sua esperienza sul set del film che John Huston trasse dal capolavoro di Melville, Moby Dick VERDI OMBRE. BALENA BIANCA Ray Bradbury Fozi pp. 309 L. 29.000
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